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Editoria 22 Apr 2010

Fieg: “La crisi è acuta ma il governo punisce il settore” Siddi: “Basta con i tagli al costo del lavoro, a casa 700 colleghi, serve uno sforzo comune per la ripresa dell’occupazione”

L'editoria sta scontando una tra ''le crisi più acute della sua lunga storia''. Eppure il governo ''non solo non è intervenuto per attenuare gli effetti di una congiuntura difficile e per allentare quei nodi strutturali che soffocano il settore'', ma ha fatto il contrario, adottando misure ''punitive'' come la soppressione delle tariffe postali agevolate.

L'editoria sta scontando una tra ''le crisi più acute della sua lunga storia''. Eppure il governo ''non solo non è intervenuto per attenuare gli effetti di una congiuntura difficile e per allentare quei nodi strutturali che soffocano il settore'', ma ha fatto il contrario, adottando misure ''punitive'' come la soppressione delle tariffe postali agevolate.

È l'atto di accusa della Federazione italiana editori, che chiede la convocazione in tempi rapidi degli Stati generali per mettere a punto una riforma organica del settore, pena il ''depauperamento'' del pluralismo. L'analisi della Fieg è affidata allo studio annuale sul settore, La stampa in Italia 2007-2009, quest'anno presentato nella sala del Mappamondo della Camera.

LA RADIOGRAFIA DELLA CRISI - Nel primo scorcio del 2010 la pubblicità sui quotidiani ha segnato un +0.6%, che arriva però dopo il -16.4% del 2009; i periodici registrano invece un -13.5% (dopo il -29.3% dell'anno scorso). Deludente anche l'andamento delle vendite: nel primo trimestre 2010 -6% per i quotidiani, in linea con il 2009 per i periodici (-5.6%). Il fatturato ha subito tre cali consecutivi: -1.4% nel 2007, -4.5% nel 2008 e -9% nel 2009. Anche i costi industriali sono calati, ma in misura nettamente inferiore: -0.8%, -1.7%, -5%. Il margine operativo lordo è dunque peggiorato molto, passando dai 261,6 milioni di euro del 2007 ai 16,2 del 2009 (-93.8%). Molto difficile anche la situazione della stampa periodica.

Parallelamente sono cresciuti i costi di produzione: secondo l'ultima indagine Mediobanca, nel 2008 il rapporto costo del lavoro/fatturato è stato in media del 10.4%, ma nel comparto editoria è stato del 20.2%, quasi il doppio.

LA SFIDA PER IL FUTURO - La questione centrale, per gli editori, è ''coniugare la valorizzazione dei mezzi tradizionali'' con ''la capacità di trarre dai new media ricavi sufficienti a rimunerare gli elevati costi di produzione e, in prospettiva, a compensare la declinante redditività dei prodotti cartacei''. Servono però leggi al passo con i tempi, mentre il nostro impianto legislativo è ''in ritardo e per molti aspetti punitivo'': vedi l'Iva differenziata (al 4% per i prodotti su carta, al 20% sull'online) o la scarsa tutela del diritto d'autore sul web, con i contenuti dei giornali ''impunemente saccheggiati da motori di ricerca e da rassegne stampa cartacee e radio-tv''.

STOP A MISURE PUNITIVE - La sospensione delle agevolazioni postali, accusa la Fieg, si traduce in un ''pesantissimo aggravio di costi'' proprio in un momento in cui le aziende devono far fronte alla contrazione della domanda. Ma nel 'cahier de doleances' degli editori c'è anche il decreto Romani, in particolare l'introduzione del product placement (la pubblicità di prodotto) anche nei programmi di intrattenimento, che rischia di aggravare lo squilibrio nella raccolta pubblicitaria in Italia, con la tv, che - caso unico tra i Paesi a economia avanzata con una quota del 54-55% - si avvia a superare il 60%.

Tra le misure suggerite dagli editori, la ''parziale detassazione degli utili reinvestiti in pubblicità incrementale per favorire l'afflusso di maggiori risorse'' al mercato pubblicitario e il ripristino del ''credito d'imposta sugli acquisti di carta''.

