Il documento con cui il presidente e la vicepresidente dall'Associazione Lombarda dei Giornalisti, Giovanni Negri e Daniela Stigliano, prendono le distanze dalla linea della FNSI ha destato nei colleghi che si riconoscono nella componente di Senza Bavaglio gravi preoccupazioni di metodo e di merito.
Di metodo giacché aver tentato di spaccare il sindacato con dichiarazioni irresponsabili, non ha altro effetto che rafforzare gli editori. Di merito perché la richiesta di ripresentarsi al tavolo delle trattative con una controparte intransigente (il loro proporre il contratto ponte è poi fare dietrofront ha qualcosa di comico e tragico assieme, quasi cinematografico) non ha altro significato se non quello di vanificare le richieste contenute nella piattaforma faticosamente elaborata dalla FNSI. Un esempio dovrebbe bastare ai colleghi presidente e vicepresidente per riacquistare la lucidità: la FIEG, con un comportamento ambiguo, da un lato ritiene di non poter accettare limitazioni alla legge Biagi perché è una legge dello Stato, dall'altro si rifiuta di applicare la legge dello Stato che impone di pagare il lavoro dei freelance dopo 30 giorni. Il contenuto di quel documento, firmato da due dirigenti delle componenti di Stampa Democratica e Quarto Potere, è ancora più grave perché durante la trattativa per il rinnovo del contratto nazionale scorso, nel 2001, quelle due componenti avevano chiesto ai dirigenti della FNSI maggiore durezza nelle trattative, maggior caparbietà e maggior pugno di ferro. Una volta accusavano Serventi Longhi di essere stato un pavido, ora lo accusano si essere troppo duro e rigido. Il loro atteggiamento appare strumentale - e rivolto più a fare gli interessi delle loro correnti che quelle dei giornalisti e della nostra categoria - quando si paragona al comportamento che hanno tenuto durante il dibattito al congresso straordinario, convocato per discutere l'introduzione del referendum nello statuto della FNSI. Attaccando la proposta di Senza Bavaglio che, a rigor di logica e non di schieramento, chiedeva il referendum sulla bozza del contratto prima della firma definitiva, in modo tale che, in caso di bocciatura, ci fosse ancora la possibilità di ritornare al tavolo della trattative, una leader storica di Stampa Democratica aveva affermato, convinta, di essere contraria a un processo al segretario prima dell'entrata in vigore del contratto. "Ha avuto la fiducia da un congresso, deve continuare a rappresentarci fino alla fine", aveva sostenuto in sostanza, paragonando un referendum di questo genere "a una pistola puntata alla testa del segretario" . Ora lo stesso gruppo, e la sua appendice Quarto Potere, il processo al Segretario vogliono farlo addirittura prima che si aprano delle trattative serie. Senza Bavaglio ha sempre sostenuto che l'ipotesi di un contratto ponte biennale fosse da scartare. Il nostro Paese è arretrato anche perché il diritto, contratti compresi, non viene rispettato. Creare un precedente può risultare assai pericoloso. I soldi non sono la cosa più importante. Pensiamo veramente che fra due anni saremo più forti per trattare la parte normativa? In base a cosa? Il problema è che fra due anni saremo ancora più deboli di ora. Se non poniamo un freno, la legge Biagi sfonderà le redazioni. I dirigenti della FIEG hanno più volte dichiarato che per gli editori la legge Biagi non è in discussione. La piattaforma della FNSI parte da considerazioni un pochino più elevate: miglioramento della qualità della vita, garanzie per i precari e i freelance, prospettive per riassorbire i disoccupati. Accettare dunque un accordo biennale, significherebbe dare ragione agli editori e a quanti sono ancora convinti (a torto) che la maggior parte dei giornalisti faccia sciopero solo per avere più soldi. In definitiva, equivarrebbe a rinunciare per sempre a migliorare il nostro Contratto. SENZA BAVAGLIO