Due percorsi di formazione e informazione per dare ai cittadini di oggi e di domani dei modelli culturali di riferimento e gli strumenti linguistici adatti ad affrontare in maniera corretta la narrazione delle vicende che riguardano le donne e le giornaliste. L’iniziativa è stata lanciata questa mattina dal presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, nel corso dell’incontro “Tante quanti, giornaliste in campo per la democrazia paritaria” promosso dalla Commissione pari opportunità del sindacato dei giornalisti alla vigilia della Festa della Donna.
Iniziativa subito accolta e rilanciata dalla ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, presente all’appuntamento. «La questione del linguaggio è centrale – ha commentato la ministra – e serve un impegno coordinato e condiviso tra mondo della scuola e mondo dell’informazione, sia per educare il pubblico sia per dare a chi parla in pubblico e a chi opera nei media gli strumenti adeguati per raccontare quello che accade nel mondo. Quello che serve è un cambio nel paradigma culturale: solo così – ha ribadito la ministra – si potrà arrivare a sciogliere i nodi di una rappresentanza di genere antidiscriminatoria nella politica, nella scuola, nelle istituzioni e nel mondo dell’informazione».
Insieme alle questioni della rappresentanza di genere e del rispetto della donna, nel corso del dibattito sono state affrontate altri argomenti cruciali per il mondo del giornalismo, come i fenomeni delle minacce e delle querele temerarie rivolte contro le giornaliste. «Fenomeni – ha detto il segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso aprendo l’incontro – che rappresentano una forma di violenza nei confronti di chi fa informazione e che sono ancora più inaccettabili quando sono rivolti contro le colleghe, attaccate per il loro essere giornaliste e nel loro essere donne, professioniste e madri. E spesso ad attaccarle sono gli stessi giornalisti: queste persone vanno isolate affinché le loro parole d’odio non attecchiscano nella società e nel vivere civile».
Altro tema affrontato quello della libertà di stampa in Turchia, con la testimonianza della collega Ceyda Karan che ha raccontato come in questi due anni la situazione nel suo Paese sia andata peggiorando. «La prima volta che sono stata in Italia – ha ricordato – ero venuta a parlare della vicenda di Can Dündar e Erdem Gül. Oggi devo parlare di oltre 150 giornalisti finiti in carcere senza aver avuto alcun processo. E dopo il tentato golpe del luglio scorso va anche peggio. Oltre alle giornaliste e ai giornalisti, dietro le sbarre sono finiti anche magistrati, docenti universitari, intellettuali, funzionari. Spesso accusati di una serie di crimini come la vicinanza ai terroristi o al Pkk. E andrà ancora peggio con la riforma presidenziale che i cittadini turchi sono chiamati a votare il 16 aprile. La comunità internazionale non ci lasci soli. Non lasciate soli i giornalisti e le giornaliste della Turchia».
Appello accolto e rilanciato dalla presidente della Cpo Fnsi, Alessandra Mancuso, che ha espresso vicinanza e solidarietà alle colleghe e ai colleghi turchi e ha ricordato l’impegno del sindacato dei giornalisti italiani a dare la “scorta mediatica” ai cronisti e alle croniste «che con il loro lavoro si impegnano ogni giorno a illuminare le periferie del malaffare e della corruzione. Continueremo – ha detto Mancuso – ad essere al fianco delle colleghe e dei colleghi, a costituirci parte civile contro chi li minaccia e li intimidisce, a schierarci contro qualsiasi forma di bavaglio. E a lottare perché la categoria finalmente adotti un linguaggio corretto nei confronti delle donne».
La presidente Mancuso ha quindi ricordato l’impegno della Cpo Fnsi sulla vicenda costata a direttore editoriale e direttore responsabile del quotidiano Libero l’apertura di un procedimento disciplinare per la prima pagina sulla sindaca Raggi. Vicenda ripresa anche dalla presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, Paola Spadari, che ha rilanciato il bisogno di una «solida formazione sui temi del linguaggio di genere e del linguaggio d’odio». Mentre la presidente dell’Inpgi, Marina Macelloni, ha tratteggiato, dati alla mano, la situazione della (dis)parità di genere nella professione.
Una situazione ancora lontana dal raggiungere condizioni di lavoro e di carriere paritarie tra donne e uomini. «Su 10 dipendenti iscritti all’Inpgi circa 4 sono le donne e 6 gli uomini; le donne guadagnano in media circa 10mila euro meno dei colleghi uomini e solo in 73 casi su 355 rivestono il ruolo di direttrice di una testata. I capiredattori uomini sono il triplo delle donne. E anche nel lavoro autonomo la media dei redditi degli uomini è superiore di quella delle donne, chiamate spesso a svolgere mansioni meno retribuite. E dunque anche le future pensioni, sia nel caso delle dipendenti che delle lavoratrici autonome, non potranno che essere più esigue di quelle dei colleghi».