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Giornalisti 09 Apr 2014

"Natura e limiti dei Probiviri nel Sindacato dei giornalisti"

“Il ruolo dei probiviri nel contesto della disciplina sindacale è stato affrontato e discusso ieri, 8 aprile, in una giornata di studio nella sala Tobagi della Federazione Nazionale della Stampa Italiana a Roma. All’incontro, promosso dal Collegio Nazionale dei Probiviri della Fnsi e al quale il Comitato tecnico scientifico dell’Ordine ha assegnato quattro crediti formativi, hanno partecipato i Collegi probivirali regionali, rappresentanti delle Associazioni regionali di stampa e membri di alcuni comitati di redazione. L’incontro ha toccato i temi della deontologia nel rapporto con la giustizia ordinaria e con i molteplici risvolti che investono il mondo del lavoro giornalistico anche in rapporto allo sviluppo tecnologico che caratterizza oggi il panorama editoriale.

“Il ruolo dei probiviri nel contesto della disciplina sindacale è stato affrontato e discusso ieri, 8 aprile, in una giornata di studio nella sala Tobagi della Federazione Nazionale della Stampa Italiana a Roma. All’incontro, promosso dal Collegio Nazionale dei Probiviri della Fnsi e al quale il Comitato tecnico scientifico dell’Ordine ha assegnato quattro crediti formativi, hanno partecipato i Collegi probivirali regionali, rappresentanti delle Associazioni regionali di stampa e membri di alcuni comitati di redazione. L’incontro ha toccato i temi della deontologia nel rapporto con la giustizia ordinaria e con i molteplici risvolti che investono il mondo del lavoro giornalistico anche in rapporto allo sviluppo tecnologico che caratterizza oggi il panorama editoriale.

In primo piano, ovviamente, il filo diretto rappresentato dalla deontologia che lega il mondo sindacale con il mondo ordinistico.
Il dibattito si è svolto sulla base delle relazioni dell’Avv. Bruno Del Vecchio, esperto in diritto dell’informazione e della comunicazione, del Vice presidente del Consiglio di disciplina, Elio Donno, e del Collegio nazionale dei probiviri, illustrata dal Presidente, Toni Cembran.
In apertura hanno parlato il Presidente della Fnsi, Giovanni Rossi, e il Segretario generale, Franco Siddi, che hanno condiviso l’importanza di una riflessione attorno al mondo delicato dei rapporti associativi in un momento di particolare intensità problematica che l’informazione vive sui posti di lavoro.
Dal confronto che ne è seguito è emersa fra l’altro l’opportunità di armonizzare l’interpretazione di determinate norme pur restando salva l’autonomia statutaria dei singoli organismi e anche prospettive di aggiornamenti normativi che potranno essere valutati in sede congressuale.” Roma, 9 aprile 2014

 

