"La sentenza con cui il tribunale civile di Milano ha stabilito che il giornalista querelato in maniera temeraria ha diritto al risarcimento dei danni morali rappresenta di fatto una messa in mora del Parlamento". Lo afferma Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi.
"Nell'assolvere il collega Paolo Carta, dell'Unione Sarda, il direttore
Paolo Figus e la società editrice - sottolinea Lorusso - il giudice ha ribadito
quanto europea dei diritti dell'Uomo, che ha più volte richiamato l'Italia, afferma da
tempo in tema di querele temerarie. È auspicabile che questo provvedimento
induca alla riflessione il Parlamento italiano, spingendolo ad affrontare il
problema nell'ambito della proposta di legge di riforma del reato di
diffamazione a mezzo stampa. Va messo da parte qualsiasi desiderio di rivalsa
nei confronti della stampa. Le querele temerarie rappresentano una minaccia
alla libertà dell'informazione e all'autonomia professionale dei colleghi
perché sono una forma di intimidazione. La cancellazione del carcere per i
giornalisti, che dovrebbe essere l'unico vero obiettivo della proposta di legge
attualmente all'esame delle Camere, non può trasformarsi in uno specchietto per
le allodole dietro il quale nascondere norme liberticide che farebbero fare
all'Italia un ulteriore passo indietro nella classifica mondiale della libertà
di stampa". Roma, 9 marzo 2015
QUERELE E LITI TEMERARIE IL GIUDICE DICE CHE È BAVAGLIO
IL CASO UNIONE SARDA SODDISFAZIONE NELLA CATEGORIA
Il giornalista che scrive la verità ma è ugualmente
querelato per diffamazione ha diritto al risarcimento dei danni morali da parte
di chi l’ha querelato in maniera temeraria. Lo sostiene la sentenza del
Tribunale civile di Milano (favorevole a un giornalista sardo e al suo
direttore) sulla questione dell’uso distorto di cause penali e civili al fine
di intimidire e mettere il bavaglio alla stampa.
Nel caso particolare, il
giudice milanese ha ritenuto che Paolo Carta (giornalista de L’Unione Sarda e
consigliere nazionale dell’Ordine), l’allora direttore del quotidiano Paolo
Figus e L’Unione Sarda S. p. A. debbano essere risarciti da una società che li
aveva querelati, chiedendo 500 mila euro, per l’inchiesta di Carta
sull’inquinamento causato dalle esercitazioni del Poligono di Quirra. L’Ordine
dei giornalisti della Sardegna e l’Associazione della stampa sarda, in un
comunicato congiunto dei rispettivi presidenti Filippo Peretti e Celestino
Tabasso, hanno espresso “grande soddisfazione”. “La sentenza di Milano – hanno
detto – segna un punto importante di cui si avvertiva il bisogno, sia perché le
querele temerarie stanno nel concreto minacciando la libertà di informazione e
la stabilità delle aziende editoriali, sia perché il generale progetto di
riforma della legge sulla stampa, all’esame del Parlamento, non appare
orientato a favorire il ruolo che compete al giornalista in un sano sistema
democratico”. 5 marzo 2015
UNCI- GRUPPO CRONISTI SARDI, SU LITI TEMERARIE
Finalmente una sentenza che punisce le liti temerarie, le
cause intentate contro i giornalisti al solo scopo di intimidirli. Nei giorni
scorsi il Tribunale di Milano ha emesso una sentenza importantissima in materia
di diritto di cronaca: un giornalista de L’Unione sarda, consigliere nazionale
dell’Ordine dei giornalisti, e il direttore del quotidiano sardo saranno
risarciti da una società che chiedeva centinaia di migliaia di euro di
risarcimento per articoli legati all’inchiesta sul caso Quirra, una vicenda di
inquinamento ambientale legata alle esercitazioni nel poligono militare. L’Unci
esprime grande soddisfazione per la sentenza del Tribunale di Milano. Da tempo
l’Unione cronisti avverte sulla pericolosità delle cause civili intentate al
solo scopo di mettere il bavaglio alla stampa. 6 marzo 2015
Maria Francesca Chiappe (coordinatore gruppo cronisti sardi)
Guido Columba (presidente Unci)
DIFFAMAZIONE. DUNQUE GLI ABUSI SI POSSONO SANZIONARE. IL
CASO “UNIONE SARDA”
Nella causa sul poligono di Salto di Quirra il giudice ha
applicato il 3° comma dell’art. 96 C.p.c. finora inapplicato. Come ha
quantificato l’indennizzo.
