Si è conclusa con un rinvio al 26 maggio, per l'ammissione delle prove, la prima udienza della causa civile intentata dal presidente della Giunta regionale dell’Abruzzo, Luciano D'Alfonso, contro Lilli Mandara per gli articoli e i commenti pubblicati dalla giornalista sul blog Maperò.
Al fianco della collega, come annunciato, erano presenti in tribunale, a Pescara, il componente della giunta esecutiva della Fnsi, Ezio Cerasi, il segretario del Sindacato Giornalisti Abruzzesi, Paolo Durante, il presidente regionale dell'Ordine, Stefano Pallotta, e una ventina di giornalisti e cittadini. D'Alfonso invece non era in aula.
Il presidente della Regione ha chiesto a Mandara un risarcimento di 150mila euro. Nel mirino del governatore circa 30 articoli che – a giudizio di D'Alfonso - rappresenterebbero una continuata aggressione e una campagna stampa di natura irridente e derisoria, nonché denigratoria e diffamatoria.
«È un fatto di civiltà e un dovere per cittadini e giornalisti schierarsi dalla parte della libertà di stampa, prendendo spunto dal caso di Lilli Mandara, al centro di una richiesta temeraria e intimidatoria. Per impedire azioni di questo tenore contro la libera informazione basterebbe una semplice legge che preveda la condanna dell’autore al pagamento della stessa somma richiesta, nel caso in cui il giudice ritenesse la citazione temeraria e dunque infondata», ha commentato Ezio Cerasi.
Paolo Durante, segretario del Sindacato giornalisti abruzzesi, ha invece osservato che «è un difetto di molti politici quello di ricorrere ai tribunali in presenza dell'esercizio del diritto di critica. Intentare una causa civile significa aggredire il patrimonio e questo nel caso di Mandara, non protetta da un contesto editoriale in grado di sostenerla, assume i connotati di una intimidazione».
Dal canto suo, la collega ha ribadito: «Ho sempre scritto sulla base di documenti e di elementi circostanziati. Questo è il mio mestiere». Mentre il presidente dell’Odg regionale, Pallotta, ha rilevato che «quando i giornalisti esercitano fino in fondo il loro ruolo di critica, c'è sempre un'incomprensibile reazione infastidita della politica e delle istituzioni, evidentemente non abituate a ricevere stimoli critici».
Secondo l'avvocato Lamberto Di Pentima, che assiste Mandara, «gli articoli non hanno carattere diffamatorio e la giornalista ha legittimamente espresso un diritto di critica, esercitato anche attraverso commenti talvolta pungenti, ma pienamente legittimi. Non sta a me deciderlo – ha aggiunto – ma si potrebbe anche ipotizzare un caso di lite temeraria».
L'avvocato di D'Alfonso, Mario Briolini, ha invece ribattuto che il suo assistito «contesta la continuità giornaliera con la quale Mandara lo ha ossessivamente attaccato. Il presidente – ha detto – non disconosce il diritto di critica, ma ritiene che questo non si possa estendere fino a ledere l'immagine e la reputazione delle persone».