LA RELAZIONE DEL PRESIDENTE DEL COLLEGIO NAZIONALE PROBIVIRI, ANTONIO CEMBRIAN ALLA GIORNATA DI STUDIO

“Ci sono tanti perché all’origine di questa giornata di studio, tanti perché legati alla complessità delle situazioni che, all’interno dei nostri rapporti di lavoro, vanno sfumando antiche certezze e lontane virtù. La velocità del giornalismo, scritto e parlato, se da un lato ha tolto romanticismo al vecchio artigianato di redazione, dall’altro è andata via via determinando un nuovo ordine di comportamenti.
In altre parole il nuovo mondo dell’informazione ha prodotto problemi inaspettati, frutto di orizzonti editoriali e redazionali inediti o impensati, cosicché l’universo consolidato delle vecchie regole ha subìto l’impatto con un nuovo pianeta che impone altri e diversi punti di riferimento.
C’è il pericolo di un uso distorto delle tecnologie, che potrebbe intaccare i princìpi fondanti che regolano il rapporto giornalista-lettore, come l’affidarsi eccessivamente al Web quale fornitore di notizie, cosa che può indurre a dare per fonte privilegiata e, ancor peggio, ufficiale ciò che invece non è, portando di conseguenza a male informare o addirittura a influenzare l’opinione pubblica in un modo anziché in un altro, mentre ben sappiamo che le notizie vanno sempre nettamente distinte dalle opinioni e dai commenti. Non si vuol dire con questo che succeda, ma la tentazione può esistere.
Noi siamo convinti che la rete offra occasioni prima impensate, purché nel giornalismo resti sempre l’uomo al centro dell’attenzione e non il pettegolezzo sull’uomo, cosa che potrebbe capitare dando eccessivo credito, per esempio, ai cinguettii di Twitter o alle discussioni da piazza di Facebook. Importante è ricordare che se nell’era digitale cambiano i mezzi, nell’era digitale non cambiano i canoni dell’etica e della deontologia. Invece il moltiplicarsi oggi, grazie alle tecnologie, di varie forme di informazione moltiplica ovviamente la possibilità di contenziosi che non sempre è facile far rientrare entro i confini delle regole finora stabilite dalle nostre Carte. Perché ovviamente una cosa è la violazione della legge, un’altra è quella delle Carte che permettono anche di essere non piegate, ma interpretate secondo le circostanze.
Come si vede un tema che non sorge oggi se già nel 1989, parlando al Congresso di Bormio, l’allora presidente del Collegio nazionale dei probiviri, Favret, avvertiva l’urgenza di una riflessione attorno ad un ruolo – quello dei probiviri appunto – destinato a continue verifiche “perché tanto più incalzanti diventano le offerte di informazione alimentate dallo sviluppo delle tecnologie, tanto più si affina il gusto del lettore e, maturando, il destinatario del nostro lavoro acquista via via maggiori capacità di giudizio e di critica e vuole chiarezza e deve credere nella genuinità” di quello che facciamo. Oggi, a grande distanza da quel Congresso, il Collegio nazionale dei probiviri riprende il filo dei ragionamenti, peraltro mai interrotto ma mai proposto in termini di riflessione organizzata, rivolgendosi ai Collegi regionali e ai colleghi in qualche modo e a vario titolo coinvolti nel mondo della cosiddetta deontologia sindacale. E’ peraltro un’esigenza che trova conferma in segnali di disagio da parte di qualche Collegio regionale alla lettura di nostre decisioni. Crediamo che la risposta più seria e più utile alla causa comune sia quella del dialogo costruttivo, senza nulla togliere al Congresso che lo Statuto indica come sede privilegiata per il confronto su questi temi. Lì si fa il punto dell’attività del Collegio nazionale, che può essere anche il risultato di dibattiti maturati lungo la strada fra un Congresso e l’altro.

IL RICORSO VERO PROTAGONISTA - Perché facciamo questo discorso? Perché ogni ricorso che il Collegio affronta è diverso da quello esaminato il giorno prima, magari tutti uguali nell’apparenza e pure nella sostanza, ma ognuno con caratteristiche tali da richiedere letture diverse, il che vuol dire capacità di armonizzare ogni singola circostanza con gli strumenti operativi, vale a dire statuti e regolamenti. Ecco perché parliamo di ruolo dei probiviri, di natura e limiti, di settori di competenza, di raggio d’intervento e così via.
Prima di affrontare un ricorso dobbiamo chiederci sempre qual è il nostro ruolo. Sempre, in ogni momento, in ogni fase delle nostre istruttorie, perché ogni ricorso nasconde una storia personale, ogni sanzione può diventare una sconfitta umana oltre che professionale per il collega che la riceve. Va tutto ponderato, misurato, dibattuto. Anche se riferita ad una stessa materia, una situazione non è mai uguale all’altra, ma questo vuol forse dire che avrebbe diritto ad avere una sua regola fatta su misura? Non è questo ovviamente il problema. Ci sono infinite pieghe nella realtà del lavoro di redazione e basta a volte poco per allontanare una situazione da un modello prestabilito, da una categoria prefissata. E allora che si fa? Una norma, pur nella sua formulazione lineare, è sempre difficile da leggere, da interpretare. Non tenere conto delle tante sfaccettature di una vicenda vuol dire ignorare l’essenza della professione giornalistica che vive oggi in molteplici forme.
Il Collegio dei probiviri non è un mero lettore e interprete di norme, è infatti anche interprete dei comportamenti. Il suo campo d’azione è dunque più ampio, è complessivo e complesso, i suoi ragionamenti devono essere finalizzati a questo principio guida che è la nostra bussola. Se non si tiene conto di questa bussola ha poco senso l’esistenza dei probiviri. Non c’è bisogno dei probiviri per decidere se c’è una violazione di Statuto e per sancire di conseguenza l’applicazione di una sanzione, per questo sarebbe sufficiente un giudice terzo (anche avulso dalla vita del Sindacato, non una sua parte attiva che ne condivida e ne difenda i principi generali come è per i nostri Collegi pur nella piena autonomia e indipendenza del loro operato per Statuto insindacabile) sarebbe sufficiente cioè un lettore terzo che dica: guarda che hai violato lo Statuto.
I probiviri guardano oltre, entrano nello spirito della norma, devono andare al di là della lettera e qui il problema diventa sottile, può apparire anche contraddittorio, non si dice della pretesa di entrare nell’intimo di un collega per indagarne i moti dell’anima e del pensiero, come in una specie di algoritmo che riveli la vera spinta che ha determinato quel comportamento e non un altro. Non è questo che si cerca, ma un’analisi la più profonda possibile, con la capacità di riconoscere le attenuanti o le aggravanti usando spirito critico, buonsenso, equilibrio, vale a dire tutte le armi della cultura giornalistico-sindacale e non, di cui deve essere capace un Collegio rappresentativo di tutte le realtà geografiche e di tutte le anime associative del Sindacato. Ed è appunto quando si ritiene violato lo spirito di appartenenza al Sindacato che ci si rivolge ai probiviri. Pesano le violazioni nocive per il Sindacato. Ciò che conta in definitiva è verificare se c’è uso distorto e in malafede dei principi generali che stanno alla base della disciplina sindacale.