Non conosco il giudice Anna Cattaneo del Tribunale Civile di Milano, ma voglio
idealmente stringerle la mano e ringraziarla a nome di tutti i giornalisti che
subiscono cause pretestuose per diffamazione, e a nome dei cittadini ai quali
si nega il diritto di conoscere informazioni di grande interesse pubblico
abusando platealmente del diritto di difendere la propria reputazione.
Il 28 febbraio il giudice Cattaneo ha emesso una sentenza esemplare: ha
prosciolto il giornalista Paolo Carta dall’accusa di diffamazione a mezzo
stampa riconoscendo l’assoluta correttezza del suo operato e, contestualmente,
ha condannato il Gruppo Internazionale SGS, che gli aveva ingiustamente chiesto
un risarcimento di 500mila euro, a versargli un indennizzo di 18mila euro.
Per imporre questo indennizzo il giudice ha applicato il terzo comma
dell’articolo 96 del codice di procedura civile, un codicillo dormiente fin dal
2009, inapplicato fin da quando fu introdotto, in recepimento di una normativa
comunitaria che intende reprimere e scoraggiare i comportamenti di chi si
rivolge alla giustizia per chiedere la riparazione di un torto pur sapendo di
non averlo subito. Finalmente, di fronte all’abuso sempre più frequente delle
cause civili per diffamazione a mezzo stampa, che nel nostro paese sono una
vera piaga, un giudice italiano ha avuto il coraggio di applicare questa norma.
Non è un caso che sia stato un giudice del Tribunale Civile di Milano a
superare le esitazioni, a sciogliere il nodo gordiano. Questo Tribunale studia
da tempo il modo di applicare la norma risolvendo il problemino che finora l’ha
resa di difficile attuazione: la mancanza nel testo del codice dei parametri
con i quali determinare l’entità dell’indennizzo da assegnare in via
equitativa. Questo è il problema, il 9 aprile 2011, al Circolo della Stampa di
Milano nel corso di un convegno organizzato con la collaborazione
dell’osservatorio Ossigeno per l’Informazione e di Stampa Democratica, il
giudice Roberto Bichi, presidente della prima sezione del Tribunale Civile di
Milano, quella che si occupa di citazioni per danni.
Dunque già quattro anni fa i giudici di Milano studiavamo il modo di risolvere
il problema, di trovare parametri tali da rendere l’indennizzo una norma
deterrente efficace e allo stesso tempo non troppo onerosa. Nella sentenza del
28 febbraio il parametro è stato fissato nel doppio dell’importo delle spese
legali sostenute dal convenuto e addebitate all’attore della causa.
Si può discutere dell’efficacia deterrente e dell’effetto equitativo di
siffatta parametrazione, e sarà bene farlo. Ma è fuor di dubbio che la sentenza
di Milano, per il fatto stesso che ha trovato il modo di applicare
concretamente una norma ritenuta inapplicabile, il terzo comma dell’articolo 96
del c.p.c., avrà un effetto che andrà al di là del caso concreto.
La sentenza dimostra che contro le cause temerarie esistono strumenti giuridici
utilizzabili e, io credo, farà scoprire che nei nostri codici ci sono
deterrenti applicabili anche contro le querele pretestuose. Si troveranno se
solo si vorrà riflettere sul vero significato del termine ‘querela temeraria’ e
sulle circostanze che permettono di perseguire per calunnia chi accusa
falsamente di aver commesso il reato di diffamazione a mezzo stampa. Su queste
questioni si riflette da tempo girando intorno al problema e aspetti
vergognosi, come diceva il non dimenticato avvocato Oreste Flammini Minuto. È
importante che si riattivino queste riflessioni mentre il Parlamento discute
(ormai da tre anni) senza giungere a conclusioni concrete sul modo di rendere
meno punitiva per i giornalisti la normativa sulla diffamazione a mezzo stampa.
Ci sono altri aspetti interessanti nella sentenza sul caso dell’Unione Sarda.
Mi auguro che siano i giuristi a sottolinearli. di Alberto
Spampinato da Ossigeno per l’informazione del 9 marzo 2015