Era stata licenziata "in tronco e con effetto immediato" il 13 aprile 2013. La prima fase processuale ne disponeva il reintegro l'8 luglio 2014, ma l'azienda non ha mai provveduto. Ora arriva la sentenza del Tribunale di Crotone che rende giustizia alla giornalista Rossana Caccavo, costretta a difendere - con l'aiuto del Sindacato dei giornalisti della Calabria - il suo lavoro e la sua professionalità dalla sua stessa azienda, Esperia Tv: "La giornalista - decreta il giudice - va reintegrata".
Il
tribunale di Crotone, accogliendo il ricorso proposto dal Sindacato
dei giornalisti della Calabria, ha reintegrato al suo posto di lavoro
la giornalista Rossana Caccavo, licenziata “in tronco e con effetto
immediato” il 13 aprile 2013 dall’emittente televisiva Esperia
TV, la stessa che solo pochi giorni fa, con una mail firmata
dall’attuale amministratore delegato, Lorenzo Marrelli, è arrivata
a “sospendere con effetto immediato” dal servizio e dallo
stipendio i giornalisti “in attesa e fino a formale provvedimento
di licenziamento o risoluzione consensuale” del rapporto di lavoro.
“Una
sentenza - commenta il segretario del sindacato calabrese e membro
della Giunta esecutiva della Fnsi, Carlo Parisi - che, ancora una
volta, premia la linea dell’Ufficio Legale del Sindacato
Giornalisti della Calabria rappresentato dall’avvocato Mariagrazia
Mammì e conferma la pretestuosità di un licenziamento avvenuto
appena cinque giorni dopo la sua elezione a Fiduciario di Redazione,
evento storico nel Gruppo Marrelli di Crotone che, fino a quel
momento, non aveva mai avuto una rappresentanza sindacale.
Pretestuosità grossolane, prontamente smentite dai fatti, come
chiaramente osservato dal Tribunale di Crotone nella sentenza”.
Una
sentenza che rende giustizia alla collega costretta alle vie legali
per difendere il suo lavoro e la sua professionalità contro la sua
stessa azienda.
“Nella
prima tappa processuale, l’8 luglio 2014 - ricorda il Sindacato
giornalisti della Calabria - il giudice del lavoro Federica
Colantonio, accogliendo pienamente la tesi difensiva dell’avv.
Mammì, aveva dichiarato la nullità del licenziamento impugnato 'per
causa di matrimonio – art. 35 del decreto legislativo 198/2006 –
nonché perché ritorsivo in quanto intimato dall’azienda in
seguito all’elezione della giornalista a fiduciario di redazione di
Esperia TV'”.
“Il
dato normativo non lascia spazio ad alcun dubbio interpretativo”,
aveva osservato il Tribunale di Crotone ordinando all’azienda di
reintegrare Rossana Caccavo e di riconoscerle “il risarcimento del
danno subito attraverso la corresponsione di una indennità
parametrata alla retribuzione globale di fatto maturata dal giorno
del licenziamento sino al giorno della riammissione in servizio,
oltre interessi e rivalutazioni”.
Il
giudice aveva, inoltre, condannato Marrelli al versamento dei
contributi previdenziali e assistenziali per il medesimo periodo ed
alle spese legali quantificate in 2800 euro, oltre ad Iva e Cpa.
Esperia TV, invece, nonostante l’esecutività della sentenza, non
ha mai reintegrato la giornalista nel posto di lavoro. E ora è stata
condannata al pagamento anche delle nuove spese processuali,
liquidate in 2300 euro, sempre oltre Iva e Cpa.
“Un
licenziamento che il sindacato dei giornalisti aveva subito ritenuto
palesemente nullo sotto ogni aspetto affidando al proprio ufficio
legale il compito di dimostrare, ancora una volta, che l’arroganza
si batte alzando la testa per rivendicare la propria dignità, umana
e professionale, e continuando a credere fermamente nella legalità e
nella giustizia”, incalza il segretario calabrese Carlo Parisi.
La
sentenza, rispondendo nello specifico ai punti sui quali si basava il
ricorso dell'azienda contro l'ordinanza del 2014, ha inoltre fornito
alcuni interessanti spunti di riflessione.
In
primo luogo, nell’opposizione all’ordinanza, Esperia TV sosteneva
che “il rapporto di lavoro tra le parti era viziato da violazione
di legge in quanto la lavoratrice, assunta in qualità di giornalista
praticante, non avrebbe avuto i requisiti richiesti dalla legge”
per essere inserita nel Registro dei praticanti dell’Ordine dei
giornalisti e, di “conseguenza, il contratto sottoscritto dalle
parti sarebbe nullo per violazione di legge”.
