«Saremo accanto alla signora Luciana in tutte le iniziative che deciderà di intraprendere». Il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, accoglie con queste parole la madre di Ilaria Alpi, giornalista del Tg3 uccisa a Mogadiscio il 20 marzo 1994 insieme con l'operatore Miran Hrovatin. «Se la giustizia italiana rinuncerà a far luce su questa vicenda valuteremo azioni in sede europea», ribadisce il segretario generale Raffaele Lorusso.
L’occasione dell’incontro nella sede del sindacato dei giornalisti con Luciana Alpi è la presentazione, promossa insieme con Articolo 21, della nuova edizione del libro "Esecuzione con depistaggi di Stato", «nella quale – ricorda la signora Alpi – è stata inserita anche la sentenza della corte d’Appello di Perugia che ha scagionato l'unico "colpevole" individuato dalla giustizia italiana, parlando apertamente di depistaggio delle indagini».
Al fianco della Fnsi e di Luciana Alpi ci sarà l'Usigrai, dice il segretario Vittorio Di Trapani, che spiega: «Abbiamo chiesto al nuovo direttore generale della Rai di assicurare un impegno crescente nella ricerca della verità su Ilaria e Miran. E il Dg Mario Orfeo ha rinnovato il suo impegno».
Alla presentazione del libro anche Chiara Cazzaniga, la giornalista della trasmissione "Chi l'ha visto?" che con il suo lavoro d'inchiesta è riuscita a far riaprire il caso Alpi così da giungere alla revisione del processo al termine del quale, lo scorso ottobre, il tribunale di Perugia ha riconosciuto l'innocenza di Hashi Omar Hassan, indicato dal connazionale "Gelle" quale responsabile della morte di Ilaria e Miran.
«Siamo qui per chiedere con forza al gip del tribunale di Roma di non accogliere la richiesta di archiviazione», insiste il giornalista del Tg3 Fabrizio Feo. «Lo chiediamo con rabbia, certo, ma anche con la forza della ragione e delle prove che anche il lavoro di Chiara Cazzaniga ha consentito di trovare».
Anche il deputato Walter Verini ha ricordato la sentenza di Perugia: «Ero lì il giorno della sentenza perché sentivo che bisognava esserci. E qui ribadisco a Luciana: "Non sei sola". Già 10 anni fa, il gip di allora rifiutò l'archiviazione osservando che la ragione più plausibile della morte di Ilaria Alpi era impedire che si sapesse quello che stava scoprendo. E la corte d'Appello di Perugia a sua volta ha ribadito le ampie tracce di depistaggio. Ancora non c'è stata l'archiviazione e facciamo bene a non voler accettare questa ipotesi. Ci sono tutti gli elementi, al contrario, per dare nuovo impulso alle indagini».
E Giovanni D'Amati, legale della famiglia, dopo aver ripercorso le tappe di 23 anni di indagini e processi ha annunciato: «Noi comunque stiamo valutando le 80 pagine della richiesta di archiviazione per trovare il modo di indicare di nuove piste da seguire e proseguire così nella ricerca della verità».
Infine l’appello di Luciana Alpi: «Mi aspettavo che la sentenza di Perugia provocasse un piccolo terremoto istituzionale dal Quirinale in giù. Niente di tutto questo è successo. Da quel 20 marzo 1994 si sono susseguite Commissioni governative e parlamentari, processi e trasmissioni televisive. Tutto inutile perché intanto dietro le quinte ci sono state manovre, depistaggi, calunnie, bugie da parte di settori dello Stato che hanno voluto tenere nascosti killer, mandanti e movente. Ma io non mi arrendo».
L'incontro, a cui era presente anche Teresa Marchesi Della Volpe, si è aperto con il ricordo di Santo Della Volpe, ex presidente della Fnsi morto il 9 luglio 2015, giornalista Rai che si è dedicato con grande passione alla ricerca della verità sulla sorte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Verità che a distanza di 23 anni dai fatti di Mogadiscio appare ancora lontana.