“L’editorialista del Corriere della Sera, Francesco Giavazzi, sostiene nel fondo pubblicato oggi dal quotidiano, una tesi davvero singolare sugli scioperi dei giornalisti, nell’ambito di un ragionamento sui “fannulloni” della pubblica amministrazione. Lascio ad altri rispondere alle considerazioni relative agli eccessivi costi dei dipendenti pubblici, dagli ospedalieri alle forze di polizia, anche se da cittadino mi riesce difficile annoverare l’intera categoria dei dipendenti dello Stato tra i “furbi e fannulloni”. Ritengo però ingiusto e fuorviante sostenere che i giornalisti stiano lottando duramente solo per rivendicare i soldi dei contributi pubblici all’editoria.
Da quando lo Stato corrisponde provvidenze ai giornali, i giornalisti non hanno visto una lira prima e un euro oggi, nemmeno quei soldi che dovrebbero derivare dalla legislazione europea sul diritto d’autore. I giornalisti scioperano per difendere il diritto dei colleghi freelance e precari ad avere una retribuzione dignitosa e tutele elementari, scioperano per difendere il diritto all’indipendenza della professione, a regole definite in cento anni di storia del contratto di categoria, a governare il mercato e l’organizzazione del lavoro giornalistico. La finanziaria, se la tesi di Giavazzi convincerà l’On. Prodi, può cancellare gli aiuti e persino il dipartimento all’editoria della Presidenza del Consiglio, se le istituzioni ritengono che il settore possa essere lasciato soltanto nelle mani dei gruppi editoriali più ricchi. Di certo ciò non avrebbe alcuna conseguenza su una vertenza che ha per protagonisti editori e giornalisti. Giavazzi faccia il suo mestiere di studioso, eviti luoghi comuni e si rivolga a quegli editori che denunciano utili di miliardi di euro e nello stesso tempo negano l’apertura stessa del negoziato contrattuale”