Ormai tre anni fa si tenne a Milano un incontro/tavola rotonda del breve titolo "INF", ovvero l'informazione sull'infibulazione. Voluto dalla Cpo/Fnsi del tempo, quindi in particolare da Marina Cosi ed Irene Merli, e da altre colleghe milanesi, e appoggiato dall'Aidos, fu molto interessante.
Parlarono italiane e straniere, donne che come esperte, sociologhe, amministratrici o testimoni avevano familiarità con questa tragedia. Non erano tempi facili. La nostra opposizione ad una politica "furbesca" di riduzione del danno (la proposta fiorentina, che non passò, di fare sulle bimbe "solo" un intervento minore) venne attaccata a testa bassa da alcuni polemisti. Proposte di legge di diverso colore rischiavano intanto di trasformare la serissima questione in una delle tante ed intercambiabili occasioni di scontro politico. Il nostro contributi fu piccolo, ma volutamente specialistico. Come giornaliste scegliemmo di ancorarci ai fatti, analizzando la qualità e la quantità d'informazione che la stampa italiana dedicava a quest'emergenza civile e sanitaria. Si vide che l'informazione migliore e più rispettosa era data dai periodici femminili, mentre quotidiani e radio privilegiavano l'occasionale intervento -spesso con commento retorico e/o grandguignolesco - sull'onda del fatto di cronaca. Ora, passato del tempo (con una legge italiana finalmente in vigore e con ribadite prese di posizione Oms e Ue), l'argomento sembra non interessare più la stampa. Tranne d'estate, quando la cronaca giudiziaria ci ricorda come certe "vacanze a casa dei nonni", sull'altra sponda del Mediterraneo, si trasformino - per alcune o molte bambine che vivono in Italia - in un "viaggio all'inferno". Viene dunque utile conoscere - nella sintesi che segue - le riflessioni di un'altra Cpo, che rappresenta le donne del tribunale di Roma. L'anno prossimo, anno internazionale delle pari opportunità, torneremo anche noi sull'argomento. La Cpo/Fnsi (Roma), 6 novembre 2006 - . Il 7 novembre si è svolto, presso gli uffici giudiziari romani della Corte d'Appello, il convegno sulle mutilazioni genitali femminili (MGF), organizzato dal Comitato per le Pari Opportunità. L’incontro, ha preso spunto dalla legge del 9 gennaio 2006, n. 7, in vigore dal 2 febbraio 2006, che ha introdotto, nel nostro Codice penale, l'articolo 583 bis:“ Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Ai fini del presente articolo, si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l’escissione e l’infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo. Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate al primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre a sette anni…”. Le origini delle MGF, vanno a perdersi nella notte dei tempi. Alcuni studi, ci offrono notizie di mutilazioni svolte nell’antico Egitto, dove l’escissione, era addirittura pratica faraonica; ma le si ritrovano anche, a Roma dove le si praticavano sulle schiave e appaiono legate ad aspetti patrimoniali del corpo femminile (il termine stesso infibulazione, deriva dal latino fibula, una specie di spilla che originariamente si applicata ai giovani romani per impedir loro di avere rapporti sessuali). La questione delle mutilazioni genitali femminili, balzerà alle cronache internazionali solo a partire dagli anni ’70, soprattutto grazie al diffondersi delle politiche femministe. La pratica fu ampiamente discussa in conferenze promosse da organizzazioni internazionali come l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), l'UNICEF (Fondo Internazionale di Emergenza per l'Infanzia delle Nazioni Unite), l'UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, le Scienze e la Cultura) e da varie organizzazioni femminili. La necessità, quindi, di conoscere, capire e diffondere notizie sul tema, sono alla base di questo interessante convegno. I lavori sono stati introdotti dalla presidente del Comitato per le Pari opportunità, Evelina Canale, la quale, ha dato risalto al carattere “rigorista” di questa nostra nuova legge, carattere che ci appare dalla lettura delle sue finalità: prevenire, contrastare e , soprattutto, reprimere le mutilazioni genitali. Se infatti inizialmente, si assisteva quasi ad una tolleranza, causata sia dalla poca informazione, dal considerare che riguardassero solo la sfera personale dell’individuo, sia dalla erronea convinzione che tali pratiche non si trovassero in occidente, è proprio dagli anni ’70 in poi, che matura questa nuova visione. E questa legge ne è portavoce. Tolleranza zero verso le mgf e chi le pratica nel nostro paese. Ma cosa sono le mutilazioni genitali femminili? L’aspetto tecnico, lo