«L'uso del femminile è sostanza, non forma ed è previsto dalla Policy di genere aziendale. Eppure, ieri pomeriggio, durante la trasmissione 'Successo. Storie e voci dal Novecento' su Rai Radio 1, il conduttore Umberto Broccoli parlando di Tina Anselmi ('Il primo ministro donna della Repubblica') ha detto: 'Mi scuserete se continuo a usare il termine al maschile perché non passa per la declinazione di un nome l'attenzione al femminile. Non è che se diciamo ministra siamo più attenti al problema delle donne. Guardiamoci intorno, esistono ancora la violenza e i femminicidi, andrei più sulla sostanza che sulla forma'». Così la Cpo Usigrai in una nota diffusa giovedì 10 aprile 2025.
«Fermo restando che declinare i nomi al femminile non è un obbligo - incalza la Commissione pari opportunità - le argomentazioni espresse non sono accettabili. L'Accademia della Crusca, la Treccani e gran parte della comunità dei linguisti indicano che usare il femminile, laddove esista, è semplicemente accettare che la lingua cambi con il cambiare della società. I dipendenti o i collaboratori della Rai, inoltre, dovrebbero appunto attenersi alla policy di genere che è a tutti gli effetti norma aziendale che raccomanda l'adozione di un linguaggio declinato al femminile, in particolare per i ruoli professionali e le cariche istituzionali».