Mercato che promette una crescita illimitata, la Cina, coi suoi 1,3 miliardi di persone, non conosce l’alfabeto latino.
Per le agenzie di pubblicità, la Cina è dunque terra complicata. Tradurre in cinese gli spot è arduo, perché ognuno dei 50.000 segni ha un significato ben preciso e la pronuncia varia molto tra i vari dialetti. L’agenzia Nomen International di Duesseldorf si è specializzata nel tradurre i nomi dei marchi. Spiegano che occorre sviluppare 10.000 varianti di un progetto perché, alla fine, se ne possa scegliere uno. Particolarmente riuscite le trascrizioni di Siemens (xi-men-zi: porta d’Occidente), di Bmw (bao-ma: cavallo prezioso) e di Mercedes-Benz (ben-shi: andare veloci e sicuri). Grosse difficoltà per la Hoechst, azienda chimica: la prima versione suonava ai cinesi come “ti voglio ingannare”, la seconda ricordava la pronuncia cinese del nome Hitler. Problemi anche per la Pfizer: quando ha voluto pubblicizzare il Viagra, la trascrizione “Wanaikè” suonava come “ospite che fa l’amore migliaia di volte”, davvero inaccettabile per i riceventi. E’ importante, spiega l’agenzia, trovare trascrizioni che abbiano un significato positivo che si accordi col prodotto e che però, nella pronuncia, ricordino il marchio occidentale. Anche i prodotti più semplici possono presentare problemi: i cinesi non sanno cosa siano i panini. (9Colonne)