Il governo rompe ogni indugio e presenta un maxi-emendamento al ddl intercettazioni per chiedere il voto di fiducia alla Camera. La proposta di modifica, che porta la firma del Guardasigilli Angelino Alfano, recepisce di fatto il testo approvato in commissione Giustizia il 16 febbraio scorso piu' alcuni emendamenti presentati da governo e relatore nel 'comitato dei nove' della commissione
Questo, in estrema sintesi, il contenuto del provvedimento: EVIDENTI INDIZI COLPEVOLEZZA - Il Pm potra' chiedere di intercettare solo se ci saranno 'evidenti indizi di colpevolezza' e solo se saranno 'assolutamente indispensabili'. Nelle indagini di mafia e terrorismo basteranno 'sufficienti indizi di reato'. La richiesta dovra' essere autorizzata da un Gip collegiale del capoluogo del distretto. Ma il giudice dovra' poi compiere una valutazione autonoma del caso. VIA IL MAGISTRATO CHE PARLA TROPPO - La toga che rilascia ''pubblicamente dichiarazioni'' sul procedimento affidatogli ha l'obbligo di astenersi. E sara' sostituito se iscritto nel registro degli indagati per rivelazione del segreto d' ufficio. OMESSO CONTROLLO - Il ddl prevede l'ammenda da 500 a 1.032 euro per pubblici ufficiali e magistrati che ometteranno di esercitare ''il controllo necessario ad impedire la indebita cognizione o pubblicazione delle intercettazioni''. DIVIETO PUBBLICAZIONE - Il testo cambia. Prima era vietato scrivere di tutto fino all'inizio del dibattimento. Ora si prevede che per le intercettazioni, anche quelle non piu' coperte da segreto, resti il divieto di pubblicazione anche parziale fino alla conclusione delle indagini preliminari. E sara' vietato pubblicare le richieste e le ordinanze emesse in materia di misure cautelari fino a quando l'indagato o il suo difensore non ne siano venuti a conoscenza. Dopo di che' se ne potra' pubblicare il contenuto. Fanno eccezione le intercettazioni riportate nelle ordinanze. Per quelle permane il divieto di pubblicazione. RETTIFICHE SENZA COMMENTO - Cambia anche la norma sulle rettifiche perche' nel ddl si dice che dovranno essere pubblicate nella loro interezza, ma ''senza commento''. E si disciplinano anche quelle su internet. NO A NOMI E IMMAGINI PM - Stop alla pubblicazione di nomi o immagini di magistrati ''relativamente ai procedimenti penali a loro affidati'', salvo che l'immagine non sia indispensabile al diritto di cronaca. CARCERE PER I GIORNALISTI - Torna il carcere per i cronisti, ma la pena diventa da 6 mesi a un anno (era da uno a 3 anni) quindi oblabile: cioe' trasformabile in sanzione pecuniaria. REATI INTERCETTABILI - Potranno essere intercettati tutti i reati con pene oltre i 5 anni, compresi quelli contro Pubblica Amministrazione; ingiuria; minaccia; usura; molestia; traffico-commercio di stupefacenti e armi; insider trading; aggiotaggio; contrabbando; diffusione materiale pornografico anche relativo a minori. INTERCETTAZIONI AMBIENTALI - Si potranno usare le 'cimici' solo per spiare luoghi nei quali si sa che si sta compiendo un'attivita' criminosa. Unica eccezione per i reati di mafia, terrorismo e per quelli piu' gravi. LIMITI DI TEMPO - Non si potra' intercettare per piu' di 60 giorni: 30 piu' 15 piu' 15. Per reati di mafia, terrorismo o minaccia col mezzo del telefono si puo' arrivare a 40 giorni prorogabili di altri 20. RELAZIONE SU SPESE E 'TETTO' - Ci sara' un tetto di spesa stabilito dal ministero della Giustizia, sentito il Csm. Entro il 31 marzo ogni procuratore trasmettera' a Via Arenula una relazione sulle spese per le intercettazioni dell'anno precedente. PROCEDIMENTO CONTRO IGNOTI - Le intercettazioni potranno