Porto di Genova, inchieste e questione morale: noi giornalisti non siamo estranei, ma diciamo no al qualunquismo
Un appello: pubblicate tutto quanto riguarda il mondo dei media
"Il ritratto di una città decaduta". Il titolo e il contenuto dell'editoriale del direttore de Il Secolo XIX del 22 aprile scorso che lasciano interdetti, per quanto ci riguarda, per la generalizzazione del giudizio sul modo di fare informazione. Puntando il dito, in particolare, su una intercettazione su un collega della redazione de la Repubblica di Genova, peraltro non indagato. Che tra la Repubblica e Il Secolo XIX esista da tempo uno scontro sul tema porto, la sua gestione e le indagini giudiziarie, scontro aperto da una serie di editoriali di autorevoli firme de la Repubblica, è un dato oggettivo. Così come è oggettivo che l’intercettazione emerge da una inquietante e corposa indagine giudiziaria sul tema “porto”. Ma non è assolutamente condivisibile la generalizzazione del giudizio sul mondo dell’informazione ligure e genovese. Non è in discussione il diritto di critica, anche più feroce e virulento, ma la banale generalizzazione, alla fine della quale tutti sono disonesti e nessuno lo è. E’ una presa di posizione inaccettabile, perché mina alle fondamenta la credibilità dell’informazione stessa. Perché allora scegliere, come ha fatto il direttore de Il Secolo XIX, di fermare la pubblicazione degli atti? E visto che riteniamo che la stragrande maggioranza dei giornalisti liguri (e italiani) non siano avvolti da alcun "intreccio perverso" la sfida che facciamo è semplice: che tutto sia pubblicato. Nelle parti cronisticamente e oggettivamente rilevanti, senza fare del gossip o servire vendette a un buffet freddo, unico vero limite al fare informazione in modo completo e corretto. Continuiamo a leggere e pubblicare quanto interessa del contenuto delle 4000 pagine di intercettazioni, atti, rapporti investigativi. Per affrontare anche la questione morale dell’informazione ligure. Morale che non è moralismo, giustizia che non è giustizialismo, legalità che non è legalitarismo. L'etica, della politica come dell'informazione è, dovrebbe essere una cosa di alto profilo. E alla vigilia del 25 aprile, giorno del Vaffa all'informazione in cui vengono mescolate giuste critiche a un Ordine (chi lo ha promosso dimentica le battaglie di molta parte del giornalismo italiano, regolarmente boicottate dal potere politico variamente dipinto) che noi stessi, così come concepito, riteniamo superato e non più in grado di collaborare con il sindacato e chi sia disponibile, sia per un qualificato accesso alla professione sia per un vero ruolo di controllo deontologico, l'Associazione Ligure dei Giornalisti sarà presente, dove possibile, con i suoi iscritti e dirigenti. Come accadrà a Genova con l'iniziativa de la Casa della Legalità. L'abolizione fine a se stessa di un Ordine certamente superato soprattutto nella sua struttura nazionale anche per colpa di noi giornalisti, non serve. Anzi la proposta affinché venga abolito e la qualificazione di giornalista passi ad altre mani, cioè alle proprie (degli editori) arriva da tempo proprio da una larga parte dei padroni dei giornali stessi. Se proprio si vuole un "vaffa", forse, è meglio darlo a questo tipo di proposte. La giunta esecutiva dell'Associazione Ligure dei Giornalisti-Fnsi