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Editoria 25 Mag 2010

Intercettazioni, l’editoriale del Direttore dell'Adige di Trento, Pierangelo Giovanetti, pubblicato sull’edizione di domenica 23 maggio

Alla vigilia di una manovra economica che metterà le mani nelle tasche degli italiani spremendo 27 miliardi di euro necessari per non fare sprofondare il Paese alla maniera della Grecia, l'attenzione del governo e della maggioranza che lo sostiene è tutta concentrata sulle intercettazioni, e sul decreto di legge Alfano che ne impedisce di fatto l'utilizzo contro la malavita, e rende impossibile dare notizia delle inchieste in nome della privacy degli indagati.

Alla vigilia di una manovra economica che metterà le mani nelle tasche degli italiani spremendo 27 miliardi di euro necessari per non fare sprofondare il Paese alla maniera della Grecia, l'attenzione del governo e della maggioranza che lo sostiene è tutta concentrata sulle intercettazioni, e sul decreto di legge Alfano che ne impedisce di fatto l'utilizzo contro la malavita, e rende impossibile dare notizia delle inchieste in nome della privacy degli indagati.

Così, un Senato della Repubblica che lavora di media nove ore alla settimana (dati di Palazzo Madama), si è protratto in un tour de force continuato fino alle 3 di notte per mandare in aula al più presto, entro giugno, il ddl che imbavaglia la stampa e spunta le armi alla magistratura nella lotta al crimine.
Domani sera si ricomincia. Altra seduta notturna, in una corsa contro il tempo, per approvare una legge che, se fosse oggi in vigore, avrebbe impedito di conoscere l'acquisto del mezzanino con vista sul Colosseo del ministro Scajola con i soldi del costruttore Anemone, le malefatte dell'ospedale Santa Rita di Milano sui poveri pazienti, i furbetti del quartierino, ma anche la vicenda di Rignano Flaminio e le accuse di reati legati alla pedofilia sui bambini dell'asilo. Di tutti i problemi del Paese, di tutte le priorità che l'economia ma anche i lavoratori, i pensionati, le famiglie reclamano a gran forza, una sola è l'ossessione che assilla il governo da porre al primo posto su tutto: impedire che si conoscano altri «casi Scajola». Non rimuovere la corruzione e il malaffare che si annidano anche nel governo e nei massimi livelli della Pubblica Amministrazione (il disegno di legge contro la corruzione è infatti fermo e sepolto), ma impedire che si conosca, che il Paese sappia.
Che vengano allo scoperto i malandrini e i loro complici nella politica. È questa l'unica preoccupazione: mettere sotto silenzio quanto le inchieste rivelano. Anzi, di più. Impedire che le inchieste si svolgano, imponendo per legge infiniti cavilli burocratici che arrestino l'utilizzo delle intercettazioni contro la criminalità. Scenario che inquieta lo stesso Dipartimento alla Giustizia americano che, per bocca del sottosegretario alla Giustizia Breuer, ha ribadito che «le intercettazioni sono uno strumento necessario per le indagini». E quindi, non vanno bloccate - come avverrà con l'approvazione del ddl Alfano - perché questo comporterà minore efficacia nella lotta alla mafia e al crimine organizzato, e maggiore insicurezza per i cittadini.
L'operazione «salva-criminali» viene spacciata come un intervento a difesa della privacy dei cittadini. Che ciò sia un falso - palese e provato -lo dimostra il fatto che le intercettazioni (dati 2009) coinvolgano in un anno 120.000 utenze, cioè meno di 80.000 cittadini, dati i molti telefoni e telefonini di cui dispongono gli indagati. Le intercettazioni riguardano, cioè, lo 0,2% della popolazione, e sono addirittura calate rispetto all'anno precedente. Non solo, il costo delle intercettazioni è ampiamente ripagato dai risultati delle indagini e dal denaro ricavato dalle sanzioni inflitte, che è di gran lunga superiore al costo delle intercettazioni stesse. Le intercettazioni, in sostanza, oltre ad essere uno strumento indispensabile per le indagini, rimpinguano pure le casse del Ministero della Giustizia, perché grazie ad esse molti autori di reati vengono condannati.

