Interrogazione alla Camera dei deputati ds Giulietti, Folena, Ciocchetti e Caldarola
GIULIETTI, FOLENA, CIOCCHETTI e CALDAROLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che: il 5 ottobre 2006 l'emittente Telepace ha annunciato la drastica contrazione dell'attività giornalistica e la chiusura degli spazi informativi della redazione romana, a decorrere da lunedì 9 ottobre 2006; il 23 ottobre 2006 il direttore e fondatore dell'emittente, monsignor Guido Todeschini, in una lettera alla Federazione nazionale della stampa (FNSI), ha dichiarato l'intento di «cessare i rapporti» con i quattro giornalisti professionisti della redazione, motivandolo con la necessità di «ridurre i costi del lavoro» e di assegnare priorità economica alla spesa per «l'impegno satellitare dell'emittente», a fronte di una «tendenza involutiva delle entrate»; l'Associazione Stampa Romana, in un comunicalo, ha subito definito la decisione di monsignor Todeschini «un gravissimo atto ritorsivo contro un'intera redazione che aveva trovato la forza di ribellarsi alle vessazioni, alle ingiustizie, allo sfruttamento»; il 17 novembre 2006, un comunicato congiunto della FNSI e dell'Associazione Stampa Romana ha reso noto il rifiuto di Monsignor Todeschini «di prendere in considerazione qualsiasi proposta tendente a una soluzione concordata per la salvaguardia dei posti di lavoro», con un atteggiamento «che va contro ogni etica e manifesta un incomprensibile cinismo nei confronti dei lavoratori»; il Presidente della Federazione nazionale della stampa, Franco Siddi, ha invitato le autorità competenti «a fare piena luce su ogni aspetto di una vicenda che assume pieghe grottesche», dichiarando che «il dubbio che tutto ciò accada come ritorsione e ostilità verso i giornalisti appare sempre più evidente»; la chiusura del notiziario (l'unico interamente dedicato alla giornata del Papa e della Santa Sede) e del programma «Speciale Interviste» (più di 150 Capi di Stato e di Governo, tra cui alcuni dei massimi protagonisti del nostro tempo, da Arafat a Rabin, da Gorbaciov a Mandela), ha suscitato stupore nella stampa italiana e internazionale, inducendo l'autorevole Le Monde ad occuparsene con un lungo articolo («La télévision du Pape quitte Rome», del 1o novembre 2006); il TG dell'emittente, in onda alle 19,30 e alle 22,30, curato da Angela Ambrogetti, Simona De Santis ed Elisabetta Mancini, ha rappresentato per quindici anni una fonte quotidiana specialistica di notizie dal Vaticano, costantemente seguita e particolarmente apprezzata nelle sedi istituzionali e diplomatiche della Capitale; le interviste domenicali di Telepace, curate da Piero Schiavazzi, hanno costituito un osservatorio privilegiato sullo sviluppo delle relazioni tra Italia e Santa Sede, ospitando nel tempo: 2 Presidenti della Repubblica (Cossiga, 1991; Ciampi, 1999); 4 Presidenti del Senato (Spadolini, 1993; Scognamiglio, 1994; Mancino, 2000; Pera, 2005); 4 Presidenti della Camera dei deputati (Napolitano, 1993, 1994; Pivetti 1995; Violante, 1998, 2000; Casini, 2002, 2006); 4 Presidenti del Consiglio dei ministri (Amato, 1992; Ciampi, 1993; Prodi, 1996; D'Alema, 1999); 5 Ministri degli affari esteri (Colombo, 1992; Andreatta, 1993; Agnelli, 1996; Dini, 1998, 2000; Fini, 2005); il Decano del Corpo diplomatico presso la Santa Sede, Giovanni Galassi, ha sollecitato chiarimenti in merito alla chiusura degli spazi informativi di Telepace; quale riconoscimento della professionalità dei vaticanisti di Telepace, uno di loro è stato scelto dal Ministero degli affari esteri come curatore delle manifestazioni promosse dall'Italia in 40 città del mondo nel XXV anniversario del pontificato di Giovanni Paolo II; nelle comunicazioni al Sindacato dei giornalisti, monsignor Todeschini attribuisce la contrazione dell'attività giornalistica e la necessità dei licenziamenti ad un calo dell'80 per cento delle offerte, che però riguarderebbe la sola sede di Roma, mentre la redazione di Verona, sede storica dell'emittente, non viene interessata dai tagli, come pure le redazioni di Gerusalemme e Fatima, che proseguono normalmente l'attività, sotto la guida del Direttore medesimo; nel nuovo palinsesto di Telepace, inviato alla FNSI, i programmi cancellati appaiono peraltro sostituiti da produzioni più costose (dirette di cerimonie, concerti, convegni, collegamenti satellitari), offrendo paradossalmente l'immagine di un'emittente in espansione, non certo in crisi; nonostante gli inviti «alla moderazione e al dialogo con i giornalisti», rivolti ai dirigenti di Telepace dalle gerarchie ecclesiastiche, come riferito dagli organi di stampa, monsignor Todeschini ha proseguito sulla strada dei licenziamenti, rifiutando