L'amministratore delegato della Rai Carlo Fuortes ha comunicato le sue dimissioni al ministro dell'Economia e delle Finanze. Sulla decisione, Fuortes ha affermato: «Da decenni lavoro nell'amministrazione pubblica e ho sempre agito nell'interesse delle istituzioni che ho guidato, privilegiando il beneficio generale della collettività rispetto a convenienze di parte». Ed ha aggiunto: «Prendo dunque atto che non ci sono più le condizioni per proseguire il mio lavoro di amministratore delegato».
Ripercorsi i «grandi risultati per l'azienda» raggiunti dal Cda nel primo anno di lavoro, Fuortes ha quindi osservato che «dall'inizio del 2023 sulla carica da me ricoperta e sulla mia persona si è aperto uno scontro politico che contribuisce a indebolire la Rai e il Servizio pubblico. Allo stesso tempo ho registrato all'interno del Consiglio di amministrazione della Rai il venir meno dell'atteggiamento costruttivo che lo aveva caratterizzato, indispensabile alla gestione della prima azienda culturale italiana. Ciò minaccia di fatto di paralizzarla, non mettendola in grado di rispondere agli obblighi e alle scadenze della programmazione aziendale con il rischio di rendere impossibile affrontare le grandi sfide del futuro della Rai».
Il Cda, ha incalzato l'ad dimissionario, «deve deliberare, nelle prossime settimane, i programmi dei nuovi palinsesti ed è un dato di fatto che non ci sono più le condizioni per proseguire nel progetto editoriale di rinnovamento che avevamo intrapreso nel 2021. Non posso, pur di arrivare all'approvazione dei nuovi piani di produzione, accettare il compromesso di condividere cambiamenti, sebbene ovviamente legittimi, di linea editoriale e una programmazione che non considero nell'interesse della Rai».
«Ho sempre ritenuto la libertà delle scelte e dell'operato di un amministratore un elemento imprescindibile dell'etica di un'azienda pubblica. Il mio futuro professionale, di cui si è molto discusso sui giornali in questi giorni, non sempre a proposito, è di nessuna importanza di fronte a queste ragioni e non può costituire oggetto di trattativa. Prendo dunque atto che non ci sono più le condizioni per proseguire il mio lavoro di amministratore delegato. Nell'interesse dell'azienda – ha concluso Fuortes – ho comunicato le mie dimissioni».
Per l'Usigrai, l'uscita di scena dell'ad «chiude una farsa che va avanti da mesi sulla volontà del governo di cambiare i vertici dell'azienda per una presunta assenza di pluralismo richiamata anche nelle dichiarazioni di diversi esponenti della maggioranza. Se qualcuno ha ancora a cuore pluralismo, indipendenza e autonomia del servizio pubblico – il commento dei giornalisti Rai – dovrebbe di corsa fare una riforma della legge di nomina dei vertici che svincoli la dirigenza aziendale dal controllo di partiti e governi».
«Quello che abbiamo visto fino ad ora – l'affondo – è invece una "sostituzione tattica" messa in atto prima bloccando l'azienda sui capitoli principali per la sua sopravvivenza (contratto di Servizio, definizione delle risorse e piano industriale) e poi con un decreto in grado di agevolare l'uscita di scena di un Ad che sembrava arroccato a viale Mazzini con il solo scopo di tenere il posto. Oggi le dichiarazioni di Fuortes smentiscono che il suo futuro possa essere oggetto di trattativa e legano le decisioni del suo passo indietro al non poter accettare compromessi su cambiamenti di linea editoriale che non considera nell'interesse della Rai».
Dichiarazioni che, per l'Usigrai, «se confermate, evidenziano una modalità di controllo sulla Rai che si esercita da anni e in misura maggiore dall'entrata in vigore della legge Renzi che ha di fatto messo nelle mani del governo il servizio pubblico radiotelevisivo. Al sindacato dei giornalisti Rai le dichiarazioni di Fuortes così non bastano e per questo l'Usigrai chiede di sapere se queste pressioni contrarie all'interesse della Rai ci sono state e da parte di chi; sarebbe un primo passo per far cadere quel velo di pudore che da anni nasconde, sempre peggio, l'occupazione della Rai».
A chi arriverà, «prima di occupare caselle», l'invito dei rappresentanti sindacali è infine «a garantire livelli occupazionali e un progetto in grado non tanto di cambiare la narrazione del Paese, ma il futuro dell'azienda, in modo che nessuno possa avanzare ad ogni cambio di maggioranza la legittimità di far propria la Rai che è invece di tutti i cittadini».