Il passaggio della gestione principale dell'Inpgi in Inps da luglio 2022, previsto nella bozza di legge di Bilancio, continua a suscitare reazioni contrapposte da parte di opinionisti, giornalisti, politici e commentatori. Nella redazione di Repubblica, martedì 9 novembre, con il direttore Maurizio Molinari e la deputata Alessia Rotta, si sono confrontati sul tema la presidente dell'Istituto di previdenza, Marina Macelloni, Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi e l'ex presidente dell'Inps, Tito Boeri.
La tesi dell'economista è che il passaggio, come disegnato in manovra, si tradurrebbe in un danno per la collettività. Ma, se è vero che l'intervento del governo sposta il costo della previdenza della categoria a carico dello Stato, «non bisogna dimenticare cosa è stato in tutti questi anni l'Inpgi per la collettività», la risposta della presidente Macelloni, che ricorda gli oltre 500 milioni di euro di ammortizzatori sociali spesi dalla Cassa dei giornalisti nell'ultimo decennio.
E se, per Boeri, gli amministratori dell'Inpgi avrebbero dovuto portare i libri in tribunale - «una provocazione», replica di Lorusso, perché «se valesse questa regola, bisognerebbe portare i libri in tribunale di tutta la previdenza italiana, Inps compreso, che registra un disavanzo di 7,2 miliardi» -, sul tema del commissariamento dell'Istituto, il segretario generale Fnsi fa notare che «stiamo parlando di un settore, l'informazione, di rilevanza costituzionale».
Del resto, le difficoltà finanziarie non sono dovute a mala gestio, perché se si fosse trattato di un caso di cattiva gestione i ministeri vigilanti che siedono nel consiglio di amministrazione dell'Inpgi sarebbero intervenuti. «Non l'hanno fatto – incalza Lorusso – perché siamo di fronte a uno squilibrio strutturale relativo all'andamento del mercato del lavoro».
Il tema della vigilanza viene ripreso da Alessia Rotta, che evidenzia: «Se le cose sono andate così è anche perché una vigilanza non è stata esercitata». Mentre, a fronte delle risposte di Marina Macelloni, che elenca gli interventi effettuati negli anni dall'Ente, rivendicando che «noi siamo stati super vigilati», Boeri ribatte criticando la governance «spropositata», che garantisce ai membri del Cda compensi che «sono due volte e mezzo più alti di quelli del presidente dell'Inps ed ha ben sette sindaci».
Per il presidente dell'Inps, il rischio è di far passare il messaggio alle Casse di previdenza private «che stanno garantendo trattamenti troppo generosi, che prima o poi arriva Pantalone e quindi la collettività si fa carico di pagare».
Impostazione che Lorusso respinge con forza. «Non si può accettare il principio "colpirne uno per educarne cento". Il problema è quale ruolo si vuole dare all'informazione», incalza il segretario Fnsi, che rilancia la necessità di un confronto fra governo e parti sociali per affrontare le criticità del sistema. Necessità che trova concorde Alessia Rotta, la quale però ammette che questi temi «sono fuori dall'agenda politica».
Anche secondo Macelloni, «la soluzione che si è trovata sull'Inpgi ha un unico grande difetto, e cioè che parlando solo della previdenza si rischia di non guardare a un sistema industriale che in questo momento funziona male. Temo – conclude – che ora che il problema è stato risolto, tutto il resto non verrà considerato e invece è proprio quello di cui dovremmo occuparci: il ruolo dell'informazione nel nostro Paese».
PER APPROFONDIRE
Il resoconto del focus sull'Inpgi ospitato nella redazione di Repubblica è online sul sito web del quotidiano (qui il link diretto).