Al quarto giorno di questa lunga fatica provo a dire alcune cose che spero ci aiutino a rafforzare la fiducia tra di noi. Anche se in presenza di diversità e di alcune intemperanze. Siamo andati nel mare aperto dei problemi con molta trasparenza e con molto coraggio. Certo, questo è un congresso difficile, perché è difficile il momento che stiamo attraversando.
“Il passato è passato, quod fuit fuit, ma il presente, da cui dipende strettamente il futuro non può essere ignorato. Questa ignoranza rappresenta un vero pericolo”. Sono parole che ho preso in prestito da Walter Tobagi. Quello che sta accadendo dietro di noi e contro di noi mette in serio pericolo il ruolo dell’informazione. Noi siamo chiamati ad essere protagonisti. Vorrei citare Herbert Simon: “Nel mondo moderno o si è informati o non si è cittadini”. Al contrario, le intromissioni e la propaganda finiscono per vincere. E’ più comodo essere cortigiano che partigiano della notizia.
Le battaglie per la libertà le stiamo conducendo dal 1908: battaglie messe a rischio, come abbiamo visto in Ungheria e in Tunisia, ma anche più lontano come in Iraq e in Afghanistan, dove molti colleghi continuano a perdere la vita. Vorrei ricordarlo: anche in Italia i giornalisti sono sotto il tiro della criminalità organizzata e del potere politico. Tuttavia i pericoli della grande criminalità sono per noi i più pericolosi. Lo ha ricordato molto bene Spampinato illustrando l’attività dell’osservatorio “Ossigeno” costituito da Fnsi e Ordine contro le minacce criminali e le intimidazioni ai giornalisti. Ci vuole un sentimento comune: se c’è qualcuno sotto minaccia ci deve essere un altro pronto a denunciare e far sentire la propria voce.
Questi colleghi dobbiamo proteggerli. Il sindacato è fatto perché nessuno di loro si senta solo. Vogliamo un sindacato delle idee, della libertà, delle diverse opinioni, ma unite dalla volontà di stare insieme. Diciamo no ai bavagli. No alla precarietà. Occuparsi di questo non significa mettere a rischio le proprie sicurezze. Il sindacato vuole aumentare le garanzie, non aumentarle a chi già ce le ha. Cambiamo le relazioni interne. Cambiamo il modo di fare impresa, perché cambia il mondo e cambiano i bisogni. Ecco perché dobbiamo stare insieme. E vinceremo solo se riusciremo a tenere insieme le differenze. Dico questo, non nel tentativo di omogeneizzare, ma per migliorare le condizioni della libertà. Vorrei ricordarlo: il giornalismo ha una grande responsabilità democratica, è un mestiere che mantiene la propria identità se riesce a fondarla nella responsabilità, nell’etica e nelle competenze.
Il giornalismo non solo è necessario, ma contiene in sé anche quelle condizioni che rendono dignitosa la vita di chi lo pratica. Ecco perché mi inquieta la precarietà. Ho lanciato una sfida: quella di un piano strategico per far emergere la precarietà e il lavoro dei freelance. E la priorità di questo congresso. Vorrei sottolinearlo: è un traguardo raggiunto dopo due anni di contratto; un contratto strappato prima di Pomigliano. Molti editori volevano lasciare la Fieg. Noi ci siamo mantenuti fermi sulla barriera dei valori. Nel marzo del 2008 abbiamo siglato il contratto. Poi è toccato ai colleghi dell’AntiCorallo e dell’Ussi. Con gli uffici stampa sappiamo che quel traguardo è raggiungibile.
Vorrei ricordare che all’ufficio stampa del Comune di Palermo sono riusciti a raddoppiare il numero dei precari, licenziando chi c’era già e sostituendoli con lavoratori socialmente utili a 8/900 euro al mese. Tutto questo va denunciato. Lo devono denunciare tutti, per non perdere la nostra identità. Per questo dobbiamo tenere insieme tutti i giornalisti allo stesso modo, anche se impegnati con mezzi diversi. E al “sistema” informazione che dobbiamo pensare. Dobbiamo ragionare su regole e contribuzioni compatibili col “sistema”. Una sfida che continua, una innovazione permanente. Per questo non abbiamo paura a dialogare e a confrontarci con le Istituzioni. Lo ricordo: il rischio è che passi la linea della devastazione. La tavola rotonda che ha aperto questo congresso ci ha offerto una valida testimonianza. Il cuore dell’impresa editoriale italiana ci ha detto che deve confrontarsi con noi. Servono momenti di equilibrio perché il sistema funzioni meglio e con più trasparenza. Su questo vogliamo incalzare la controparte: sul welfare, sull’innovazione, sul lavoro.
