A una settimana dallo sciopero dei giornalisti del 28 novembre, la segretaria generale della Fnsi Alessandra Costante è tornata in Veneto per spiegare ai colleghi le ragioni della mobilitazione. In due distinte assemblee al Mattino di Padova (rivolta a tutto il gruppo Nem) e al Gazzettino, la partecipazione è stata ampia, con decine di giornalisti collegati da remoto a conferma di una categoria consapevole della necessità di dare una risposta unitaria agli editori.
«Un sindacato deve occuparsi di diritti sociali e di lavoro, e oggi il nostro lavoro è a rischio», ha esordito Costante, mettendo al centro del confronto un dato che non ha bisogno di commenti: molti collaboratori «prendono tra gli 11 e i 17mila euro lordi l'anno» e «questa precarietà riguarda anche i giovani entrati oggi in redazione».
Negli ultimi anni la categoria ha perso circa il 20% del potere d'acquisto. Una situazione aggravata da un quadro normativo fragile e dall'impatto dell'intelligenza artificiale e degli Ott, i cosiddetti Over the top, motori di ricerca come Google che veicolano pubblicità usando gli articoli dei giornali e corrispondono quote agli editori.
«Gli editori non vogliono regolamentare l'IA, ma il combinato disposto di crisi e tecnologia rischia di portare via posti di lavoro. Dal 2011 - ha ricordato Costante - i giornalisti dipendenti in Italia sono passati «da 19mila a 13mila». E ora, ha aggiunto, «gli editori vorrebbero tagliare ancora». Il progetto - respinto categoricamente dalla Fnsi - è chiaro: tenere nei giornali un piccolo nucleo di redattori e appaltare tutto il resto ai collaboratori esterni per ridurre ulteriormente i costi.
Al tavolo negoziale con la Fieg, la Fnsi ha presentato un pacchetto di innovazioni: il riconoscimento delle figure digitali; la revisione degli articoli 2 e 12; un nuovo articolo 2-bis per stabilizzare i co.co.co sottopagati, aumentandone compensi e tutele, e norme di civiltà come i permessi matrimoniali per le coppie di fatto e diritti rafforzati per chi convive con malattie croniche.
Gli editori hanno detto no a tutto. «Hanno detto no perfino a riconoscere ai giornalisti la quota che la legge assegna loro sugli introiti degli Ott», ha sottolineato Costante. Non solo: hanno proposto di tagliare del 20% gli stipendi dei nuovi assunti, cancellare gli extra per la domenica, ridurre le ferie a 26 giorni e ricalcolare la tredicesima al ribasso. «In cambio davano qualche euro in più ai vecchi, ma così avrebbero smontato l'intero sistema», ha spiegato la segretaria.
La Fnsi ha quindi bloccato quel progetto e proposto un accordo ponte in attesa di riaprire un tavolo più articolato che tenga conto dei grandi cambiamenti nel mondo del lavoro. Ha chiesto un aumento di 250 euro di Edr (Elemento distinto della retribuzione) e una una tantum per recuperare la perdita di inflazione accumulata negli anni di vacanza contrattuale. Gli editori hanno risposto con 150 euro lordi in due anni e la reintroduzione del 'salario d'ingresso'.
«La categoria deve dare una scossa agli editori», ha affermato Costante. «Per anni abbiamo sacrificato molto, ora è il momento della mobilitazione». Lo sciopero del 28 novembre sarà «dimostrativo ma fondamentale: serve a confermare che siamo una categoria compatta». Gli editori chiedono nuovi finanziamenti pubblici, ma «questi soldi non possono servire per mandare via gli anziani e sfruttare i giovani: devono andare a chi ha contratti trasparenti. Non a chi fa i forfait tutto compreso». L'informazione, ha ribadito la segretaria generale Fnsi, «va finanziata per creare lavoro, non per distruggerlo riducendo ulteriormente il numero di redattori nei giornali. Se continuiamo così - ha avvertito - fra pochi anni saremo meno di 10mila nelle redazioni».
Lo sciopero del 28 novembre è dunque per stipendi dignitosi, pensioni sostenibili, diritti dei collaboratori, uguaglianza contrattuale fra giovani e anziani e per una regolamentazione dell'IA che non ostacoli l'innovazione ma eviti la distruzione dei posti di lavoro, «perché i giornali devono essere fatti dai giornalisti».
In definitiva, «c'è chi ha davanti 30 anni di lavoro e vivrà un cambiamento radicale», ha concluso Costante, «ma se i salari si abbassano, chi ha le competenze per fare il giornalista di domani andrà altrove e i giornali saranno più poveri. E quando si impoverisce l'informazione, si indebolisce la democrazia». (Da: sindacatogiornalistiveneto.it)