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I giudici della Corte costituzionale (Foto: ImagoEconomica)
Emittenza locale 15 Apr 2025

Tv locali, la Consulta: «Assegnare il 95% dei contributi pubblici alle prime 100 non viola il pluralismo»

L'attuale sfida dell'informazione - evidenziano i giudici - non riguarda tanto l'ulteriore moltiplicazione delle già numerose voci che si fanno sentire nella sfera pubblica, quanto la salvaguardia della qualità dell'informazione medesima, rispetto alla quale fondamentale è il ruolo dei giornalisti.

La Consulta ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale in materia di contribuzione pubblica alle emittenti televisive locali che assegna il 95% delle risorse alle prime cento tv locali in graduatoria e per il restante 5% a quelle in posizione successiva. Ciò non viola i princìpi del pluralismo informativo e della concorrenza.

L'attuale sfida dell'informazione - evidenzia la Corte - non riguarda tanto la ulteriore moltiplicazione delle già numerose voci che si fanno sentire nella sfera pubblica, quanto la salvaguardia della qualità dell'informazione medesima, rispetto alla quale fondamentale è il ruolo dei giornalisti.

In particolare, nella sentenza n. 44 depositata martedì 15 aprile 2025 e originata da un ricorso del Consiglio di Stato, la Consulta ha escluso, in primo luogo, la violazione dell'articolo 77 della Costituzione e violazioni del principio di ragionevolezza e di quello di non interferenza con l'esercizio del potere giurisdizionale.

Quindi, la Corte ha ritenuto che la disposizione che ha 'legificato' il cosiddetto scalino preferenziale - in forza del quale i contributi stanziati in favore delle emittenti televisive locali sono attribuiti per il 95% alle prime cento in graduatoria e per il restante 5% a quelle collocatesi in posizione successiva - non violi i princìpi del pluralismo informativo e della concorrenza.

«L'ecosistema dell'informazione - si legge nella sentenza datata 25 febbraio 2025 - è radicalmente mutato, risultando ora caratterizzato, a qualsiasi livello (locale, nazionale e globale), sia dall'eliminazione delle barriere di ordine tecnico alla moltiplicazione dei produttori e distributori di informazione sia dalla diminuzione dei costi economici inerenti a tali attività» e soprattutto «vale il rilievo che la quantità di informazioni e di differenti punti di vista disponibili si è accresciuta enormemente grazie ad internet».

Quantità che però, ammonisce la Consulta, «si accompagna a una crisi di qualità dell'informazione».

Si tratta di trasformazioni che plasmano il significato stesso di pluralismo dell'informazione e, di conseguenza, «la declinazione delle concrete modalità della sua tutela, che sono sempre state, nella giurisprudenza di questa Corte, raccordate allo specifico contesto in cui l'informazione si situava».

In definitiva, per i giudici «l'attuale sfida dell'informazione non riguarda tanto la ulteriore moltiplicazione delle già numerose voci che si fanno sentire nella sfera pubblica, quanto la salvaguardia della qualità dell'informazione medesima».

Qualità che «può essere assicurata - conclude la Corte costituzionale - dando risalto alla funzione dei giornalisti operanti entro strutture dotate di una consistenza organizzativa e tecnologica tale da permettere il vaglio critico delle notizie, le inchieste e le analisi». (mf)

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