La Federazione Internazionale dei Giornalisti (Ifj), l'Unione Nazionale dei Giornalisti (Nuj) nel Regno Unito e in Irlanda e il Sindacato dei Giornalisti Palestinesi (Pjs) sono tra i firmatari di una lettera aperta della coalizione "Red Line For Gaza" che chiede al governo del Regno Unito di esercitare pressioni sul governo israeliano affinché cessi di prendere di mira i giornalisti e revochi l'embargo sui media stranieri. Nella lettera, pubblicata sul sito web della Federazione internazionale martedì 5 agosto 2025, viene inoltre chiesta un'indagine sull'uccisione di giornalisti da parte delle forze israeliane e l'adozione di una convenzione Onu sulla sicurezza dei giornalisti. L'Ifj incoraggia i suoi membri a firmare la lettera a questo link.
Di seguito il testo della lettera:
Egregio Primo Ministro e Ministro degli Esteri,
scriviamo come giornalisti che credono nel potere della verità, nella sacralità della vita umana e nel ruolo essenziale di una stampa libera. Dobbiamo alzare collettivamente la voce per farci sentire. Il deliberato e sistematico attacco a giornalisti e operatori dei media a Gaza non è solo un attacco ai nostri colleghi. È un attacco alla verità stessa.
Al momento in cui scriviamo questa lettera, almeno 189 giornalisti e operatori dei media sono stati uccisi – tra cui 175 palestinesi – nella guerra in corso negli ultimi 21 mesi, secondo la Federazione Internazionale dei Giornalisti. A titolo di confronto, circa 60 sono stati uccisi durante la guerra del Vietnam. Molti sono morti mentre erano chiaramente identificati come membri della stampa. Alcuni sono stati uccisi insieme alle loro famiglie, nelle loro case.
Queste non sono statistiche. Sono esseri umani, che svolgono il loro lavoro in condizioni che pochi di noi nel Regno Unito potrebbero comprendere, e che testimoniano affinché il resto di noi possa comprendere l'enormità di ciò che sta accadendo.
Chiediamo al governo del Regno Unito di agire e di condannare inequivocabilmente gli attacchi contro giornalisti e operatori dei media a Gaza. Queste morti oltrepassano una linea rossa fondamentale. Il giornalismo non è un reato. L'informazione non è terrorismo. La cancellazione dei giornalisti non è un "danno collaterale": è un avvertimento al mondo, un segnale che nessuna verità è al sicuro e nessun testimone è benvenuto.
Mentre lavorano in zone di conflitto, giornalisti e operatori dei media sono civili e godono della protezione del diritto internazionale. Il Regno Unito afferma di sostenere la libertà di stampa, il diritto internazionale e i diritti umani. Questa posizione non può essere selettiva. Deve estendersi a Gaza. Ai giornalisti palestinesi. A tutti gli operatori dei media. A ogni civile che cerca di sopravvivere e a ogni voce che cerca di esprimersi.
Giornalisti e operatori dei media svolgono un ruolo fondamentale nel denunciare le atrocità e nel chiamare a rispondere le parti in conflitto. Ai giornalisti internazionali deve essere consentito l'accesso a Gaza per svolgere questo lavoro insieme ai loro colleghi palestinesi, in un momento in cui è più necessario. Il divieto imposto ai giornalisti e agli operatori dei media internazionali è un attacco alla verità. Il governo britannico deve impegnarsi per garantire che ai giornalisti internazionali sia consentito l'accesso e venga offerta loro la protezione dalle parti in conflitto, proprio come si aspetterebbero in qualsiasi altra parte del mondo.
La Gran Bretagna deve impegnarsi con coerenza a favore della libertà di stampa e del diritto internazionale ed esercitare una pressione significativa sulle autorità israeliane affinché consentano ai giornalisti di entrare e uscire da Gaza.
Non è una questione politica. È una questione di principio. Quando i giornalisti vengono assassinati impunemente, il mondo si fa più buio. I governi hanno il dovere di garantire che ciò non accada. Il governo del Regno Unito deve fare pressione affinché anche la Corte penale internazionale indaghi sugli attacchi ai giornalisti e affinché venga adottata una convenzione internazionale per la sicurezza dei giornalisti e degli operatori dei media.
Come giornalisti, ci viene insegnato a rimanere dietro le quinte. Ma quando i nostri colleghi vengono uccisi per averle raccontate, abbiamo il dovere di parlare.
Vi esortiamo ad ascoltare. Vi esortiamo ad agire.