essere richieste solo dalla parte offesa e solo sue sue utenze. ARCHIVIO RISERVATO E DIVIETO DI ALLEGARE VERBALI A FASCICOLO - Telefonate e verbali saranno custoditi in un archivio presso la Procura. E le registrazioni saranno fatte con impianti installati nei Centri di intercettazione istituiti presso ogni distretto di Corte d'Appello. I procuratori dovranno gestire e controllare questi Centri e avranno 5 giorni per depositare verbali e intercettazioni. Se dal loro deposito pero' ci sara' pregiudizio per le indagini, si potra' ritardare la consegna, ma non oltre la data dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari. Vietato allegare le intercettazioni al fascicolo. NO A UTILIZZO IN PROCEDIMENTI DIVERSI - Le intercettazioni non potranno essere usate in procedimenti diversi da quelli nei quali sono state disposte. Salvo i casi di mafia e terrorismo. STOP A INTERCETTAZIONI PER 007 - Se un Pm volesse intercettare un telefono usato da esponenti dei Servizi e quindi anche da 'body guard' dovra' informarne entro 5 giorni il presidente del Consiglio che potra' apporre il segreto di Stato. (ANSA) Nel maxi-emendamento del governo e' stato recepito anche l'emendamento presentato dal presidente della commissione Giustizia Giulia Bongiorno e approvato in 'comitato dei nove' della commissione. In questa proposta di modifica si cercavano di ridurre in parte le limitazioni alla stampa per quanto riguarda la pubblicazione di tutti gli atti del procedimento, fino alla conclusione delle indagini preliminari. Grazie a questa modifica voluta dalla Bongiorno, per pubblicare le intercettazioni si dovra' sempre attendere la conclusione delle indagini preliminari o il termine dell'udienza preliminare, ma delle misure cautelari potra' essere consentita la pubblicazione del contenuto dopo che la persona sottoposta alle indagini o il suo difensore abbiano avuto conoscenza dell'ordinanza del giudice. Resta anche il carcere per i giornalisti, che potra' pero' essere commutato in pena pecuniaria. Il governo ha confermato anche il contenuto del suo emendamento sulla sostanziale impossibilita' per la magistratura di intercettare utenze telefoniche usate da agenti dei servizi segreti. Nel caso che il Pm voglia in qualche modo ascoltare tali conversazioni, dovra' informarne entro cinque giorni la Presidenza del Consiglio, che potra' apporre su queste il segreto di Stato. Se entro 30 giorni dalla notifica di questa richiesta da parte del magistrato il presidente del Consiglio non opporra' il segreto, si potra' procedere alle intercettazioni. ''Non e' in ogni caso precluso all'autorita' giudiziaria - si legge nel maxi-emendamento per il quale e' stato chiesto il voto di fiducia - di procedere in base ad elementi autonomi ed indipendenti dalle informazioni coperte da segreto''. Chiunque riveli notizie relative ad atti o documenti del procedimento penale coperti dal segreto, sara' punito con il carcere da uno a cinque anni. Ma le pene sono aumentate, si legge ancora nel nuovo testo del governo, ''se il fatto concerne comunicazioni di servizio di appartenenti'' ai servizi segreti. Per il resto, il maxi-emendamento riproduce sostanzialmente il testo del ddl approvato in commissione Giustizia della Camera, che prevede, tra l'altro, che per chiedere le intercettazioni ci debbano essere ''evidenti indizi di reato''. Sul maxi-emendamento, che porta la firma del ministro della Giustizia Angelino Alfano, si e' riunito il 'comitato dei nove' della commissione Giustizia della Camera, ma nessuno e' intervenuto perche', spiegano gli esponenti del centrosinistra, ''siamo stati messi di fronte al