ha illustrato Alessandra Loreti della ASL 5 di Roma. Le mutilazioni genitali femminili, sono modifiche apportate all’anatomia genitale esterna. Esistono quattro tipi di MGF che vanno dalla clitoridectomia (I tipo), che consiste nella resezione del prepuzio clitorideo con o senza l'escissione di parte o dell'intera clitoride, all'escissione (II tipo), ovvero la resezione del prepuzio e della clitoride e la rimozione parziale o totale delle piccole labbra, all’infibulazione o circoncisione faraonica (III tipo), che consiste nella escissione parziale o totale dei genitali esterni. I due lati della vulva vengono poi cuciti con una sutura o con spine, lasciando solo un piccolo meato nell’estremità inferiore (che, come dicono le anziane, deve essere della “grandezza di un chicco di miglio”). Il quarto tipo include varie pratiche di manipolazione degli organi genitali femminili quali piercing, pricking, incisione della clitoride e/o delle labbra; allungamento della clitoride e/o delle labbra. L’inumanità delle mutilazioni, è oltremodo accresciuta dalle disastrose condizioni igieniche nelle quali si compiono tali barbarie. Gli strumenti ed i luoghi non sterili, l’assenza di anestesia, la giovane età delle piccole vittime (7-9 anni), genera tutta una serie di complicanze, come shocks emotivi, emorragie, infezioni di vario tipo, a breve termine; epatiti, cheloidi (cicatrici molto spesse), malfunzionamento dell’apparato genitale, nel lungo periodo. L'usanza è estesa in quelle aree in cui predominano la povertà, l'analfabetismo e precarie condizioni sanitarie e laddove lo stato socioeconomico delle donne è basso. La MGF viene messa in pratica in più di ventisei regioni del continente africano, in alcune zone della penisola araba e in Asia. È presente da un lato all'altro dell'Africa, tra il tropico del Cancro e l'Equatore. L’escissione è documentata nel sud della penisola araba e nei luoghi circostanti il Golfo Persico, che includono lo Yemen del sud, l'Oman, gli Emirati Arabi e il Bahrain. L'infibulazione viene praticata dai musulmani in Somalia, in quei territori abitati dai somali in Etiopia, Kenya e Djibouti, nel Sudan (eccezione fatta per i non musulmani residenti nel sud della provincia), nella Nigeria del nord e in alcune parti del Mali. Le forme più blande della MGF, che sono probabilmente legate al processo d'islamizzazione, sono eseguite in Asia dalle popolazioni musulmane della Malesia e dell'Indonesia, ma anche in alcune zone delle Americhe. La MGF è profondamente radicata dove le donne devono lottare quotidianamente per sopravvivere e per soddisfare fabbisogni primari. Esse vivono con l'idea che una ragazza non “purifica” sia inaccettabile e non sarà chiesta in matrimonio, che è quasi l'unica soluzione per assicurarsi un futuro. In una cultura in cui i valori, fortemente radicati, di castità prematrimoniale e matrimonio sono intrinsecamente legati alla MGF, la sofferenza fisica è preferita all'ostracismo destinato ad una bilakoro, cioè una ragazza non purificata. È ciò che la dott.ssa Elisa Serangeli, membro dell’AIDOS, definisce come la valutazione del costi-benefici. Le madri, infatti, pur di assicurare alle loro figlie un matrimonio dignitoso, che permetta loro di sopravvire, sono disposte a far patire alle loro bambine, sofferenze inaudite. Ma la situazione è moto grave, L’UNFPA, Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, stima che siano già state sottoposte alla pratica tra i 100 e i 130 milioni di donne nel mondo e che 2 milioni di bambine siano a rischio ogni anno. Per comprendere la realtà delle MGF, la dott.ssa Serangeli ha presentato il film”Moolaadè”, realizzato dall’AIDOS, e ambientato in un villaggio del Burkina Faso, nel quale si narra la storia di una madre-coraggio, che si è rifiuta di far “purificare” la figlia, ormai promessa sposa. La donna, diventa il simbolo della lotta contro la tradizione barbare delle mutilazioni, e da lei si rifugiano per ottenere protezione, anche delle bimbe fuggite dalle loro stesse madri. Il film, intenso, pieno e commovente, ci offre un’immagine di forza e ribellione, contro l’opposizine degli uomini-padroni-mariti, e delle donne-mutilatrici del villaggio, e ci lancia un messaggio di speranza. La forza delle proprie idee, vince su tutto..se le menti si aprono al confronto ed al dialogo. La conoscenza, come sempre, è una delle armi più potenti che abbiamo a disposizione. Colpisce una frase del film (quando gli uomini, spaventati dalla ribellione delle donne, confiscano loro le radio, considerate la causa del loro pensare): “il cervello non lo si può spegnere..perchè non si vede!!”