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Un momento della conferenza stampa
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Anniversario 29 Lug 2019

Sei anni fa il sequestro di padre Dall'Oglio, la famiglia: «Non si è indagato abbastanza»

«Si poteva e si può fare di più, ma servono coordinamento e trasparenza. Oggi siamo qui con voi per continuare a sperare», dicono in conferenza stampa i congiunti del gesuita rapito in Siria nel 2013. Di Trapani: «Illuminare la sua storia per trasmettere il suo messaggio: 'Costruire ponti e abbattere muri'».

«Sono sei anni che non siamo riusciti a sapere nulla, è vero che è stato rapito in una zona di guerra, ma alcune zone sono state ormai liberate dal novembre 2017». Lo ha detto, Francesca Dall'Oglio, sorella di padre Paolo Dall'Oglio, il gesuita romano scomparso in Siria sei anni fa, intervenendo alla conferenza stampa convocata nell'anniversario del rapimento nella sede dell'associazione Stampa Estera. «Le ultime notizie? Noi non abbiamo nessuna conferma, né che sia vivo, né che sia morto. Si poteva fare molto di più», aggiunge raccontando il 'caso' di una piccola valigia di padre Paolo, contenente alcuni suoi oggetti, consegnata alla famiglia solo nel 2018, «quando era in possesso degli investigatori in Italia dal luglio 2014», ha evidenziato Francesca.

Già un anno fa, dopo la liberazione di Raqqa, la famiglia di padre Dall'Oglio aveva fatto appello affinché si potesse indagare nei luoghi della sparizione del loro congiunto. «Nel 2013 – ha detto ancora la sorella Francesca – l'Isis non era ancora nato, forse si poteva andare a Raqqa a cercare di sapere qualcosa. Ora – ha sottolineato – Raqqa è occupata dai nostri alleati della Nato, ma a noi giungono solo rassicurazioni verbali che si sta lavorando per arrivare a una verità. Crediamo che serva più trasparenza. È ora che noi familiari possiamo avere riscontri del lavoro che è stato fatto e di quello che si sta facendo».

Dopo il saluto della presidente dell'associazione Stampa Estera, Patricia Thomas, a introdurre le sorelle Francesca e Immacolata e il fratello di padre Dall'Oglio, Giovanni, è stato il presidente dell'associazione Giornalisti amici di padre Paolo Riccardo Cristiano, che, aprendo i lavori, ha rivolto un pensiero anche «a Silvia Romano, padre Maccalli e tutte le altre persone scomparse».

«Siamo qui insieme con voi per sperare ancora», ha osservato Giovanni Dall'Oglio. Mentre la sorella, Immacolata, mostrando una foto del gesuita, ha ribadito: «Non sappiamo cosa sia successo. Non abbiamo gli strumenti per saperlo. Ma non smettiamo di cercare la verità. Sono necessari trasparenza e coordinamento. Chi sa deve dire. I familiari di tutte le persone scomparse hanno diritto di sapere».
Presenti alla conferenza stampa anche il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, il vice segretario generale aggiunto della Fnsi, Vittorio Di Trapani e il segretario del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, Guido D'Ubaldo.

«A Raqqa si può entrare da un anno e mezzo. Ci sono le condizioni per poter andare a vedere come stanno le cose», ha concordato Noury, che ha poi ricordato le decine di migliaia di persone scomparse in Siria dall'inizio del conflitto e la situazione molto simile che c'è in Iraq, rilevando che «sulle sparizioni in quei teatri non si è fatto abbastanza e ora che c'è finalmente attenzione da parte delle Nazioni unite sarà il caso di accompagnare la loro attività investigativa con un impegno politico profondo di tutti i Paesi interessati».

Sul ruolo di Paolo Dall'Oglio come giornalista si è soffermato Vittorio Di Trapani, che ha ricordano l'impegno del gesuita «contro quella 'cultura dello scarto' oggi purtroppo imperante», mentre è necessario «rimettere al centro gli esclusi e per questo, oggi più che mai, si avverte la mancanza di padre Paolo. Oggi che la 'fabbrica dell'odio' sempre più spesso travolge anche chi fa solo il suo lavoro di informare i cittadini». Il rappresentante della Fnsi ha poi ribadito la richiesta di «verità e giustizia» e la necessità di riprendere il lavoro di padre Paolo come 'costruttore di ponti': «Noi giornalisti abbiamo il dovere di 'illuminare' la sua storia, le storie di tutti gli scomparsi, le storie di chi fugge, perché questo è l'unico modo per dare un volto alle persone che altrimenti diventano numeri. Prendiamo l'impegno a portare le telecamere nei luoghi da dove si fugge e a lottare contro xenofobia e xenoisteria», ha concluso.

In chiusura, Guido D'Ubaldo ha ribadito l'impegno dell'Ordine dei giornalisti nella richiesta di verità e giustizia per padre Dall'Oglio e per gli altri scomparsi e ha osservato: «Di certo padre Paolo avrebbe firmato la carta di Assisi che chiede a chi fa informazione di adoperarsi per costruire ponti e non muri».

@fnsisocial

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