I PROBIVIRI COME GIUDICI CONCILIATORI - La sensazione di questo Collegio è che il mondo giornalistico – per gli aspetti sindacali che ci riguardano e solo per quelli – sia cresciuto in modo tale da attenuare i tradizionali riferimenti di autodisciplina, rendendo sempre più difficile la convivenza, esasperando i conflitti interni alle redazioni, alimentando climi di litigiosità per cui il ricorso ai probiviri diventa troppo spesso l’unica via d’uscita per risolvere questioni altrimenti rinviabili ad un’etica individuale che talvolta è fin troppo attenuata. Per cui questo appello alle regole diventa più pressante proprio in un’epoca in cui sembra farsi strada, al contrario, una richiesta di alleggerimento normativo, una sorta di deregulation che si sta insinuando in tutti i settori del vivere quotidiano.
Eppure non dovrebbe essere difficile, per quanto riguarda il nostro mondo, riuscire a saldare le norme di Statuto con un dialogo con i protagonisti delle “controversie” (così lo Statuto definisce l’ambito d’intervento dei probiviri). E’ a portata di mano, se si vuole, un correttivo che ha precedenti significativi nella lunga vicenda storica del Collegio nazionale quando, ad esempio, nel settembre 1944, affrontando un ricorso del giornalista Vittorio Statera che denunciava un trattamento diffamatorio da parte del giornale satirico Cantachiaro nella rubrica “Sottovoce” firmata dal giornalista Franco Monicelli, il Collegio dà mandato al suo presidente di prendere contatto con le parti in lite “in forma confidenziale e con spirito di amichevole trattativa”. Lo Statera si era lamentato del fatto che l’attacco del Cantachiaro gli aveva precluso la via per sistemarsi nella professione ed aveva chiesto pertanto un giudizio arbitrale. La vertenza si risolverà onorevolmente dopo il richiamo dei probiviri al buonsenso: “la stampa non può essere libera se non si fa rispettare e non può farsi rispettare se non rispetta se stessa. E’ nel suo stesso interesse tenere alto il prestigio dei propri Organi professionali”.
E’ chiara l’opera di mediazione che appare come una competenza specifica del Collegio, non contemplata nello Statuto dell’epoca ed oggi presente in forma marginale e a livello di Regolamento come possibilità affidata unicamente alla richiesta delle parti. Questo esempio storico di mediazione, di intervento al di là dei meccanismi tecnici di una controversia, propone già un’ipotesi di arricchimento dello Statuto che potremmo definire di giudice conciliatore. Ciò che avviene anche ai nostri giorni da parte di quale Collegio regionale che già segue questo interessante percorso.