ORA STATI GENERALI E RIFORMA - Nello scenario che si profila, avverte la Fieg, ''bisogna muoversi con urgenza e con la massima determinazione''. Gli Stati generali dell'editoria, preannunciati per metà del 2010 dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti, ''possono essere un'utile occasione per mettere a punto un disegno riformatore e di politica industriale coerente e, soprattutto efficace''. Ma

è ''auspicabile che i tempi non si allunghino, pena il depauperamento di quel grande patrimonio sociale e culturale rappresentato dalla pluralità delle voci della stampa italiana''. (ANSA)

SIDDI, BASTA TAGLI AL COSTO DEL LAVORO A CASA 700 COLLEGHI, SERVE SFORZO COMUNE PER RIPRESA OCCUPAZIONE

 

I giornalisti si sono fatti già carico della crisi dell'editoria, ''affrontando un processo doloroso di stati di crisi e ristrutturazioni: stanno andando a casa 700 colleghi''. Dopo simili sacrifici, ''il costo del lavoro non può essere compresso oltre una certa misura, pena il deperimento finale del sistema''. Lo ha rivendicato con forza Franco Siddi, segretario della Federazione nazionale della stampa, intervenuto alla Camera alla presentazione dello studio Fieg La stampa in Italia 2007-2009.

''Anche i nuovi media - ha sottolineato Siddi - hanno bisogno di giornalisti qualificati e competenti e di una distinzione precisa tra l'informazione intesa in senso tradizionale e la possibilità che qualsiasi cittadino ha di comunicare con chiunque''.

In questo scenario, per il segretario della Fnsi, ''serve uno sforzo comune per creare le condizioni per una ripresa dell'occupazione. Non possiamo andare avanti con un colpetto al giorno, oggi le nuove norme sulle intercettazioni telefoniche, domani lo stop alle tariffe postali agevolate, che creano un effetto di strangolamento del settore. Lo Stato deve assumersi la responsabilità di non considerare l'editoria come un

comparto per il quale occorrono azioni punitive''.

''Le parti sociali - ha sottolineato il presidente della Fieg, Carlo Malinconico, si sono mosse con grande responsabilità, mostrando di non resistere ai cambiamenti''. E questo a fronte di un drastico calo delle risorse pubbliche: ''In tre anni le leggi finanziarie le hanno ridotte del 53%''. (ANSA)

GIULIETTI (ART.21), SACROSANTO L'ALLARME LANCIATO DA FIEG E UNICA RISPOSTA SONO SANZIONI A CHI FA PROPRIO MESTIERE

 

''L'allarme lanciato dalla Fieg sulla crisi dell'editoria è sacrosanto''. Lo afferma il portavoce di Art.21, Giuseppe Giulietti, deputato del gruppo Misto spiegando che ''di colpo di mano in colpo di mano, ultimo lo stop alle agevolazioni postali, c'è il rischio che non ci sia neanche più bisogno della riforma del settore perché non esisterà più il settore, sarà 'abrogato'''.

Secondo Giulietti ''è in atto una surrettizia controriforma che non passa nemmeno per il Parlamento per decreti ministeriali. Nelle prossime ore l'unica risposta del governo sarà quella di dare sanzioni a chi vuole fare il suo mestiere''. In tema di intercettazioni, ha proseguito il deputato, ''ci auguriamo che il governo voglia fermarsi prima di compiere questa ultima follia che porterà all'oscurantismo. Il divieto di pubblicare intercettazioni è un assalto all'articolo 21 della Costituzione''. (ADNKRONOS)

FIEG, TUTTI I NUMERI DELLA CRISI - RADIOGRAFIA DI UN SETTORE MAI COSI' IN DIFFICOLTÀ

Le voci più negative riguardano la caduta degli introiti pubblicitari e il calo delle vendite. Ma

sono numerosi gli indicatori della crisi dell'editoria, ''tra le più acute della sua lunga storia'', nelle parole del presidente della Fieg Carlo Malinconico. Una crisi che ha ragioni congiunturali ma anche strutturali. Eccone una radiografia, tratta dai dati dello studio La stampa in Italia 2007-2009, presentato oggi alla Camera.