Il fatto che venga Carlo De Benedetti a dirci che non si possono fare i giornali senza i giornalisti, significa che c’è bisogno di più qualità. Se poi il giornalista accresce la visibilità e questo produce valore aggiunto, allora diciamo noi che è giusto che questo valore vada riconosciuto. Del resto a Repubblica questo sta già avvenendo, si sta negoziando la multimedialità e la parte economica.
Confalonieri ha dato l’impressione di volere giornalisti più disponibili a mettere insieme informazione e spettacolo. La nostra sfida è un’altra, a noi interessa il giornalismo etico non quello delle veline. Marchetti si duole perché il cdr e l’assemblea vorrebbero confrontarsi per non indebolire la qualità dell’informazione. Io dico che il contratto ha aperto una strada e non si può tornare indietro. Lo so, la sfida è difficile. C’è un interesse a difendere le testate per difendere il brand perché se le testate e il brand hanno successo lo hanno anche i giornalisti. Per questo dico che è anche nostro interesse avere delle imprese editoriali serie e credibili. La polverizzazione dell’informazione ci rende più autorevoli se c’è un brand più autorevole alle nostre spalle. WikiLeaks lo ha messo bene in evidenza. Tante possono essere le persone che mettono in rete le notizie più disparate. E’ una condizione nuova, che fa comunità. Ma questa non è una garanzia di informazione professionale, con tutti i suoi diritti.
Le sfide che stiamo attraversando certo non portano all’ottimismo. Noi cerchiamo idee diverse perché sono di grande accrescimento. Innovazione, allargamento della base produttiva, no alla precarietà: incalziamo gli editori su questo e chiediamo loro di renderne conto.
Abbiamo chiesto con una lettera alla Fieg di aprire un tavolo di confronto e ci hanno risposto di sì. Ora lo chiediamo anche al governo. Bonaiuti, che si è sempre mostrato disponibile e attento, è preso da un altro lavoro. Non ci basta l’attenzione. Lo diciamo con la forza del congresso. Caro Bonaiuti, il tempo è scaduto: torni a sentirsi giornalista o cambi mestiere.
Guardiamoci dai ladri di sogni. Creiamo una fitta rete tra di noi. Nel corso dei lavori del congresso ho preso appunti e se verrò eletto, ogni tanto telefonerò a questi colleghi per avere notizie di come stanno andando le cose. Per sapere se dove si è promesso di fare presidio contro il precariato, poi il presidio ha funzionato davvero. Vorrò sapere se le promesse che stiamo facendo da questi microfoni sono state mantenute oppure no. Se si stanno creando presidi antiprecariato o se qualcuno ha chiuso un occhio. Ecco, cominciamo da casa nostra se vogliamo essere credibili.
Io sono un agostiniano e su alcuni punti decisivi ho solo una parola: “Sì o no” e questo metodo ovviamente lo applico in primo luogo a me stesso. Questo gruppo dirigente vuole riproporsi per continuare a fare un lavoro che abbiamo cominciato. E per questo che dico attenti agli spacciatori di sogni che ci sono tra noi. Facciamo autocritica. Utilizziamo tutti i semi e gli strumenti che abbiamo, e se serve anche i carabinieri del lavoro. Da un anno questo sistema di indagine è stato esteso a tutti i territori. C’è uno scambio di informazioni. E’ iniziata la caccia degli editori imbroglioni e di coloro che prima o poi un carabiniere o un giudice potrebbero trovarlo. Lo sappiano.
Prima del contratto gli editori stavano con la pistola in mano e ci dicevano: “Siete fuori dal mondo”. Donati è venuto ieri a dire che gli editori sono disposti a mettere mano al portafoglio. Possiamo definirla una sconfitta? E’ un’operazione che fa diffondere l’editoria buona. Non è nostro interesse distruggere la Fieg se la Fieg è lineare e corretta. Non siamo i nipotini di Stalin. Brignone non mi sembra un sovietico. Lo ribadisco: questo sindacato ha posto al centro il lavoro e la libertà. Per questo è fondamentale il dialogo sul welfare, coinvolgendo anche l’Inpgi e la Casagit. Non accettiamo propaganda bassa per acquisire visibilità. Il congresso si è espresso. Se vogliamo aumentare la trattenuta dello 0,30 e la platea degli iscritti, dovremo farlo ragionando con gli editori.
