Un continuo degrado della libertà di stampa in tutta Europa, con giornalisti assassinati, imprigionati, aggrediti fisicamente, perseguitati per via giudiziaria o sottoposti a campagne diffamatorie. A lanciare l'allarme sono le organizzazione partner della Piattaforma per la promozione della protezione del giornalismo e della sicurezza dei giornalisti del Consiglio d'Europa, Federazione europea e Federazione internazionale dei giornalisti in testa, che martedì 7 marzo 2023 hanno presentato il Rapporto annuale 2023 sull'attività della piattaforma.
"Guerra in Europa e lotta per il diritto alla denuncia", questo il titolo dato alla relazione, esamina e analizza le 289 segnalazioni riguardanti 37 Paesi pervenute nel 2022, delineando le minacce più significative e gravi al giornalismo e alla libertà di stampa in tutto il continente.
«Il 2022 è stato senza dubbio segnato dalla guerra in Europa, ma anche da una serie di metodi, sia nuovi che consolidati, per mettere a tacere il giornalismo indipendente, tra cui il ricorso a strumenti di sorveglianza e spyware, molestie legali, arresti, detenzioni, continui casi di impunità», denunciano le organizzazioni, per le quali «i contenuti del rapporto dimostrano la chiara e urgente necessità per il Consiglio d'Europa, gli Stati membri e le altre istituzioni europee di affrontare le minacce che il giornalismo deve affrontare con azioni rapide e coordinate».
Un impegno che la relazione mette in dubbio, tanto che le organizzazioni partner della piattaforma esortano gli Stati membri «a rispettare gli obblighi in materia di libertà di espressione, protezione del giornalismo e della sicurezza dei giornalisti ai sensi dello statuto del Consiglio d'Europa e della Convenzione europea dei diritti dell'uomo».
Almeno 12 – riporta la relazione – i giornalisti e gli operatori dei media uccisi mentre svolgevano il loro lavoro per raccontare al mondo la guerra di aggressione della Russia all'Ucraina, e almeno altri 21 sono rimasti feriti. Ben 127 i reporter detenuti al 31 dicembre 2022 principalmente, ma non solo, nelle prigioni di Turchia, Bielorussia, Russia, Azerbaigian: il 60 per centro in più rispetto al 2021. Cresce il ricorso alle azioni legali per intimidire i giornalisti e sempre più la voglia di bavaglio attraversa l'Europa, con proposte di legge liberticide che vengono discusse nel parlamenti nazionali.
In più, solo per 48 delle segnalazioni raccolte è arrivata una risposta dai Paesi membri interessati: un «deludente» 16 per cento dei casi. Per questo le associazioni partner della piattaforma «ribadiscono la necessità che gli Stati affrontino l'ampia gamma di minacce con cui i media indipendenti devono fare i conti, a partire dagli alert registrati dalla piattaforma e in linea con le raccomandazioni proposte nella Relazione annuale 2023».
La Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj), inoltre, ha invitato tutti i sindacati nazionali e le associazioni a proseguire nella campagna di mobilitazione in favore di Julian Assange, con la promozione di azioni di sensibilizzazione che possano salvare il fondatore di WikiLeaks dall'estradizione negli Stati Uniti e da una pena di poco meno di duecento anni di carcere. I sindacati dei giornalisti di alcuni Paesi europei e la stessa Ifj, fin dall'anno scorso, hanno iscritto Assange fra i propri associati, emettendo press cards a lui intestate.
I partecipanti alla riunione hanno espresso l'auspicio che il parlamento di Strasburgo possa approvare entro l'estate la direttiva europea per la protezione dei giornalisti e degli operatori dei media. «È un auspicio che la Fnsi condivide – ha detto Raffaele Lorusso, membro del Comitato esecutivo dell'Ifj, presente alla conferenza stampa –. L'approvazione di una direttiva europea sulla protezione dei giornalisti può permettere di superare l'inerzia di molti parlamenti nazionali, compreso quello italiano, obbligandoli ad adottare provvedimenti per garantire il pieno e corretto esercizio del diritto di cronaca. L'Italia, come confermato dal rapporto del Consiglio d'Europa, ha ancora molte posizioni da scalare, soprattutto nel contrasto alle liti temerarie e alle querele bavaglio».
Particolare attenzione è riservata nel Rapporto al "caso" Italia, uno dei Paesi del Consiglio d'Europa in cui «i giornalisti sono sempre più spesso portati in giudizio per diffamazione» e tra gli Stati in cui si è registrato il più alto numero di casi di molestie, intimidazioni e campagne denigratorie nei loro confronti. «L'Italia – si legge ancora – non solo non ha depenalizzato la diffamazione, ma il suo nuovo governo ha dato la sua benedizione all'uso di procedure giudiziarie per mettere a tacere i suoi critici».
PER APPROFONDIRE
Di seguito il Rapporto "Guerra in Europa e lotta per il diritto alla denuncia" della Piattaforma per la promozione della protezione dei giornalisti del Consiglio d'Europa.