Parte da Venezia la mobilitazione per un progetto di riforma della Rai che, davvero, valorizzi il servizio pubblico come strumento di democrazia. Un tema che Fnsi e Usigrai intendono condividere con le forze sociali e la società civile, per avviare un percorso di vera riforma che unisca utenti e lavoratori.
Posizioni rimarcate, nel corso dell'appuntamento organizzato dal Sindacato dei giornalisti del Veneto e coordinato dal segretario del sindacato regionale, Massimo Zennaro, dai segretari generali Raffaele Lorusso (Fnsi) e Vittorio Di Trapani (Usigrai) insieme al presidente del sindacato dei giornalisti, Santo Della Volpe. Al dibattito sono intervenuti, mostrando piena sintonia, anche Andrea Camporese e Giuseppe Giulietti presidenti, rispettivamente, dell'istituto di previdenza di categoria Inpgi e dell'associazione Articolo 21 per la libertà di stampa.
Nel corso dell’incontro, Fnsi e Usigrai hanno anticipato che saranno insieme mercoledì a Roma (alle ore 14) in audizione all'ottava Commissione del Senato per parlare, appunto, della riforma della Rai. "Questo incontro – ha spiegato Vittorio Di Trapani, segretario Usigrai – testimonia l'unità e la compattezza del sindacato dei giornalisti sul tema. Da subito, abbiamo detto che la riforma, così com'è stata prospettata, non va nella giusta direzione, perché ci aspettavamo sinceramente la rottamazione di partiti e governi dal controllo Rai, cosa che invece viene rafforzata. Il superamento della legge Gasparri è indispensabile, ma va fatto nella giusta direzione".
"La riforma della Rai così com'è stata annunciata – ha commentato Raffaele Lorusso, segretario della Fnsi - non mostra sui meccanismi di governance alcuna discontinuità con il passato o con il presente, in quanto la gestione del servizio pubblico resta fortemente condizionata dalla politica e dall'esecutivo in generale, né si può pensare che aver previsto un rappresentante dei lavoratori nel consiglio d'amministrazione aziendale possa risolvere tutti i problemi”.
“Bisogna ripartire – ha proseguito Lorusso - dal concetto stesso di servizio pubblico, dalla necessità di fare un'informazione al servizio dei cittadini e dei territori, quindi anche delle periferie dimenticate, campo nel quale la Rai rappresenta un unicum organizzativo in Italia. Il tutto va poi inquadrato nel discorso più generale della regolamentazione del conflitto di interessi e delle norme antitrust di stampo europeo".
"La riforma della Rai - ha ribadito il presidente della Fnsi Santo Della Volpe - ci deve essere, ma deve aprire la Rai ai rapporti e alla partecipazione con la società civile che vive, con i cittadini, con il mondo politico e associativo in generale, sul modello della Bbc inglese, non chiuderla al proprio interno: deve essere una riforma inclusiva".
"La proposta di riforma - ha aggiunto Della Volpe - deve comunque essere migliorata e facciamo quindi appello al Parlamento, perché si apra ai miglioramenti e ai suggerimenti provenienti dal mondo giornalistico e della società civile".
DIFFAMAZIONE: IACOPINO E LORUSSO, NO A LEGGE BAVAGLIO
CRITICHE ORDINE E FNSI A NORME DIFFAMAZIONE E INTERCETTAZIONI
Le norme di riforma su diffamazione e intercettazioni,
all'esame della Camera in terza lettura sono ancora "una legge
bavaglio", nonostante le poche modifiche migliorative apportate durante
l'iter parlamentare: è questo il parere concorde del presidente dell'Ordine
nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino, e del segretario nazionale della Federazione
nazionale stampa italiana, Raffaele Lorusso, espresso nel corso di un incontro
nella sede dell'Ordine e del Sindacato giornalisti del Veneto, a Venezia,
promosso anche dall'Associazione Articolo 21, coordinato dal presidente dell'Ordine
Gianluca Amadori e dal segretario del Sindacato Massimo Zennaro.
Iacopino ha ricordato che quella in discussione alla Camera - è detto in una
nota - rimane una legge bavaglio e, con le norme assurde sulle intercettazioni,
rischia di diventare una legge bavaglione. Dopo aver affermato con forza che
l'Ordine non tutela i diffamatori seriali e che se i giornalisti possono sbagliare
magari per vanità o per ansia di scoop, è anche vero che nel Parlamento e nella
società la categoria ha molti nemici, Iacopino ha contestato le norme sulle
sanzioni pecuniarie, che non tengono conto della potenzialità economica del
condannato, sul pesante squilibrio tra le richieste di danni con liti temerarie
e la sanzione a carico del richiedente temerario (molti sono degli intimidatori
seriali), sulle rettifiche senza limiti che rischiano di trasformare i giornali
in buche delle lettere, sull'obbligo di
cancellazione delle notizie dai siti internet. Quanto alle intercettazioni, ha
detto che i custodi del segreto delle indagini sono i magistrati e la polizia giudiziaria,
non i giornalisti che hanno l'obbligo di rendere noto quanto ritengano di
pubblico interesse.
Lorusso, dopo aver premesso che anche i giornalisti debbono fare autocritica,
ha sostenuto - è detto ancora – che l'abolizione della pena del carcere è
servita come paravento per un regolamento di conti contro i giornalisti: per
rimediare a inadempienze e criticità del sistema normativo in materia, si è colta
l'occasione per sostituire il carcere con una serie di lacci e lacciuoli
intollerabili. Dopo aver denunciato l'uso di querele temerarie da parte di
politici e di delinquenti abituali, ossia a scopo meramente intimidatorio, ha
sostenuto che la sanzione per il querelante temerario deve essere commisurata
alla somma spropositata chiesta al querelato.
Anch'egli ha rilevato che il segreto istruttorio deve essere tutelato dai suoi
custodi e ha rilevato che nel mondo della informazione di oggi è facilissimo
pubblicare notizie su un sito Internet estero. Di qui, in un mondo che sta
cambiando, l'appello generale al buon senso: ai giornalisti per il rispetto delle
norme basilari della legge dell'Ordine, al Parlamento per un bagno nella
realtà, perché un edificio costruito sulla
sabbia crolla presto. (Ansa – Venezia, 20 maggio 2015.