Il 25 gennaio abbiamo in programma un incontro per la messa in sicurezza del fondo dell’Inpgi. Stiamo già lavorando su informazione, nuovi media, più occupazione. Penso che questa sia un’azione coerente. Ragioniamo di più. Recuperiamo i tesori che abbiamo nelle nostri diverse “case”: con Inpgi e Casagit abbiamo rapporti splendidi e se non avessimo fatte alcune scelte coraggiose saremmo crollati. E’ nostro interesse fare le riforme.
La riforma dell’Ordine. Se riusciamo a trovare un accordo tra di noi, costringiamo i signori del Parlamento a fare altrettanto. A loro chiediamo di darsi da fare. Ci sarà qualche scelta dolorosa come la quella dell’accesso. Nessuno mette in discussione le scuole di giornalismo, ma temo che non servano 20 scuole. Rafforziamo e difendiamo quelle più serie. Non quelle che creano colleghi “minuscoli”. Difendiamo le scuole di giornalismo di eccellenza, non quelle scuole dove si diventa giornalisti per censo. C’è bisogno di scuole che abbiano criterio ed è per questo che bisognerebbe accendere le luci sulla scuola pubblica.
Dico anche che la riforma dell’editoria non è una cosa vuota. Abbiamo provato a dire che vogliamo non soltanto una riforma della legge dell’81, quella che ha stabilito come e perché si fanno gli stati di crisi. Ho avanzato l’idea di un fondo per la libertà di stampa che si affianchi o si integri con quello pubblico, alimentato da onlus, fondazioni bancarie, esigendo che questo contributo sia gestito da chi coltiva l’interesse per la libertà e la cultura. Abbiamo portato a casa anche dei principi importanti di riforma che riguardano i criteri per l’assegnazione dei contributi per l’editoria. I contributi saranno riconosciuti in base alle copie effettivamente diffuse e non in funzione della tiratura e in base alle assunzioni di giornalisti che risultano all’Inpgi.
Sapete perché Bonaiuti non ha ancora fatto gli Stati Generali? Perché ogni volta Tremonti gli tagliava il capitolo di spesa per l’editoria. Gli Stati Generali li possiamo fare, ed è utile farli con tutti gli interlocutori del sistema: dai giornalai ai poligrafici, dai giornalisti ai politici, agli studiosi e agli editori. L’apertura di Marchetti la prendiamo al volo. Andremo a un confronto. Sui principi fondamentali non abbassiamo la guardia, è la regola ferrea dei contadini sardi.
Vorrei parlare dello Statuto d’impresa, un’idea già espressa in Lombardia dai miei predecessori, e noi non abbiamo nessuna intenzione di abbandonarla. I punti chiave della nostra iniziativa non li abbandoniamo. Sul piano interno dobbiamo essere capaci di fare dei passi in avanti. L’organizzazione è fondamentale e vorrei fondarla su tre elementi: visione politica e competenze, volontà politica, risorse. In merito alla visione politica e alla competenza dobbiamo continuare un lavoro già cominciato, una commissione pari opportunità con l’inserimento dei freelance. Ma le risorse non sono tante, ed è un problema vero. Un sindacato libero, geloso della sua autonomia sa che la libertà costa. E in un vecchi slogan si diceva: la libertà costa, paga la tua autonomia. Noi siamo in condizioni difficili. Aumentano i sottopagati, aumentano i precari e aumentano in proporzione le esigenze. Come ho già detto sono aumentate del 400 per 100 le vertenze. Da qui l’esigenza di aumentare la trattenuta dello 0,30. Dobbiamo promuovere una solidarietà trasversale tra le associazioni grandi e quelle più piccole. Ci vogliono risorse nuove con la costituzione di servizi comuni, razionalizzando dove serve, facendo economia.