DEONTOLOGIA SINDACALE - Detto questo, il nostro Statuto affida ai probiviri il compito di regolare le “controversie” (intese come dispute, divergenze di idee, mentre in passato, stando all’ossatura storica dei Collegi probivirali, erano intese anche come vertenze di lavoro) “relative sia alla disciplina associativa e sindacale sia al comportamento degli iscritti non conforme alle regole della correttezza professionale e tale da ledere il prestigio dell’organizzazione” (art. 28). Altro non si dice sulla competenza del Collegio in materia disciplinare, salvo concedergli spazio due articoli dopo per formulare pareri su questioni di indole morale, di etica professionale e di natura sindacale, ancorché non proposti in primo grado, vale a dire in forma autonoma, non legati a un ben definito ricorso.
Si sa però che la materia deontologica sta per legge in capo all’Ordine. E’ ben vero che qui il tema deontologico è posto in un’ottica sindacale, cioè nell’ambito esclusivo dei rapporti di lavoro, ma questo vuol dire che un comportamento censurabile sotto l’aspetto deontologico è sottoposto a una doppia lettura e non sempre il confine fra le due situazioni - deontologia in senso generale e deontologia applicata ai rapporti sindacali – è netto e ben riconoscibile.
E’ forse questo il punto da cui partire. Direi che questa giornata è un momento di passaggio di un dialogo già in corso fra il Nazionale e i Collegi regionali. Si trattava solo di portarlo alla luce, di renderlo più operativo, più propositivo. C’è una gran quantità di interrogativi attorno al nostro lavoro comune, alcuni di ordine pratico, di aggiornamento o di armonizzazione delle norme per evitare incomprensioni fra i due livelli, ma anche di altro tipo, perché talvolta i giudizi di primo grado sono determinati o condizionati da realtà locali non sempre percepibili in tutto il loro significato dal Collegio nazionale.
Un tema infinito è poi quello del limite delle competenze sul terreno dei rapporti di lavoro. Vanno definite anche le regole di principio per l’elezione del CdR, le procedure di scrutinio, le procedure che precedono il voto, vanno fissate le incompatibilità di incarico nelle Commissioni elettorali per evitare i troppo frequenti contenziosi. Bisogna sapere fin dove la mancanza di regole scritte può rendere legittimo il ricorso alla prassi. C’è poi il problema sottile della clausola compromissoria, rispetto alla quale il Collegio nazionale si è regolato finora proprio sulla base di un parere di Del Vecchio, in assenza di precisi riferimenti di Statuto. Questa, insomma, è solo la punta dell’iceberg, mentre molti altri interrogativi usciranno certamente dal confronto di oggi.
Un contributo prezioso all’evoluzione della giurisprudenza probivirale – ma non è l’unico – è venuto ad esempio dal Collegio della Romana sul tema della incompetenza da noi dichiarata, in un recente lodo, a decidere su questioni di lavoro. Tema che ha sollevato con spirito costruttivo il collega Cionti, presidente di quel Collegio, proprio nell’ottica della costante evoluzione e del cambiamento in atto nella nostra professione e al di là di norme che – rubo le parole a Cionti – ci portano a “decidere di non decidere”.
La speranza è che da questo dibattito possa uscire un profilo aggiornato della figura del proboviro e qualche necessario restauro dello Statuto al quale sta lavorando l’intero Collegio, per la parte relativa alla vita dei probiviri, sia ben chiaro, (vale a dire 4 articoli di Statuto e 12 di Regolamento) con il coordinamento di Pier Paolo Cioni, mentre Marco Volpati sta raccogliendo le idee per il secondo quaderno di giurisprudenza in vista del prossimo Congresso, continuando nell’esperienza aperta da Romolo Acampora nel precedente Collegio nazionale. Le premesse sono di largo raggio, come si vede, sono di concetto ma anche di praticità, è l’occasione di interrogarsi sul futuro. Ci sarà forse bisogno di camminare assieme per un po’ cercando di uniformare, lì dove è possibile, di trovare un’armonia di intenti e di princìpi (che è quello che serve al Sindacato e a cui il convegno vuole contribuire senza pretesa di dire parole definitive), di approfondire in definitiva un discorso di cultura dell’associazionismo e dello stare insieme, che è nello spirito del nostro Sindacato.