 

Ma che la scusa della privacy sia solo un pretesto, fumo negli occhi, lo comprova il fatto che il governo in carica abbia escluso tutte le soluzioni alternative che avrebbero impedito la divulgazione di contenuti telefonici non necessari alle indagini, mantenendo però quelli utili per le inchieste.
Perfino le mediazioni proposte nel centrodestra, come la ragionevole soluzione avanzata dall'avvocato Giulia Buongiorno, o quella di Stefano Rodotà, tutte volte a stralciare le parti non rilevanti ai fini processuali, tenendole custodite e separate dalle ordinanze, e quindi non pubblicabili, sono state sistematicamente affondate. Perché l'obiettivo di questa campagna ossessiva contro giornali e libera stampa e contro magistrati che combattono il crimine, non è quello di garantire la privacy - bene che va certamente tutelato -, ma è quello di mettere le catene a chi fa le inchieste e il bavaglio a chi le rende pubbliche.
Per questo si è previsto il carcere per i giornalisti (fino a due mesi) in caso non solo di pubblicazione delle intercettazioni ma anche di divulgazione di qualunque notizia prima del processo. E dato che il periodo delle indagini in Italia varia dai quattro ai sei anni, per anni e anni non si potrà scrivere che quel ministro o quell'altro è indagato per aver ricevuto un appartamento in regalo o aver truccato gli appalti; o che quel politico è sotto indagine per rapporti con la mafia; o che questo o quel presidente del consiglio è accusato di aver corrotto i giudici o gli avvocati per falsare le verità giudiziarie.
Per questo si sono previste multe impossibili per chi pubblicherà articoli sulle inchieste, sanzioni fino a 465.000 euro a notizia nei confronti degli editori che le pubblicano, in un Paese in cui mezzo milione alla volta di multa non è imposto nemmeno al peggiore malfattore.
Se la legge verrà approvata così come è ora, i giornali italiani al pari di quelli dei regimi totalitari saranno impossibilitati a svolgere il loro compito d'informazione, perché a scrivere le notizie e a denunciare i fatti, si correrà il rischio di venire arrestati, o le aziende editoriali di essere chiuse per fallimento, causa sanzioni milionarie.
Una condizione che ha già richiamato l'allarme internazionale, non solo quello degli Stati Uniti, ma anche della Corte europea di Strasburgo, dei media europei e mondiali, dei network televisivi come Sky, che saranno impossibilitati ad operare, perché verranno vietate tutte le registrazioni e riprese senza l'autorizzazione preventiva dell'interessato.
La cosiddetta «norma D'Addario», pensata per impedire che le signorine che frequentano il Presidente del Consiglio possano registrare e rendere noti i contenuti delle frequentazioni. Quello che è in gioco questa volta non è più una semplice battaglia politica. È la possibilità di restare un Paese libero e sicuro, dove i giornali possano scrivere di inchieste sulla mafia, o scrittori come Saviano libri come «Gomorra», senza che scatti la censura a suon di manette e di colpi mortali agli editori. Un Paese dove i criminali vengano colpiti e non lasciati operare indisturbati perché le forze dell'ordine devono combattere con le mani legate dietro la schiena, perché è impedito loro di utilizzare - come avviene in tutto il mondo - le intercettazioni.
Noi lanciamo un appello a tutta l'opinione pubblica, ai lettori di questo nostro giornale, perché facciano sentire la loro opinione sulla delegazione parlamentare regionale, sui deputati e senatori trentini che saranno chiamati ad approvare questa legge liberticida che minaccia la sicurezza dei cittadini.
Possono spedire le loro lettere e petizioni al giornale, o inviate al sito dell'Adige (www.ladige.it).
Noi daremo conto di come i parlamentari dei nostri collegi si comporteranno di fronte a questo decreto legge, in che modo voteranno, cosa faranno per impedirne l'approvazione. Faremo nomi e cognomi, indicando ai lettori chi è responsabile di questo attacco alla libertà e alla sicurezza del Paese. Parlamentari sia di maggioranza che di opposizione. Parlamentari come i senatori Sergio Divina della Lega e Giacomo Santini e Cristano de Eccher del Pdl, e Claudio Molinari del Pd. Deputati come Maurizio Fugatti della Lega, e Laura Froner del Pd. A loro in prima persona chiederemo di mobilitarsi per salvare la democrazia del Paese, la libertà d'informazione, la sicurezza nella lotta al crimine. Con il decreto Alfano questo non sarà più possibile. Va fermato prima.

@fnsisocial

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