La Corte di Cassazione ha messo la parola fine al contenzioso giudiziario originato dall'illegittimo licenziamento, in tronco e 'con effetto immediato', della giornalista Rossana Caccavo, consigliere del Sindacato Giornalisti della Calabria, avvenuto con una comunicazione di dieci righe consegnatale a mano, il 15 aprile 2013, appena cinque giorni dopo la sua elezione a fiduciario di redazione dell'emittente televisiva Esperia Tv del Gruppo Marrelli di Crotone.
La Suprema Corte ha, infatti, rigettato il ricorso di Esperia Tv condannando l'azienda all'ulteriore pagamento delle spese processuali e confermando il giudizio della Corte d'Appello di Catanzaro che, a sua volta, aveva fatto proprio quello del Tribunale di Crotone.
In secondo grado, il Tribunale aveva ordinato all'azienda di reintegrare Rossana Caccavo riconoscendole 'il risarcimento del danno subito attraverso la corresponsione di una indennità parametrata alla retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino al giorno della riammissione in servizio, oltre interessi e rivalutazioni' e condannato Marrelli al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per il medesimo periodo ed alle spese legali.
Primo grado e appello avevano, inoltre, già confermato l'ordinanza di reintegro (ex legge Fornero) nel posto di lavoro (mai ottemperata dall'azienda) sancita del Tribunale di Crotone del 2014, confermando la nullità del licenziamento 'per causa di matrimonio' considerato ritorsivo in quanto 'intimato dall'azienda in seguito all'elezione della giornalista a fiduciario di redazione di Esperia TV'.
«Da ricordare – commenta dalle colonne di Giornalistitalia.it il Sindacato giornalisti della Calabria - che la storica sentenza del Tribunale di Crotone, confermando in primo grado il giudizio a favore della giornalista Rossana Caccavo, brutalmente messa alla porta dall'emittente Esperia TV, aveva messo anche ordine all'interpretazione dell'art. 34 della legge istitutiva dell'Ordine dei giornalisti n. 69 del 3 febbraio 1963 in materia di iscrizione del Registro dei Praticanti».
La sentenza ha, infatti, sottolineato il «valore disgiuntivo della congiunzione 'o' che consentirebbe di individuare nella disposizione quattro ipotesi distinte, e pertanto quelle relative ai giornali quotidiani ed ai servizi giornalistici della radio e della televisione non comporterebbero ai fini dello svolgimento della pratica il rispetto dei limiti numerici riferibili esclusivamente alle ipotesi residue (agenzia quotidiana di stampa a diffusione nazionale e con almeno quattro giornalisti professionisti redattori ordinari; periodico a diffusione nazionale e con almeno sei giornalisti redattori ordinari)».
Sul punto, il segretario generale aggiunto della Fnsi, Carlo Parisi, segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria, aveva osservato che «al di là dell'interpretazione dell'art. 34, è stata alquanto singolare la richiesta dell'azienda per la nullità del contratto da praticante, regolarmente sottoscritto e per mesi onorato dalla stessa Esperia TV, per mancanza di requisiti, che non tocca certamente al dipendente conoscere in quanto riferiti ad altri colleghi. Una decisione contraria avrebbe, infatti, conferito al procedimento elementi di rilevanza penale, in quanto avrebbe messo in capo all'azienda, priva del requisito di legge, la facoltà di assumere praticanti e licenziarli a proprio piacimento».
Esperia Tv aveva proposto ricorso in Cassazione denunciando con un primo motivo la «violazione e falsa applicazione dell'art. 34 della legge n. 69 del 1963 per avere la Corte ritenuto applicabile il requisito numerico di 'quattro giornalisti' in relazione allo svolgimento della pratica giornalistica presso un'emittente televisiva» e con un secondo la «motivazione insufficiente su un fatto decisivo della controversia consistente nell'omesso esame che presso la società Esperia Tv vi fosse un solo giornalista professionista».
Accogliendo il controricorso della giornalista Rossana Caccavo, assistita dall'avvocato Giuseppe Gallo, la Cassazione ha giudicato «infondato» il primo motivo di Esperia Tv evidenziando che «in via generale, il contratto giornalistico ovvero quello di formazione giornalistica presuppone, quale indefettibile condizione di validità, la sussistenza di uno status professionale del lavoratore che deriva dalla sua iscrizione all'albo dei giornalisti, ovvero a quello dei praticanti giornalisti». Assorbito il secondo motivo di ricorso.
Trascorsi oltre cinque anni dal licenziamento 'in tronco e con effetto immediato' di Rossana Caccavo, Esperia Tv registra, così, la quinta condanna in sede giudiziaria, dopo quelle già subite per l'illegittimo licenziamento della stessa Caccavo e quella per comportamento antisindacale che ha portato all'annullamento dei licenziamenti delle giornaliste Angela Bentivoglio e Antonella Marazziti.
«La sentenza della Corte di Cassazione – osserva Parisi – non fa altro che confermare ancora una volta, ammesso che ce ne fosse bisogno, la bontà dell'azione promossa e condotta dal Sindacato Giornalisti della Calabria contro l'arroganza di un'azienda che, oltre ad avere dimostrato di non avere la minima cognizione delle più elementari norme di diritto del lavoro, credeva di poter gestire, con prepotenza e impunemente, la vita e la dignità delle persone. A Rossana Caccavo e a tutte le colleghe ed i colleghi che, con uno scatto di dignità, non esitano a tenere alta o rialzare la testa per rivendicare i propri diritti va il ringraziamento di tutto il Sindacato dei giornalisti italiani che, confidando nella legalità e nella giustizia, assiste quotidianamente quanti credono nel giornalismo di qualità che può essere garantito innanzitutto con il rispetto della dignità umana e professionale».
PER APPROFONDIRE
L'articolo integrale pubblicato su Giornalistitalia.it è disponibile a questo link. In allegato, invece, l'Ordinanza della sezione Lavoro Civile della Corte di Cassazione.