Con Inpgi e Casagit abbiamo costituito un tavolo e presto promuoveremo un progetto comune. Rinnovato lo statuto dobbiamo creare altri strumenti per mettere in rete tutto il nostro patrimonio di conoscenze e di servizi. Chi è più ricco darà una mano a chi lo è meno, in una logica di maggiore solidarietà. Nessun giornalista verrà lasciato indietro. Servono progetti operativi, idee migliori di quelle proposte dalle Istituzioni e dalla politica. La macchina organizzativa va potenziata, servono nuovi quadri, colleghi giovani carichi di entusiasmo e anche polemici. Ma portatori di uno sguardo che proietti il loro impregno in questa casa comune: una casa robusta. E’ questa la sfida da vincere.
Vorrei aggiungere due ultime cose a proposito di libertà di stampa e di Rai. Siamo tutti consapevoli che il servizio pubblico deve essere tale e non lasceremo passare sotto silenzio nessuna operazione di demolizione, il fatto che alcuni colleghi siano stati esclusi dal lavoro e messi in piazza come disfattisti. Ferrario, Busi, De Strobel, e con loro tanti altri, sono stati emarginati, impediti a lavorare e subito dopo sputtanati. Sappiamo bene invece come sono andate le cose. Li incalzeremo. Il referendum Usigrai è solo un segno, è un avviso di sfratto. Un avviso a pagare le responsabilità. Non è ammissibile che a una collega si impedisca di andare in video perché ha le rughe.
La libertà di stampa riguarda sia noi sia i magistrati. Ma dobbiamo denunciare quando si verifica una invasione di campo da parte di alcuni giudici. Mi riferisco ad un delegato presente nel congresso, vittima di un giudice perché ha indagato su Tobagi ed è stato condannato fino alla Cassazione. E’ una cosa che mortifica i principi di legalità. Il collega Magosso lo appoggeremo affinché si riapra il processo e ci sia finalmente un giudice che sappia capire uno dei tanti misteri d’Italia. Serve una nuova inchiesta e che finalmente i responsabili paghino. C’è un’esigenza di giustizia sociale e civile in ogni luogo di lavoro.
Se saremo rieletti faremo quello che altri hanno fatto prima di noi: lavorare in difesa della nostra professione, per allargarne peso e rappresentanza. Abbiamo iniziato il triennio ragionando come affrontare la sfida del contratto e su come lavorare per allargare la base su un documento condiviso. Oggi quella maggioranza è una lista unitaria e ha imparato a lavorare insieme nella ricerca di quello che ci unisce, senza vanità, in uno scambio reciproco per raggiungere i nostri traguardi. Oggi ci riproponiamo con questo spirito e lo stesso impegno per allargare l’unità per il lavoro nella condivisione di progetti e idee.
Non ho nulla da nascondere. Ho parlato di amore per difendere la professione e il sindacato. Un amore per il quale certamente a questo segretario non arriverà mai un biglietto verde da nessuna procura. Le Ruby qui non ci sono. Si può essere più uniti. Utilizziamo questa forza per vincere le sfide che ci attendono e affrontare senza timidezza: con ansia certo, ma facciamolo con semplicità. Con pulizia e con amore.
SIDDI, UNITI SI VINCE, NO A BAVAGLIO PRECARIETÀ
SERVE DIALOGO CON EDITORI E GOVERNO, AVANTI CON RIFORMA ORDINE
''Il sindacato deve essere guidato da un sentimento comune, che deve portarci a dire che per ogni collega in pericolo, ce ne e' un altro che denuncia quel pericolo. Dobbiamo proteggere questi colleghi con vicinanza perenne. Questo Congresso esprime piu' unità di prima, utilizziamola per vincere le sfide che ci attendono con serietà, pulizia morale e amore''. La ha detto il segretario della Fnsi, Franco Siddi, nella sua replica al Congresso di Bergamo, confermando la sua disponibilità a ricandidarsi alla guida del sindacato.
''Occorre portare avanti la battaglia di libertà, ovunque questa e' messa a rischio - ha proseguito Siddi -. Tra tutti i bavagli c'e' anche il bavaglio della precarietà. Dobbiamo far sentire che questo e' un problema che riguarda tutti noi. Questo Congresso ha riconosciuto che questa e' la prima sfida. Chi l'avrebbe mai detto che avremmo ottenuto questo risultato a due anni da un contratto, firmato prima che si manifestassero le spinte alle 100 Pomigliano e alla distruzione della rappresentanze unitarie''.