il confronto con i propri dipendenti e dichiarando di non sentirsi obbligato a trattare con il sindacato; Telepace di Verona, nata nel 1977, è di proprietà della Fondazione «Artigiani della pace»; Telepace di Roma, costituita nel 1990, è di proprietà dell'Associazione Amici di Telepace (già ditta individuale «Telepace di don Guido Todeschini»). Dal 1996 il canale trasmette anche su satellite e ha raggiunto progressivamente il mondo intero; le due emittenti hanno un'unica programmazione, trasmessa sul satellite dalla sede di Roma e presentata sulla stampa come «palinsesto di Telepace»; nel 2004 sono state aperte le redazioni di Gerusalemme e Fatima, che afferiscono amministrativamente alla Fondazione di Verona ma si coordinano funzionalmente con la redazione di Roma, inviando direttamente ad essa corrispondenze e servizi giornalistici; Telepace per statuto rifiuta la pubblicità e vive di contributi di beneficenza; sebbene Telepace di Verona e Telepace di Roma facciano capo ad enti proprietari distinti (la Fondazione Artigiani della Pace e l'Associazione Amici di Telepace), Monsignor Todeschini, unico direttore di entrambe, nelle richieste di beneficenza rivolte ai telespettatori, attraverso il filo diretto bisettimanale, gli spot e gli stampati promozionali, ha sempre presentato Telepace come un'unica realtà, infondendo nei donatori e nell'opinione pubblica la percezione consolidata che Telepace è una e una sola, come pure la destinazione delle offerte; l'Associazione Amici di Telepace, nel 2006, ha presentato istanza al Comitato regionale per i servizi radiotelevisivi del Lazio, ai sensi del decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 292, per ottenere i contributi previsti per l'anno 2005 a favore delle emittenti televisive locali e, ai fini degli elementi di valutazione previsti dall'articolo 4 del suddetto decreto, ha dichiarato di avere tra i suoi dipendenti quattro giornalisti professionisti assunti a tempo indeterminato e di trasmettere un alto numero di ore di informazione; nell'istanza presentata al medesimo Comitato il 28 gennaio 2005, per ottenere i benefici previsti per l'anno 2004, l'Associazione aveva peraltro dichiarato di essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali; il 12 aprile 2005 un comunicato dell'Associazione Stampa Romana denunciava «il grave comportamento dell'emittente Telepace, per la sistematica violazione delle norme contrattuali, dello Statuto dei lavoratori e delle leggi, in aperto contrasto con la dottrina sociale della Chiesa»; il comunicato dell'Associazione Stampa Romana denunciava altresì «le ritorsioni contro i giornalisti» e terminava con l'affermazione e previsione, già allora, che «tali ritorsioni rivelano lo scopo evidente di chiudere la redazione romana, cui non si perdona di avere denunciato all'Ordine e al Sindacato le violazioni della deontologia e della legalità»; il 12 luglio 2005, un duplice comunicato del Presidente della FNSI e dell'Associazione Stampa Romana denunciava il tentativo di emarginare sul lavoro e nel palinsesto il giornalista Piero Schiavazzi, volto noto dell'emittente, «per avere preso le difese dei colleghi»; il 15 luglio 2005, i giornalisti di Telepace proclamavano 5 giorni di sciopero «contro la minaccia di chiusura della redazione romana, l'assenza di relazioni sindacali e gli attacchi al fiduciario di redazione, con motivazioni infondate e illegittime» («Nella televisione va in onda il primo sciopero» da il Giornale del 16 luglio 2005; «Contro la minaccia di chiusura, sciopero a Telepace», da la Repubblica del 16 luglio 2005); la Repubblica del 24 ottobre 2006 e l'Espresso del 2 novembre 2006 hanno riportato la notizia che quattro dipendenti di Telepace sono iscritti nel registro degli indagati dalla Procura di Roma per falsa testimonianza contro una giornalista dell'emittente in una causa di lavoro (sentenza del Tribunale del Lavoro di Roma, n. 10360/06, del 24 maggio 2006), sollevando il sospetto che siano stati «istigati da qualche superiore» (l'Espresso); articoli e titoli di giornali, da due anni a questa parte, hanno fatto spesso riferimento alle violazioni di legge, della deontologia e dei contratti a Telepace (ad esempio: «Mobbing a Telepace», la Stampa del 13 aprile 2006, «Una bufera sindacale su Telepace», l'Arena del 13 aprile 2006; «Va in onda Telebugia», l'Espresso del 2 novembre 2006) e nell'ultimo periodo hanno posto l'accento sul carattere ritorsivo della chiusura della redazione romana, riflettendo il convincimento diffuso nell'opinione pubblica (ad esempio: «Signori non servite più, e Telepace va alla guerra», Liberazione dell'8 ottobre 2006; «Telepace chiude il TG: i giornalisti ritorsione», la