Anche in una situazione di emergenza come quella attuale, l'informazione deve attenersi al rispetto delle «garanzie a tutela della riservatezza e della dignità delle persone colpite dalla malattia contenute nella normativa vigente e nelle regole deontologiche relative all'attività giornalistica». Obbligo che vige «anche per gli utenti dei social». È il richiamo del Garante per la Privacy, che «sta ricevendo segnalazioni e reclami con i quali viene lamentata, da parte dei famigliari, la diffusione sui social e sugli organi di stampa, anche online, di dati personali eccessivi (nome, cognome, indirizzo di casa, dettagli clinici) riguardanti persone risultate positive al Covid 19».
«Si ritiene pertanto doveroso – sottolinea il Garante in una nota – richiamare l'attenzione di tutti gli operatori dell'informazione al rispetto del requisito dell'"essenzialità" delle notizie che vengono fornite, astenendosi dal riportare i dati personali dei malati che non rivestono ruoli pubblici, per questi ultimi nella misura in cui la conoscenza della positività assuma rilievo in ragione del ruolo svolto».
In ogni caso, insiste l'Autorità, «devono essere evitati riferimenti particolareggiati alla situazione clinica delle persone affette dalla malattia come prescrive l'art. 10 delle Regole deontologiche citate. Tali cautele, che non pregiudicano comunque un'informazione efficace sullo stato dell'epidemia o eventuali comunicazioni che le autorità sanitarie e la protezione civile ritengano necessario fare sulla base della normativa emergenziale vigente, operano a prescindere dalla circostanza che i dati siano resi disponibili da enti o altri soggetti detentori dei dati medesimi ed inoltre salvaguardano le tante persone risultate positive al virus, e poi guarite, da una 'stigmatizzazione' permanente, resa possibile dalla diffusione delle notizie sulla rete».
«L'obbligo di rispettare la dignità e la riservatezza dei malati vige anche per gli utenti dei social, a cominciare da alcuni amministratori locali, che spesso diffondono dati personali di persone decedute o contagiate – conclude la nota – senza valutarne interamente le conseguenze per gli interessati e per i loro famigliari». (Ansa)