''Tutti i giornalisti sono uguali, ma impegnati su piani diversi - ha detto inoltre il segretario -. Non dobbiamo avere paura di dialogare, pur nelle differenze di ruolo e interessi rappresentati, perche' senza il confronto e' piu' facile superare la linea della devastazione dei diritti. La tavola rotonda di apertura e' servita proprio a questo. Gli editori
hanno riconosciuto che devono confrontarsi con questo sindacato per trovare momenti di equilibrio attraverso i quali il sistema funzioni meglio''.
''A De Benedetti - ha aggiunto Siddi - che ha detto che dovremmo ringraziare per la visibilità che ci dà la multimedialità, abbiamo risposto che se il nostro lavoro produce valore aggiunto, questo deve essere distribuito.
Dobbiamo comunque difendere le testate, i marchi e i brand sono un valore anche per noi giornalisti''. ''Sul fronte del lavoro nero, abbiamo inviato lettere due mesi fa agli editori e al governo, ma siamo fermi - ha attaccato il segretario - Il tavolo va aperto immediatamente. Bonaiuti ancora non ha combinato nulla, il tempo delle promesse promesse politiche e' finito''.
Siddi ha quindi rilanciato le sfide dell'allargamento della base produttiva nei nuovi media. ''E' nostro interesse – ha detto inoltre - procedere con la riforma dell'ordine. Se saremo uniti potremmo fare adeguate pressioni sulla politica''. Siddi ha quindi chiesto la riforma dell'editoria, rilanciando l'idea di un fondo per la libertà di stampa che si affianchi ai contributi pubblici, alimentato da fondazioni bancarie. ''Non so se servono 20 scuole di giornalismo, credo di no - ha affermato inoltre il segretario parlando di accesso alla professione -.
Bisogna pero' migliorare la qualità e far crescere solo quelle serie e non quelle che danno baronati a colleghi minuscoli''. (ANSA)
FNSI: APPROVATA MOZIONE CONGRESSUALE SU LIBERTÀ DI STAMPA
TRA SFIDE APERTURA MERCATO LAVORO E MODERNIZZAZIONE SINDACATO
''La Fnsi e' stata protagonista nella battaglia per la difesa del diritto di cronaca e della libertà e dell'indipendenza della informazione nel nostro Paese. Lo ha fatto in piena autonomia, senza alcuna subalternità ne' culturale, ne' poltica, nei confronti di altre organizzazioni e senza nulla concedere a schieramenti di parte''. E' quanto si legge nella mozione congressuale della Fnsi, approvata dai delegati con 220 si', 1 no e 49 astensioni.
Nella mozione, che approva la relazione del segretario Franco Siddi, si elencano, oltre alla battaglia sulla libertà di stampa, gli altri ''obiettivi di assoluto rilievo'' raggiunti dal sindacato. ''Dopo due anni di vertenza - si legge - e' stato sottoscritto il contratto con la Fieg, riuscendo a mantenere l'impianto di garanzie e riaprendo la dinamico economico-salariale''. Il documento ricorda che ''e' stato rinnovato il contratto Aeranti-Corallo'' e che ''le iniziative messe in campo dal sindacato, dall'Inpgi e dalla Casagit hanno evitato che la crisi del settore compromettesse l'equilibrio dei conti e quindi l'autonomia degli istituti di categoria''.
''E' proseguita con determinazione - prosegue la mozione - l'iniziativa per la piena applicazione della legge 150 e la definizione del profilo professionale degli addetti stampa pubblici. Contemporaneamente si e' rafforzata e consolidata l'attenzione al mondo del lavoro autonomo''.
Tra le sfide future si chiede di ''sviluppare politiche che sfidino la controparte imprenditoriale ad una progettualità che consenta l'uscita dalla crisi del settore e la riapertura del mercato del lavoro, costruendo un meccanismo che sappia dare pari dignità al lavoro dipendente ed a quello autonomo'', di ''rendere piu' moderno il sindacato'' attraverso ''la valorizzazione della Associazioni regionali della Stampa'', di ''utilizzare il massimo delle sinergie con gli altri organismi di categoria''.
La Fnsi, inoltre, ''deve confermare il proprio impegno perche' il Parlamento approvi una inderogabile riforma del nostro Ordine professionale'' e deve ''rilanciare un'azione che renda sempre piu' efficace e solido il sistema del welfare dei giornalisti italiani dipendenti e autonomi''. (ANSA)