Due mesi di condanna per concorso morale in violenza aggravata e occupazione di terreni. Questa volta non parliamo di giornalisti, alcuni dei quali pure sono stati di recente condannati per il loro lavoro in Val di Susa. Né dello scrittore Erri De Luca, forse il volto più noto delle vicende giudiziarie legate al tanto contestato cantiere.
Questa volta a finire sotto il martello del giudice è una studentessa universitaria, Roberta Chiroli, la cui colpa è stata quella di seguire una manifestazione del movimento NoTav e di aver raccontato quel che ha visto usando nella sua tesi di laurea, come ha scritto il pm nella requisitoria, il “noi partecipativo”.
I fatti risalgono al 2013. La studentessa dell’ateneo Ca’ Foscari di Venezia, insieme ad una dottoranda dell’Università degli studi della Calabria, segue una manifestazione di attivisti e di ritorno dal corteo entrambe vengono identificate dalla polizia.
Sulla base di quelle identificazioni il sostituto procuratore di Torino Antonio Rinaudo indaga sia la laureanda che la dottoranda ed entrambe vengono poi rinviate a giudizio. Per chiudere il cerchio mercoledì scorso, come riporta il Fattoquotidiano.it, il gup Roberto Ruscello ha condannato la prima e assolto la seconda.
Tutto questo è inaccettabile perché ha a che fare con la libertà di espressione. E con la libertà di manifestare. È assurdo che si possa essere condannati per aver scritto una tesi di laurea, tanto più se i fatti dimostrano l’estraneità dell’autrice ad ogni reato. Essere presenti dove si svolgono i fatti è un tratto essenziale del lavoro dei giornalisti, come lo è del lavoro di uno studioso che voglia approfondire con rigore il tema della sua analisi. Ma se si parla di NoTav evidentemente non c’è diritto che tenga.