La storia di Jan Palach, morto il 19 gennaio 1969 dopo essersi dato fuoco per protestare contro l'invasione sovietica della Cecoslovacchia, i fatti della primavera di Praga e "il coevo '68 in Occidente" scaldano ancora gli animi. Anche per le ricostruzioni giornalistiche che ne vengono fatte. Basta allora che il segretario dell'Usigrai, Vittorio Di Trapani, critichi un servizio del Tg2 ed ecco che si scatena la reprimenda del senatore forzista Maurizio Gasparri. «Di Trapani negli anni Sessanta si sarebbe chiamato Di Mosca. Le sue sorprendenti elucubrazioni da censore fallito – scrive l'esponente azzurro – lo hanno portato a criticare il Tg2 perché non gli è piaciuto un servizio dedicato all'anniversario del tragico e simbolico gesto di Jan Palach. Per Di Trapani a Praga erano meglio i carri armati russi. Lo chiameremmo Di Mosca se il comunismo non fosse per fortuna crollato anche in Russia, sopravvivendo invece nella confusa testa del sessantottino postumo, nostalgico dell'Urss».
La colpa del segretario dell'Usigrai? Aver scritto sui social: «Questa sera il #Tg2 liquida il '68 parlando di "proteste confortevoli e spesso autoreferenziali". Approfittando di un pezzo su #JanPalach, ha definito il suo "un gesto sconvolgente, lontano anni luce dalle proteste confortevoli e spesso autoreferenziali del coevo '68 in Occidente"». Secondo il senatore Gasparri, Di Trapani «parla del '68 ma in realtà è seccato dal fatto che non ci siano più sovietici a Mosca e carri armati a Praga. E poi è irritato da qualche spazio di pluralismo in Rai, dove vorrebbe il pensiero unico stile vecchia Pravda».
Attacchi al segretario dei rappresentanti dei giornalisti Rai subito stigmatizzati da Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana. «Più che insultare il segretario dell'Usigrai, Vittorio Di Trapani, con un linguaggio dai toni inaccettabili, il senatore Maurizio Gasparri, e non soltanto lui, a dire il vero, dovrebbe contestare l'uso del nome di Jan Palach ad altri fini», rilevano.
«In questo Paese – aggiungono i vertici della Fnsi – è ancora possibile criticare un articolo o un servizio giornalistico senza per questo dover subire attacchi personali. Non stupisce, comunque, che gli insulti a Vittorio Di Trapani siano arrivati dal senatore Gasparri, professionista dell'indignazione a senso unico. Se con la stessa veemenza avesse aperto bocca quando cacciarono dalla Rai Enzo Biagi e Michele Santoro forse oggi sarebbe quantomeno più credibile».