fatto compiuto e dunque la riunione non aveva piu' alcun senso''. Il confronto tra i poli si spostera' ora nell'Aula della Camera. (ANSA) Il giorno dopo le elezioni, la maggioranza accelera sulle intercettazioni e presenta un maxi-emendamento sul quale chiede il voto di fiducia. L'opposizione non ha dubbi: questa decisione e' frutto dell'accordo raggiunto ieri sera tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi ad Arcore. Che potrebbe tradursi piu' o meno cosi': il Pdl rinuncia a sostenere il referendum elettorale tanto temuto dal Carroccio e la Lega, in cambio, sostiene i candidati del centrodestra ai ballottaggi e non si mette di traverso sulle intercettazioni. Forse, malignano nel centrosinistra (ma anche nel Pdl), e' proprio da questa intesa che avrebbe origine anche la marcia indietro del ministro dell'Interno Roberto Maroni 'costretto' a non modificare il testo, come aveva annunciato invece nei giorni scorsi. Prima delle europee, infatti, l'inquilino del Viminale aveva assicurato che avrebbe ritoccato il ddl per ''recepire i suggerimenti'', definiti ''molto interessanti'', del capo della procura Nazionale Antimafia Pietro Grasso che aveva parlato del rischio di pregiudicare, con questo testo, le indagini contro la criminalita' organizzata. Dopo ben due riunioni di maggioranza alla presenza di Maroni e di altri tre ministri (Angelino Alfano, Elio Vito e Roberto Calderoli), si e' deciso di lasciare il ddl cosi' come era stato licenziato dalla commissione Giustizia della Camera il 19 febbraio. Aggiungendo solo alcuni emendamenti presentati il 20 maggio da governo e relatore nel Comitato dei nove della commissione. Dunque nessuna modifica, se non una ''correzione formale al testo'', spiega il deputato del Pdl e legale del premier Niccolo' Ghedini, per dare la possibilita' al Pm di chiedere in caso d'urgenza anche i tabulati oltre che le intercettazioni. Dei suggerimenti di Grasso neanche l'ombra, come si evince anche dalla battuta post-riunione di Ghedini ai cronisti: ''Grasso chi? No, no, oggi solo magro...''. Ma nel centrodestra non c'e' alcun problema, assicura subito il Guardasigilli. ''Su questo ddl l'intesa e' completa'', dice Alfano al termine dell'incontro al quale hanno preso parte anche i capigruppo di Pdl e Lega, Fabrizio Cicchitto e Roberto Cota, con il presidente della commissione Giustizia Giulia Bongiorno. E' vero, comunque, raccontano alcuni dei partecipanti, che negli incontri Lega-Pdl, Maroni avrebbe insistito per far accogliere la richiesta di Grasso di non applicare, anche alle riprese delle telecamere installate nei luoghi pubblici per motivi di sicurezza, la stessa rigida disciplina prevista per le intercettazioni. Ma il Pdl, sembra in particolare Ghedini, si sarebbe opposto. L'opposizione protesta, da' la solidarieta' alla Fnsi che scende in piazza Montecitorio e accusa il centrodestra di voler mettere la ''mordacchia alla stampa'' e di non rispettare il Parlamento. ''Persino in 'Comitato dei 9' - racconta Roberto Zaccaria - poco prima che il governo ufficializzasse la sua intenzione, il sottosegretario Giacomo Caliendo e' riuscito a negare che si volesse mettere la fiducia sul ddl''. Questo atteggiamento, aggiunge il responsabile Giustizia del Pd Lanfranco Tenaglia, ''e' inaccettabile'' e oggi si e' consumata ''l'ennesima farsa'' visto che durante il Comitato dei 9 ''ci hanno fatto discutere inutilmente di dettagli tecnici quando i giochi erano gia' fatti''. E molti esponenti del Pdl, assicurano deputati dell'opposizione, ''neanche erano stati avvertiti''. Il voto di fiducia e' previsto per mercoledì 10 alle 17.10. (ANSA)