 

L’INTUIZIONE DI LUIGI CESANA

di Giancarlo Tartaglia

IL Collegio dei Probiviri, ovvero l’esigenza di dare vita all’interno della categoria ad un organismo che potesse dirimere le controversie tra colleghi, è stato l’elemento fondativo da cui hanno tratto origine le Associazioni Regionali e la stessa Federazione Nazionale della Stampa. La prima esperienza associativa, come è noto, è stata quella dell’Associazione Periodica della Stampa Italiana, antesignana della “Romana”, costituita nel 1877 a soli 7 anni di distanza dalla breccia di Porta Pia e dalla proclamazione di Roma capitale, con il relativo trasferimento sulle sponde del Tevere non solo del potere politico, Monarchia, Governo, Camera e Senato ma anche del “quarto potere”, con la nascita di numerosi giornali e il trasferimento da Milano, Torino e Firenze di altre storiche testate. La comunità giornalistica romana, anche per il suo numero consistente e crescente, sentì subito il bisogno di avere al suo interno una struttura di riferimento, un organo giudicante, che potesse velocemente “fare giustizia” nelle dispute giornalistiche. L’occasione, casuale, fu fornita dallo scontro tra un giornalista del Fanfulla, Felice Albanese e l’onorevole Paolo Pietrantoni, anch’egli giornalista. L’Albanese sulle pagine del suo giornale aveva ironizzato in termini pesanti nei confronti dell’onorevole Pietrantoni, che era genero del Ministro della Giustizia Pasquale Stanislao Mancini. Il Pietrantoni, in risposta, aveva schiaffeggiato l’Albanese e da questo “oltraggio” era nata l’ennesima sfida a duello. Il caso non era certamente il primo, ma fu quell’ultima goccia che indusse i giornalisti romani a ricercare una soluzione che potesse evitare di risolvere le questioni d’onore sul terreno del duello. Artefice dell’iniziativa fu il fondatore e direttore del Messaggero, Luigi Cesana, all’epoca direttore de Il Diritto, e cosi, da un’assemblea del 20 maggio del 1877 nacque l’idea di costituire un Giurì d’onore, al quale tutti i giornalisti avrebbero avuto la possibilità di ricorrere in presenza di una reale o presunta offesa giornalistica di un collega, per ottenere “giustizia” ed evitare il giudizio delle armi.
E’, perciò, proprio da questo primo Collegio probivirale che si può datare la nascita delle nostre organizzazioni. Intorno al Giurì nacque, infatti, l’Associazione della Stampa Periodica con l’intento, come ricorderà Eugenio Ferro animatore della nuova associazione, di chiudere “il periodo del monadismo e dell’anonimia della nostra stampa periodica” e aprire “quello di un suo recapito e di una sua ragione sociale”.
Vale la pena, in questa sede, ricordare che quel primo Giurì, chiamato Corte d’onore, era presieduto da Silvio Spaventa ed era composto da esponenti prestigiosi del mondo giornalistico-politico e della cultura giuridica, con il compito di dirimere attraverso i propri lodi le dispute “in occasioni di polemiche giornalistiche” ed anche di intervenire, su richiesta di parte, per verificare se le polemiche di stampa avessero ecceduto rispetto ai canoni della comune deontologia professionale.
Se quel lontano Giurì può essere considerato il padre delle nostre attuali forme associative, anche il contratto collettivo di lavoro, a ben vedere, affonda le sue origini in una matrice probivirale.
Quando infatti nel 1893, nella pressoché totale assenza di norme legislative per regolamentare e tutelare il lavoro, il Parlamento italiano approvò una legge che prevedeva la possibilità di costituire nelle aziende industriali collegi probivirali per dirimere contenziosi tra singolo lavoratore e datore di lavoro, inerenti il rapporto di lavoro, l’Associazione della Stampa Periodica, seguita dall’Associazione Lombarda dei Giornalisti, costituitasi nel 1890, e successivamente dalle altre Associazioni territoriali che erano sorte spontaneamente nei principali capoluoghi di regione, diede vita, d’intesa con gli editori, ad un Collegio probivirale che aveva lo scopo di poter individuare soluzioni in presenza di vertenzialità tra un singolo giornalista e il suo editore. Ogni giornalista poteva ricorrervi qualora ritenesse violato un suo diritto. L’attività di questo Collegio probivirale, come quello delle altre Associazioni, ha costituito per decenni l’attività principale delle organizzazioni giornalistiche. Grazie al loro lavoro furono gettate le prime basi di un corpo normativo per la regolamentazione del rapporto di lavoro di categoria. E’ da una sentenza probivirale, per esempio, che nacque il diritto a percepire una “indennità fissa” al momento della risoluzione del rapporto legata alla qualifica di appartenenza. E’ sempre una sentenza probivirale che stabiliva il diritto del giornalista di poter collaborare anche con un'altra testata, purché nei limiti di fedeltà alla testata di appartenenza.
