«La chiusura per inagibilità della sala stampa della Questura di Roma non può diventare il pretesto per introdurre surrettiziamente un bavaglio alla stampa. La necessità di eseguire lavori di ristrutturazione non può giustificare comunicazioni di servizio, come quella inviata a tutti i cronisti accreditati, con la quale si pretende che i rapporti fra la stampa e i rappresentanti delle forze di polizia della Capitale avvengano esclusivamente per email o per telefono, per il tramite dell'ufficio stampa. Se in questo modo la Questura di Roma pensa di poter normalizzare i rapporti dei cronisti con le fonti delle notizie, riconducendoli ad un'ufficialità controllata degna di epoche storiche delle quali non si avverte alcuna nostalgia, si sbaglia. È pertanto auspicabile che il Questore riveda immediatamente questa disposizione e metta i cronisti nelle condizioni di esercitare liberamente e senza alcuna forma di controllo o di censura il proprio lavoro. Non si tratta soltanto di garantire il diritto di cronaca, ma di assicurare il diritto di tutti i cittadini ad essere informati».
Questa la posizione della Fnsi sulla vicenda della sala stampa della Questura sollevata ieri dal Sindacato cronisti romani che, «preoccupato da ogni segnale che rappresenti una difficoltà del rapporto tra forze dell'ordine e giornalisti», aveva già chiesto il ripristino del posto di lavoro dei cronisti sia il più sollecito possibile. Una postazione simbolo della democrazia assegnata ai cronisti romani subito dopo l'ultimo conflitto mondiale».
Nell'attesa della riapertura della sala cronisti, «anche i pochi colleghi con accredito permanente – si legge ancora sul sito web dell’associazione dei cronisti della Capitale – sono sottoposti a un controllo burocratico all'ufficio passi che non ha senso per giornalisti che hanno un rapporto quotidiano con le forze dell'ordine». E questo benché «agevolare il lavoro dei cronisti sia una necessità per il bene di tutti. Questa consapevolezza è stata una forza, in passato, nel rapporto tra cronisti e forze dell'ordine, vorremmo che lo fosse anche per il futuro», concludono i cronisti romani.