Dopo aver riconosciuto che la Rai sta facendo un grande lavoro per informare sul conflitto, l'Usigrai ha chiesto all'azienda chiarimenti su alcune scelte nella copertura delle notizie dalle aree di crisi, «scelte di cui – rilevano i rappresentanti sindacali in una nota – non si comprendono le ragioni». Le risposte, denunciano, «non sono mai arrivate e allora le nostre 10 domande all'azienda, questa volta, le poniamo pubblicamente».
Eccole di seguito:
Continua nei programmi di rete e nei telegiornali Rai il ricorso ai freelance dalle zone di conflitto. Cosa sta succedendo?
La Rai ha forse ritirato le inviate e gli inviati dall'Ucraina ?
Se non lo ha fatto, perché ricorre a risorse esterne?
E quando si serve dei freelance li paga adeguatamente?
La Rai si è accertata del fatto che freelance e collaboratori chiamati in onda sui canali del servizio pubblico operino con tutti gli strumenti necessari a garantire la loro sicurezza personale?
E con i dipendenti, la Rai ha adottato tutte le misure previste dalle regole aziendali per i lavoratori all'estero in aree critiche e curato la necessaria formazione?
Perché l'azienda non ha ancora risposto al sindacato che ha chiesto di sapere se tutti i dipendenti inviati nelle aree di conflitto avessero ricevuto prima di partire i sistemi di protezione personale e il supporto logistico?
Perché la Rai non riprende le corrispondenze da Mosca, dopo che i media internazionali e italiani sono tornati a trasmettere dalla capitale della Federazione Russa?
Perché la Rai non risponde pubblicamente sulle ragioni delle proprie scelte sull'informazione da Mosca?
Cosa deve ancora accadere perché i vertici della Rai capiscano che sono alla guida di un'azienda di servizio pubblico e devono spiegare le ragioni del proprio operato?