La rilevanza di quella giurisprudenza probivirale si evince anche dalla ripetuta pubblicazione di consistenti massimari dei loro lodi, che rappresentavano nel loro insieme un codice del lavoro giornalistico. Quando all’interno della categoria emerse l’esigenza di arrivare ad una regolamentazione contrattuale, prevalse in prima battuta la prospettiva legislativa, ovvero la possibilità di regolamentare il lavoro giornalistico attraverso una legge dello Stato. Ne erano sostenitori giuristi illustri come il Filomusi-Guelfi, che vi lavorò con passione, e giornalisti politici, come Luigi Luzzatti, presidente dell’Associazione Romana che fece presentare per ben due volte un progetto di legge in tal senso e che ripresentò una terza volta, proprio quando era presidente del Consiglio, dal suo Ministro di Grazia e Giustizia. Nonostante l’impegno di buona parte dei dirigenti associativi e federali, quel disegno non diventò mai legge. In molti, a quel punto, sostennero la possibilità di affidarsi completamente nella regolamentazione del lavoro ai lodi probivirali, seguendo la via del diritto anglosassone di Common Law. La via non fu mai abbandonata, anche quando nel 1910, dopo la nascita dell’Unione degli Editori, si affacciò l’ipotesi di un accordo contrattuale tra le due categorie. E in effetti il primo contratto di lavoro firmato nel 1911 dalla Federazione della Stampa con gli Editori, dal titolo “convenzione d’opera giornalistica”, se conteneva i primi embrionali articoli che fissavano gli incunaboli dei diritti del lavoro, riaffermava le competenze e la validità dei collegi probivirali. Competenze e validità che sono rimaste integre anche negli anni successivi quando a quella prima convenzione fu sostituito un vero e proprio contratto nazionale di lavoro giornalistico. Quei Collegi probivirali hanno continuato a lavorare e ad assicurare protezione e certezza di diritto a tutta la categoria fino all’alba del regime fascista, quando, alla fine del 1926, furono cancellati con un colpo di spugna insieme alla libera Federazione della Stampa e alle Associazioni Regionali e sostituite dallo Stato corporativo che il fascismo imponeva all’Italia.
La loro importanza è sempre stata riconosciuta ed apprezzata. Quando allo scoppio della grande guerra un giovane Mussolini, appena uscito dal Partito Socialista e dalla direzione dell’Avanti! abbracciò la causa dell’interventismo al fianco delle democrazie e contro gli imperi autocratici, fondando un nuovo quotidiano, Il Popolo d’Italia, per sostenere le sue nuove posizioni e si trovò di fronte all’accusa di indegnità morale per aver fatto ricorso a fonti finanziarie ignote e oscure, fece ricorso, per chiarire la sua posizione, al presidente del Collegio dei probiviri dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti, Oreste Poggio. Poteva rivolgersi alla Magistratura ordinaria o poteva richiedere il lodo arbitrale di chiunque altro. Scelse Oreste Poggio per il grande riconosciuto prestigio del Collegio dei probiviri della Lombarda.
Con la caduta del fascismo e il ritorno della libertà e della democrazia la Federazione della Stampa e le Associazioni regionali risorsero per unanime volontà di tutta la categoria che dopo un ventennio di dittatura voleva ancora riconoscersi nelle sue vecchie e gloriose strutture organizzative. Nel mutato quadro giuridico-legislativo, i Collegi probivirali non rientrarono più nella contrattazione collettiva che, dal 1947 in poi, ha regolamentato ogni aspetto del rapporto di lavoro giornalistico, definendo con puntualità diritti economici e normativi. Ma i collegi probivirali sono rimasti nella struttura federale e associativa. Ancora oggi essi rappresentano un momento alto e delicato della nostra vita collettiva. Non a caso lo statuto prevede che possano far parte del Collegio probivirale solo coloro che abbiano almeno 10 anni di anzianità professionale e pone il tassativo divieto per i probiviri di coprire qualsiasi altra carica in qualsiasi altro organismo centrale o periferico della Federazione e delle Associazioni. Due requisiti che sottolineano il valore che l’intera categoria riconosce a questo organismo.
La raccolta giurisprudenziale che con questa pubblicazione il Collegio Nazionale dei Probiviri offre al giornalismo italiano si richiama, indubbiamente, ai precedenti storici cui abbiamo brevemente accennato e vuole essere soprattutto uno strumento e un supporto per tutti quei giornalisti che vivono costantemente con adesione e passione la vita di un organizzazione sindacale che ha superato con successo i suoi 100 anni di vita e che guarda con immutata volontà unitaria al suo futuro.