“Invero
– osserva, invece, il giudice del lavoro del Tribunale di Crotone –
la resistente ha effettuato un regolare periodo di tirocinio presso
la redazione della Esperia…utile per l’iscrizione nel Registro
dei Praticanti”.
“Infatti
– a parere del giudice Barbetta – i principi giurisprudenziali
offerti da parte ricorrente nell’interpretazione della norma
descritta nell’art. 34 della legge istitutiva dell’Ordine dei
giornalisti non tengono conto del valore disgiuntivo della
congiunzione 'o' che consentirebbe di individuare nella disposizione
quattro ipotesi distinte, e pertanto quelle relative ai giornali
quotidiani ed ai servizi giornalistici della radio e della
televisione non comporterebbero ai fini dello svolgimento della
pratica il rispetto dei limiti numerici riferibili esclusivamente
alle ipotesi residue (agenzia quotidiana di stampa a diffusione
nazionale e con almeno quattro giornalisti professionisti redattori
ordinari; periodico a diffusione nazionale e con almeno sei
giornalisti redattori ordinari)”.
“Al
di là dell’interpretazione dell’art. 34 – osserva sul punto il
segretario regionale Parisi – è stata alquanto singolare la
richiesta dell’azienda per la nullità del contratto da praticante,
regolarmente sottoscritto e per mesi onorato dalla stessa Esperia TV,
per mancanza di requisiti che non tocca certamente al dipendente
conoscere in quanto riferiti ad altri colleghi”.
“Una
decisione contraria – sottolinea Parisi – avrebbe, infatti,
conferito al procedimento elementi di rilevanza penale, in quanto
avrebbe messo in capo all’azienda priva del requisito di legge la
facoltà di assumere praticanti e licenziarli a proprio piacimento”.
Il secondo elemento contestato dall'azienda riguardava “l’incolpevole
ignoranza del matrimonio della sua dipendente, la quale avrebbe
dovuto informare il datore di lavoro delle nozze imminenti”.
“Sul
licenziamento a causa di matrimonio – osserva il Tribunale di
Crotone – Esperia TV ha dedotto di aver legittimamente assunto il
provvedimento espulsivo della dipendente, motivato da un giusto
motivo dovuto alla crisi economica che l’azienda ha attraversato in
quel periodo e dall’asserito rifiuto della dipendente di prestare
il servizio nella zona di Cosenza in luogo della zona di Crotone, e
non a causa di matrimonio in quanto circostanza sconosciuta al datore
di lavoro”.
“Dalla documentazione in atti emerge con certezza
– sottolinea il giudice Barbetta – che la Esperia ha avuto
conoscenza delle imminenti nozze della Caccavo con mail, indirizzate
a Marrelli Massimo azionista di maggioranza del gruppo di cui fa
parte la ricorrente, già all’inizio del febbraio 2013 e ribadito
nel marzo 2013. Pertanto, la ricorrente non avrebbe dovuto procedere
al licenziamento della dipendente a causa di matrimonio proprio nel
periodo in cui aveva avuto conoscenza del matrimonio della
lavoratrice o comunque avrebbe potuto avere già notizia delle nozze
alla luce delle pubblicazioni avvenute il 4 aprile 2013 e della loro
celebrazione del 20 giugno 2013. Ne discende l’illegittimità del
provvedimento di recesso, adottato dal datore di lavoro fuori dai
casi espressamente previsti dalla legge, in applicazione al principio
di presunzione assoluta richiamato nella fase cautelare, in aderenza
alla linea tracciata dalla giurisprudenza di legittimità in materia,
dinanzi alla presenza sia del requisito della conoscenza del
potenziale matrimonio che della sua effettiva celebrazione, avvenuta
il 20 giugno 2013”.
Terzo
punto, infine: “il recesso sarebbe ascrivibile ad un intervento di
programmata riorganizzazione aziendale mediante il quale la
lavoratrice avrebbe rifiutato di effettuare il servizio nella zona di
Cosenza e non più in quella di Crotone, tanto da far discendere il
provvedimento di recesso da parte della società”: per il Tribunale
di Crotone “la paventata crisi aziendale non è idonea a
giustificare l’allontanamento della lavoratrice, condividendo gli
argomenti utilizzati dal primo giudice; inoltre, il dedotto rifiuto
della dipendente di non volere spostare il suo servizio in una zona
differente dalla provincia di Crotone non facendo parte del giusto
motivo oggettivo posto a base del licenziamento, unitamente a ragioni
che avrebbero potuto giustificare un licenziamento per giusto motivo
soggettivo (incapacità nell’esercizio della professione), non
saranno oggetto di valutazione”.
(da www.giornalistitalia.it)