''Cari lettori,
La stragrande maggioranza dei quotidiani italiani esce oggi (giovedì n.d.r.) senza le firme dei loro giornalisti. È una protesta di forte valore simbolico, che non ha precedenti nella storia della stampa italiana''. Inizia così la nota concordata dai cdr che hanno deciso il blocco delle firme e che sarà pubblicata su tutti i quotidiani del 30 novembre che aderiscono alla protesta.
Ecco di seguito il testo intero: ''Gli articoli sono stati redatti con l'impegno di sempre, ma abbiamo voluto cancellare la nostra identità, proprio come gli editori intendono cancellare l'identità dei giornalisti italiani, pretendendo nei fatti che quello scaduto sia l'ultimo contratto della storia. Non era mai accaduto nell'Italia democratica che 13 giorni di sciopero, e altri ve ne saranno a breve, non fossero sufficienti almeno a far aprire le trattative. E intanto il nostro contratto è scaduto da ben 640 giorni. Il paradosso è che i bilanci degli editori scoppiano di salute. La fotografia di tutto il settore quotidiani, frutto dell'indagine annuale della Fieg commissionata a Deloitte per il triennio 2002-2004 (l'ultima effettuata) rileva che i ricavi sono aumentati complessivamente del 9,6%; il risultato operativo è cresciuto del 15,8% nel 2004 rispetto al 2002; l'utile netto del comparto quotidiani è aumentato del 45,4% tra il 2002 e il 2004. In conclusione si può dire che le imprese editrici di quotidiani sono molto sane, con ricavi che sono risultati in crescita nonostante il periodo censito non sia stato esaltante per la pubblicità, drenata soprattutto dalle televisioni. Gli editori inoltre hanno la fortuna di agire in un mercato protetto, ricevono ogni anno 700 milioni di euro dallo Stato e non debbono affrontare quella agguerrita concorrenza orientale che oggi mette alle corde moltissime aziende di tutto il paese. Più semplicemente, forti di un potere costruito lontano dall'editoria, nelle banche, nelle assicurazioni, nelle imprese di tutti i settori, dalle telecomunicazioni all'edilizia, vogliono dare la spallata che stravolga le regole: dentro le redazioni pochi e mansueti giornalisti a impacchettare il prodotto, agli ordini di capi che non siano più giornalisti ma dirigenti d'azienda, e masse di precari fuori a mandare notizie e articoli, senza alcuna tutela contrattuale. Ce ne sono almeno 20 mila già in campo e guadagnano in media 8 mila euro l'anno. Fine del giornalismo di qualità. Di più: fine della libera stampa. Questa vertenza ha molto a che fare con l'articolo 21 della Costituzione, come ha ben compreso il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, fino ad oggi inascoltato. Chiediamo ai colleghi del sistema radiotelevisivo di amplificare il segnale mettendo in atto azioni simili e dando notizia della nostra. Chiediamo alle grandi firme della televisione di affrontare finalmente il tema del contratto dei giornalisti in trasmissioni dedicate, perché‚ la posta in gioco è cara a tutti i cittadini''. (ANSA)