Libertà per Julian Assange, il fondatore di Wikileaks in prigione a Londra. E un netto "No" alla richiesta di estradizione negli Stati Uniti, sulla quale la ministra degli Interni del Regno Unito, Priti Patel, è chiamata a decidere nei prossimi giorni. Questi i messaggi lanciati dalla piazza organizzata da Amnesty International Italia nei pressi dell'ambasciata britannica a Roma, martedì 17 maggio 2022.
Alla manifestazione, fra gli altri, anche la Fnsi, l'Usigrai, l'Ordine dei giornalisti del Lazio, i giornalisti della Rete NoBavaglio, politici, artisti e rappresentanti di ong e associazioni.
«L'estradizione di Julian Assange equivarrebbe a una condanna per il diritto di cronaca e per la libertà di stampa», la posizione della Fnsi.
«Estradare Assange – le parole del segretario dell'Usigrai, Daniele Macheda – significherebbe condannarlo ad una vita in carcere solo per aver fatto il giornalista, per aver pubblicato dei documenti».
Per Stefania Maurizi, giornalista italiana che segue dall'inizio la vicenda giudiziaria, «se perdiamo questo caso perdiamo il diritto di sapere cosa fa lo Stato a nostro nome».
Assange è detenuto nella prigione inglese di massima sicurezza di Belmarsh a Londra ormai da tre anni, dopo un'annosa permanenza per ragioni di sicurezza nell'ambasciata dell'Ecuador della capitale britannica. Ha perso la libertà il 7 dicembre del 2010, quando cominciarono a piovere su di lui accuse di vario genere, la più grave delle quali è quella di essere una spia al soldo di potenze straniere.
Se venisse accolta la richiesta degli Stati Uniti e fosse consegnato dalle autorità di Londra, il giornalista australiano rischierebbe, in base all'Espionage Act del 1917, 175 anni di carcere.