GIÙ PUBBLICITÀ, VENDITE E FATTURATO - Nei primi tre mesi dell'anno la pubblicità sui quotidiani ha mostrato sintomi di ripresa (+0.6%), che arrivano però dopo un calo del 16.4% del 2009;. I periodici hanno fatto invece registrare una decelerazione della flessione: -13.5% a fronte del -29.3% del 2009. Calano anche le vendite dei quotidiani (-6% nel primo scorcio dell'anno, valore analogo a quello medio del 2009,

-5.9%) e dei periodici (in linea con i risultati 2009, -5.6% per i settimanali e -8.9% per i mensili).

Nel triennio 2006-2008 il fatturato ha subito tre flessioni consecutive: -1.4% nel 2007, -4.5% nel 2008 e -9% nel 2009.

Anche i costi industriali sono diminuiti, ma in misura nettamente inferiore: -0.8%, -1.7% e -5%. Di conseguenza il margine operativo lordo ha subito un forte deterioramento, passando dai 161,6 milioni del 2007 ai 16,2 del 2009 (-93.8%).

Parallelamente, nel triennio 2006-2008 è aumentato il numero delle imprese in perdita (da 22 a 28) ed è diminuito quello delle aziende in utile (da 38 a 29).

2009 ANNUS HORRIBILIS PER I PERIODICI - Particolarmente grave la situazione dei periodici. Se nel 2007 hanno registrato una leggera flessione dei ricavi editoriali (-0.8%), dovuta all'andamento deludente delle vendite (-2%), a fronte di ricavi pubblicitari ancora in crescita (+2.6%), nel 2008 l'andamento recessivo si è ampliato (-4.3%), colpendo sia la pubblicità (-5.5%) che le vendite (-3.9%). Ma il 2009 è stato l'anno peggiore: secondo le stime, la stampa periodica dovrebbe aver subito un calo del fatturato del 14.4%, imputabile soprattutto al calo della pubblicità (-29.5%).

SU I COSTI - Dall'ultima indagine Mediobanca emerge un rapporto medio costo del lavoro/fatturato del 10.4% nel 2008, ma pari quasi al doppio (20.2%) nel settore dell'editoria. In questo comparto il costo medio annuo per addetto è stato di 49.300 euro, mentre nelle medie imprese, analoghe per dimensione a quelle editrici di quotidiani, è stato di 44.500 euro.

CROLLO DELLE RISORSE PUBBLICHE - Sono calate vertiginosamente, passando dai 414 milioni nella finanziaria per il 2008 ai 195 milioni per il 2011 (-52.9%).

IL 'PRESS DIVIDE' - Come rileva il Censis, nel 2006 era il 33.9% degli italiani a non avere contatti con i mezzi a stampa, mentre nel 2009 si è arrivati al 39.3%. Parallelamente, la percentuale degli utenti di Internet che non ricorrono ai giornali è passata dal 5.7% al 12.9%.

Evidente lo squilibrio territoriale: a fronte di una media nazionale di 86 copie di quotidiani vendute ogni 1.000 abitanti, la media nelle regioni meridionali è di 56 copie, in pratica la metà di quelle vendute al Nord (102) e al Centro (99).

LA QUOTA DI MERCATO PUBBLICITARIO - Si conferma l'anomalia italiana: la stampa occupa il 30.9% (17.9% i quotidiani, 13% i periodici) fronte del 53.9% detenuto dalla tv (con la radio al 7.3%, Internet al 3.7%, l'outdoor al 3.6% e il cinema allo 0.6%). Fatta eccezione per il Portogallo (stampa al 22.6% e tv al 56.5%), in tutti gli altri Paesi si rileva una situazione di equilibrio o di vantaggio netto per la stampa. (ANSA)

 

 

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