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Appuntamenti 02 Mar 2007

L’Assostampa Romana il giorno della festa delle donne ha organizzato per tutte le colleghe e i colleghi: “8 marzo: cronache di donne afgane”

Per una Festa senza confini i reportage delle giornaliste nel video di Daniela Binello “Ultime della classe” e nel libro di Tiziana Ferrario “Il vento di Kabul”, e un brindisi con “sambusặ”, “chai” e “baghlava” della Comunità afghana di Roma, Piazza della Torretta, 36 (I piano) giovedì 8 marzo ore 11,30

Per una Festa senza confini i reportage delle giornaliste nel video di Daniela Binello “Ultime della classe” e nel libro di Tiziana Ferrario “Il vento di Kabul”, e un brindisi con “sambusặ”, “chai” e “baghlava” della Comunità afghana di Roma, Piazza della Torretta, 36 (I piano) giovedì 8 marzo ore 11,30

La “questione afghana” squassa i palazzi della politica italiana: anche l’8 marzo, Festa delle Donne, può rappresentare un momento di approfondimento per capire cosa avviene in quell’angolo di mondo diventato così vicino per tutti noi. Lo facciamo attraverso il video-reportage di Daniela Binello, “Ultime della classe”, otto minuti “rubati” bel reparto maternità dell’ospedale di Herat, dove si muore ancora di parto, e con il racconto di Tiziana Ferrario, autrice di “Il vento di Kabul” (edito da Baldini Castoldi - Dalai), un viaggio per capire perché la pace e la stabilità siano ancora così lontane nella terra che ha ospitato Osama Bin Laden e i campi di addestramento di Al Qaeda. Insieme a noi ci saranno i rappresentanti della Comunità afghana di Roma, che ci daranno anche l’opportunità di assaggiare alcuni piatti tipici, i salati “sambusặ” e i dolci “baghlava”, brindando con il “chai”. Tiziana Ferrario Il vento di Kabul Un viaggio nell’Afghanistan del 2006, a quasi cinque anni dall’attacco alle Torri Gemelle, l’inizio della guerra al terrorismo e la caduta del regime dei talebani. Gli incontri con i suoi abitanti e con quelle donne che ancora oggi, nonostante siedano in Parlamento, continuano a essere cedute, scambiate, imprigionate, accusate di reati come l’adulterio o la fuga da casa. Un viaggio per capire perché la pace e la stabilità siano ancora così lontane nella terra che ha ospitato Osama Bin Laden e i campi di addestramento di Al Qaeda, nel Paese che la Casa Bianca considera un modello di «democrazia da esportazione», lo stesso che sta cercando di applicare in Medio Oriente. I marine americani e i soldati della Nato sono dispiegati in tutte le province, eppure la guerriglia talebana ha rialzato la testa e si è riorganizzata, mentre sono comparsi i kamikaze, realtà prima mai espressa dalla storia afghana, neppure durante i lunghi anni di guerra. L’Afghanistan dipende totalmente dagli aiuti internazionali, rimane il maggiore produttore di oppio al mondo ed è tuttora pieno di armi, con circa 1800 gruppi di milizie private. La libertà di stampa esiste solo sulla carta ed è costantemente nel mirino di giudici conservatori, pronti a imprigionare i giornalisti che violano i sacri principi dell’Islam. Dalla riflessione schietta e appassionata dell’autrice emerge il ritratto dell’Afghanistan come un caso non risolto. Un Paese in cui il concetto stesso di democrazia è messo in discussione di continuo dalle tradizioni di una società tribale. «I piedini nudi penzolavano dalle panche e toccavano il fango che invadeva tutto il cortile. Sono così belle le bambine afghane che ogni volta diventa difficile raccontare in televisione le condizioni disperate in cui vivono. I loro visi, i loro occhi verdi, i loro vestiti colorati riempiono le inquadrature e al montaggio tutto appare meno drammatico di quello che è. Ma i piedini nudi nel fango non sono finzione: sono, purtroppo, la tragica realtà.»

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