«Fermatevi. Ascoltate le parole in difesa del valore di una informazione libera e plurale che per ben sette volte il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha sentito il bisogno di ribadire ed evitate che, con il taglio prospettato dal governo Lega-5Stelle, chiudano decine di testate e migliaia di lavoratori restino senza lavoro». Questo l'appello rivolto dal segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, in apertura del presidio convocato in piazza Montecitorio per i lavori del Consiglio nazionale del sindacato per ribadire il no dei giornalisti italiani all'emendamento alla legge di Bilancio che prevede di arrivare nel 2022 alla cancellazione del contributo pubblico all'editoria.
«Questo emendamento, che era saltato alla Camera per essere ripresentato in Senato, tradisce la volontà liberticida dell'esecutivo. Noi non possiamo consentire che interi territori perdano le loro voci, occasioni di confronto e di arricchimento del dibattito pubblico. Con questo provvedimento si vuole dare il la alla cancellazione dei pochi sostegni che restano al sistema dell'informazione. Se passa il taglio all'editoria minore le prossime ad essere colpite saranno le agenzie e le emittenti locali. Ci sono migliaia di posti di lavoro a rischio, ma non è solo una questione di posti di lavoro che si perdono. È innanzitutto una questione di pluralismo e dunque di democrazia», incalza Lorusso.
«Vogliono colpire le voci delle diversità e delle differenze. Iniziano con il taglio ai piccoli giornali per arrivare a cancellare il ruolo del giornalista, che è quello di fare domande scomode, di indagare su quello che fa il potere, di spiegare ai cittadini cosa accade. Contro questo progetto abbiamo il dovere di essere in piazza. Non è un'aggressione alla corporazione dei giornalisti, ma all'articolo 21 della Costituzione e al diritto dei cittadini di essere informati. Ci appelliamo al presidente della Repubblica, ai parlamentari di maggioranza e opposizione, perché questo scempio non vada a compimento. E a chi, anche dentro la categoria, oggi ride di quanto sta accadendo dico di valutare bene quali saranno le prossime tappe. Scoprirà che domani non ci sarà nessuno a difenderlo quando a finire nel mirino sarà lui», ribadisce il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti.
«Se passasse questo emendamento sarebbe un tradimento all'articolo 21 della Costituzione. Un colpo di spugna a chi ha diritto ora ad essere sostenuto per spostare i fondi a chi sarà in futuro meritevole, secondo il governo, di essere aiutato. Ai singoli parlamentari dico: 'Pensaci, Giacomino'. Nessuno dice che l'attuale meccanismo del contributo non si possa migliorare. Ma questo non significa togliere fondi ad alcune voci e darli ad altri. E poi, altri chi?», incalza il presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, Carlo Verna.
In piazza anche i colleghi di numerose testate la cui sopravvivenza sarà messa a rischio dal taglio del fondo per il pluralismo, fra cui Il Roma, Il Manifesto, Avvenire, la Voce di Rovigo, il Primorski Dnevnik, la Lega delle cooperative di giornalisti, Radio Radicale, collaboratori e cronisti precari.
«In Campania, oltre il Roma, ci sono sette testate che rischiano di chiudere con il taglio all'editoria. Purtroppo dobbiamo prendere atto che le decisioni non vengono prese nel palazzo alle nostre spalle, ma dalla Casaleggio associati. Il presidente della Camera, Roberto Fico, aveva promesso che non ci sarebbero stati tagli ai contributi per i giornali delle cooperative e invece qualche giorno fa si è adeguato agli ordini di scuderia. E anche la Lega, che nelle scorse settimane, con Alessandro Morelli, aveva ripetuto che il taglio non sarebbe mai passato, oggi avalla l'emendamento dei 5 Stelle», dicono Antonio Sasso, direttore del Roma, e Roberto Paolo presidente della File, la Federazione Italiana Liberi Editori.
Matteo Bartocci, del Manifesto, osserva come «non ci sarà in realtà nessun risparmio per lo Stato. Vogliono solo colpire una ventina di testate scomode: togliere i fondi a loro per poi riassegnarli, a totale discrezionalità del governo. Un colpo inaccettabile al giornalismo libero. Per questo dobbiamo iniziare qui, oggi, una battaglia tutti insieme. Con ancora più forza dobbiamo raccontare queste cose ai cittadini per informarli di quello che il potere prova a fare».
Andrea Billau, di Radio Radicale, rilancia l'appello ai parlamentari: «Non capisco come una forza politica che ha fatto del lavoro la sua bandiera, tanto da promuovere un decreto chiamato 'dignità', non si interessi della dignità dei lavoratori dell'informazione. Una contraddizione enorme. Spero in uno scatto di orgoglio del Parlamento. Spero che si divincoli dalla morsa del governo».
Simone Bonafin, della voce di Rovigo, lancia l'allarme: «Vogliono colpire le cooperative dei giornali che sul territorio portano ai propri lettori notizie che altrimenti non arriverebbero all'opinione pubblica. Se andasse in porto il taglio del fondo tante piccole realtà editoriale non potrebbero continuare ad esistere».
E Lidia Gattini, in rappresentanza della Lega delle cooperative di giornalisti, rileva: «Ci accusano di essere indipendenti e per questo di essere dei mostri. Noi siamo la voce dell'informazione indipendente. Non abbiamo altri padroni oltre ai nostri lettori proprio perché siamo cooperative. Siamo editori puri eppure vogliono colpirci, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro».
In rappresentanza delle tante voci delle minoranze linguistiche e delle testate diocesane, in piazza anche la consigliera nazionale della Fnsi, Poljanka Dolhar e il segretario del Sindacato del Trentino Alto Adige, Rocco Cerone. «Senza contributo pubblico la comunità slovena in Italia resterebbe senza voce», dice la redattrice del Primorski. «Tante piccole realtà che raccontano i territori lontani verranno cancellate, con un danno per i cittadini», ribadisce Cerone.
A chiudere il presidio il presidente di Articolo21, Paolo Borrometi, giornalista sotto scorta per le sue inchieste sulla mafia. «Oggi siamo accanto a questi colleghi che vedono minacciato posto di lavoro. Loro, i colleghi di Radio Radicale e dei giornali locali, erano e sono accanto a noi cronisti minacciati quando c'è da raccontare le nostre storie. Senza il loro lavoro non ci sarebbe nessuna storia da raccontare e i cittadini non saprebbero quello che accade. Si vogliono colpire i giornali locali, che sono l'ossatura dell'informazione del Paese. Così si mette a rischio la possibilità per i cittadini di informarsi. E invece il giornalismo deve svolgere la funzione da cane da guardia della democrazia e deve essere messo nelle condizioni di farlo».