«Dodici giorni di proteste, oltre 50 morti ufficiali (ma sarebbero molti di più), più 700 arrestati. In Iran c'è una grande parte del Paese che scende in piazza per una svolta: sono le donne a guidare questa rivolta, nel nome di Mahsa Amini, percossa e ammazzata per pochi capelli non coperti dall'hijab, e di Hadis Najafi, brutalmente assassinata per aver sfidato la 'polizia morale' a capo scoperto. Una rivoluzione su cui è fondamentale accendere l'attenzione anche della stampa italiana perché la chiusura di internet e di WhatsApp impedisce di veicolare immagini e notizie». Lo scrivono le commissioni Pari Opportunità dell'Ordine dei giornalisti, di Fnsi e Usigrai, l'associazione Giulia Giornaliste e l'associazione Articolo21 che «si impegnano a garantire una scorta mediatica a decine di colleghe e colleghi e a migliaia di persone a cui è stata tolta voce: l'aiuto dell'informazione italiana, i riflettori sempre accesi su quanto sta accadendo in Iran, diventano l'unico modo per denunciare violenze, arresti arbitrari di donne, torture e stupri a cui sono sottoposte nelle carceri. La mobilitazione dei media è, oggi, ancora più indispensabile contro la negazione della libertà di espressione e dei più elementari diritti, contro ogni discriminazione da parte di un regime che annienta chi la pensa diversamente».
Cpo Cnog, Cpo Fnsi, Cpo Usigrai, Giulia Giornaliste e Articolo 21 chiedono «massima attenzione e condivisione mediatica sulla vicenda iraniana: donne e uomini non devono essere lasciati soli».