Ennesimo giro di vite su informazione e libertà di espressione in Turchia. Ieri il Supremo Consiglio per la Radio e la Televisione (Rtuk), ha annullato le licenze di trasmissione rilasciate a suo tempo alle "emittenti che hanno appoggiato i cospiratori del Feto", indicati come gli autori del fallito colpo di stato del 15 luglio, o che comunque "mantengono rapporti o vincoli" con tale organizzazione.
In un primo momento le licenze ritirate erano state venti. Poi il computo è salito a 24: stazioni radiofoniche o televisive anche molto popolari, tra cui 'Bugun Tv' o 'Samanyolu Haber', note per diffondere sistematicamente il pensiero del predicatore, teologo e filosofo islamista Fethullah Gulen, sono state costrette a chiudere.
Non paghe, oggi le autorità turche, nello specifico la Direzione generale per l'informazione (Byegm), che dipende dalla presidenza del Consiglio, hanno comunicato il ritiro del tesserino per 34 giornalisti. Per tutti l'accusa è di avere connessioni con la confraternita del miliardario e ideologo Gulen, ex alleato e ora nemico del presidente Recep Tayyip Erdogan, accusato da Ankara di essere la mente del tentato golpe.
Entrambi i provvedimenti sono stati subito fortemente criticati dal sindacato dei giornalisti turchi, dalle Federazioni internazionale ed europea dei giornalisti e da altre organizzazioni di categoria, come il sindacato francese. Mentre la Federazione nazionale della stampa italiana, insieme a Usigrai, Articolo21 e a numerose associazioni, sarà oggi davanti all’ambasciata di Turchia a Roma per ribadire ancora una volta: #NoBavaglioTurco.