Repubblica del 9 ottobre 2006; «Lavoro nero alla TV del Papa», la Stampa del 3 novembre 2006); quale sia la spesa sostenuta per l'affitto dei satelliti, che si definisce «irrinunciabile», rapportata, in generale, al bilancio dell'emittente e, in particolare, ai «costi del lavoro sui quali si rende necessario intervenire», consistenti nella retribuzione, ai minimi contrattuali, di un giornalista full-time e di tre giornalisti part-time, né quali siano le spese sostenute per i programmi (cerimonie, concerti, convegni) che attualmente, come annunciato da monsignor Todeschini, sostituiscono gli spazi informativi soppressi, rapportate ai costi di produzione degli stessi; in contrasto con la prassi consolidata di contatti regolari e diretti fra i giornalisti della redazione romana e i colleghi delle altre sedi, i prodotti giornalistici delle altre «realtà», come monsignor Todeschini ha dichiarato nella lettera in cui annuncia la chiusura della redazione romana, sarebbero stati fin qui trasmessi alla redazione di Roma solo e soltanto attraverso la Fondazione di Verona, quale «unico momento di contatto esistente tra l'Associazione Amici di Telepace e le altre realtà di Telepace» -: se sia vero che l'Associazione Amici di Telepace, nell'anno 2006, avendo chiesto al Comitato regionale per i servizi radiotelevisivi del Lazio di ottenere i contributi previsti per l'anno 2005 a favore delle emittenti televisive locali, ai sensi del decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 292, e avendo dichiarato, ai fini degli elementi di valutazione previsti dall'articolo 4 del suddetto decreto, di avere tra i propri dipendenti quattro giornalisti professionisti assunti a tempo indeterminato, ha conseguito una collocazione avanzata in graduatoria proprio grazie ai quattro dipendenti giornalisti, che oggi si appresta a licenziare, e all'elevato numero di ore settimanali di informazione riportate nella domanda, ma cancellate dal palinsesto; se sia vero che, in contrasto con la percezione consolidata dell'opinione pubblica, con la prassi di lavoro instaurata per anni tra i giornalisti delle diverse redazioni e con quanto lo stesso fondatore e direttore ha sempre pubblicamente sostenuto - che cioè Telepace è un'unica «realtà» - Telepace di Roma, come invece monsignor Todeschini ha dichiarato sorprendentemente nella lettera in cui annuncia la chiusura della redazione romana, non intrattiene alcun altro tipo di rapporto né di lavoro con altri giornalisti né con altre strutture societarie, quali Telepace di Verona, Telepace di Lodi, Telepace di Gerusalemme, Telepace di Trento, Telepace di Agrigento, Telepace di Fatima, Telepace di Chiavari, Telepace di Ostrawa; che le predette «realtà sono completamente diverse e distinte dalla Associazione Amici di Telepace di Roma e, sia che si tratti di veri e propri soggetti giuridici o di mere strutture organizzative, non hanno comunque alcun tipo di rapporto con l'Associazione Amici di Telepace di Roma»; se in definitiva, questa inedita e improbabile rappresentazione a «compartimenti stagni» (Telepace di Roma, di Verona, di Gerusalemme, di Fatima, di Trento, eccetera) di una emittente che nella percezione della Chiesa, dell'opinione pubblica, dei telespettatori e soprattutto dei benefattori ha sempre costituito un unicum, rispecchi l'autentica realtà di Telepace o corrisponda invece a una costruzione giuridica per legittimare sul piano del diritto, non certo dell'etica, quattro odiosi licenziamenti in quella che è universalmente nota come «la TV del Papa»; se corrisponda al vero che l'amministratore delegato dell'emittente ha ricevuto ed esercitato per un periodo l'incarico di vicedirettore giornalistico, pur non essendo iscritto all'Ordine; che i giornalisti erano tenuti al timbro del cartellino; che i giornalisti erano costretti a fornire a un centralino il numero dei destinatari delle loro chiamate; se non ritenga di verificare la fondatezza del sospetto, avanzato dalla stampa, che quattro dipendenti di Telepace, indagati dalla Procura di Roma per falsa testimonianza, siano stati «istigati dai superiori», ed inoltre se tale «istigazione», qualora riscontrata, si sia ripetuta e/o possa ripetersi in altre vertenze dei giornalisti di Telepace; con riferimento al quadro di sistematica irregolarità che emerge dalle denunce del sindacato e dalle continue notizie di stampa, e che ha già provocato l'intervento dell'Ordine dei giornalisti, e - come risulta agli interroganti - dell'INPGI, se non ritenga di verificare urgentemente, con una serie altrettanto sistematica di opportuni accertamenti, se e quali ulteriori violazioni normative siano avvenute e/o avvengano nell'emittente Telepace.