 

MARTEDI’ 8 APRILE GIORNATA DI STUDIO NELLA SEDE DELLA FNSI
"NATURA E LIMITI DEI PROBIVIRI NEL SINDACATO DEI GIORNALISTI"

“Martedì 8 aprile nella sala Tobagi della Fnsi a partire dalle ore 9,30 si svolgerà la Giornata di studio promossa dal Collegio dei probiviri del Sindacato dei giornalisti italiani. I lavori saranno aperti dagli interventi del Presidente e del Segretario generale della Fnsi, Giovanni Rossi e Franco Siddi, e dalla relazione del Presidente del Collegio nazionale, Antonio Cembran.
Successivamente i lavori procederanno con relazioni tecniche dell’avvocato della Fnsi, Bruno Del Vecchio, e di Elio Donno, Vice Presidente del Consiglio di disciplina nazionale a cui seguirà il dibattito fino alle 16,30.
I colleghi che parteciperanno all’iniziativa potranno accedere a quattro crediti formativi in seguito al riconoscimento dell’iniziativa ottenuto dal Comitato tecnico dell’Ordine nazionale dei giornalisti”. Roma, 7 aprile 2014 Il Collegio Nazionale dei Probiviri, d’intesa con i vertici della FNSI, ha deciso di indire per il giorno 8 aprile 2014 una Giornata di studio e di confronto su Natura e limiti dei Probiviri nel Sindacato dei giornalisti. Lo scopo è sia pratico che teorico: verificare come si potrebbero aggiornare statuto e regolamento della Fnsi in tema di probiviri, definire il concetto di deontologia sindacale, evitare per quanto possibile incomprensioni tra il livello regionale e quello nazionale, rendere più preciso e trasparente il lavoro, evitare lungaggini e anche dubbi sulle interpretazioni che si danno dei doveri degli iscritti al sindacato.
Oggi, in presenza di una società giornalistica cresciuta a dismisura per la complessità delle situazioni e dei problemi che tutti conosciamo, la figura del Proboviro è sottoposta a continue e nuove sollecitazioni, perché più intensa è la conflittualità spesso alimentata da una difficile convivenza sui luoghi di lavoro. A ciò si aggiungono opportunità di armonizzare procedure a volte riferite a situazioni locali e in aperta antitesi con il quadro nazionale.
Nella giornata dell’8 aprile, che sarà aperta dal Presidente della Fnsi, Giovanni Rossi e dal Segretario generale Franco Siddi, saranno relatori ufficiali l’avv. Bruno Del Vecchio, esperto in diritto dell’informazione e della comunicazione, e il Vice Presidente del Consiglio di disciplina nazionale, Elio Donno, dopo una relazione introduttiva del Presidente del Collegio nazionale, Antonio Cembran. Quindi, il dibattito secondo l’ordine dei lavori che segue. Alla Giornata di studio, il Comitato Tecnico Scientifico dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, ha assegnato il riconoscimento di quattro crediti formativi. PROGRAMMA Roma, 8 aprile 2014 Sala Walter Tobagi, sede Fnsi - Corso V. Emanuele n. 349 - Probiviri: natura e limiti Giornata di Studio promossa dal Collegio Nazionale dei Probiviri

Ore 9.30 - Inizio lavori Interventi di apertura del Presidente Fnsi, Giovanni Rossi, e del Segretario generale, Franco Siddi Relazione introduttiva del Presidente del Collegio Nazionale, Antonio Cembran Ore 10,30 - Relazione dell’Avv. Bruno Del Vecchio, esperto in diritto dell’informazione e della comunicazione, sul tema: “Dai Probiviri alla giustizia ordinaria” Ore 11,00 - Relazione di Elio Donno, Vice Presidente del Consiglio di disciplina nazionale, sul tema: “Deontologia: regole di vita professionale” Ore 11,45 - Inizio dibattito Ore 13,30 - Buffet Ore 15,00 - Ripresa dei lavori e conclusioni Ore 16,30 - Chiusura della Giornata di Studio

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