No alla cronaca giudiziaria filtrata dai procuratori capo. No alle Procure blindate. No al divieto dei magistrati di parlare con i giornalisti. L’Unci – Unione nazionale cronisti italiani – denuncia un nuovo attentato alla libertà di stampa e al diritto dei cittadini di essere informati in modo completo e corretto.
Nel momento in cui infuria la più importante inchiesta sul calcio, sugli intrecci fra sport e corruzione, sta per entrare in vigore la legge di Riforma dell’ordinamento giudiziario che metterà a tacere qualunque informazione riguardante le indagini preliminari di questa inchiesta, come di ogni altra inchiesta presente e futura in Italia. Secondo la riforma – che scatterà dal 18 giugno – solo il Procuratore della Repubblica potrà decidere quali informazioni far uscire e quali, invece, non rivelare. Di fatto si arriva alla velina istituzionalizzata, dal momento che la norma prevede che solo il Procuratore della Repubblica manterrà “personalmente, ovvero tramite un magistrato dell’ufficio appositamente delegato” i rapporti con gli organi di informazione. Non solo. E’ fatto “divieto ai magistrati della Procura della Repubblica di rilasciare dichiarazioni o fornire notizie agli organi di informazione circa l’attività giudiziaria dell’ufficio”. Se il messaggio non fosse abbastanza chiaro, la legge di riforma precisa anche che il Procuratore della Repubblica “ha l’obbligo di segnalare al consiglio giudiziario per l’esercizio del potere di vigilanza e di sollecitazione dell’azione disciplinare le condotte dei magistrati del suo ufficio che siano in contrasto con il divieto (di parlare ai giornalisti)”. In parole povere, i magistrati non potranno più parlare con i cronisti per fornire notizie che non sono coperte da segreto istruttorio e se lo fanno saranno sottoposti a provvedimenti disciplinari. La conseguenza di questa riforma sarà che i Procuratori si sostituiranno ai giornalisti nella scelta e nella valutazione delle notizie, che i cittadini verranno a conoscenza solo delle notizie che le Procure riterranno opportuno diffondere e che gli indagati non saranno più uguali davanti alla legge: si verrà a conoscenza (parziale) delle inchieste di alcuni e non di tutti, a discrezione del Procuratore capo. Per chi fa informazione, l’unica finestra sulle inchieste (e sulla correttezza delle indagini) resteranno i processi. Sempre che non siano celebrati con i riti abbreviati: in quel caso, anche le udienze saranno a porte chiuse. E ai cronisti – come ai cittadini – resteranno solo le sentenze per capire gli avvenimenti. Per questo l’Unci ritiene che l’entrata in vigore della riforma dell’ordinamento giudiziario debba essere bloccata e chiede un incontro al ministro della Giustizia Clemente Mastella per discutere della questione, evitando provvedimenti – anche in materia di pubblicazione di intercettazioni telefoniche – che riportino il paese e la libertà di informazione ai tempi della censura preventiva. Dal 18 giugno saranno drasticamente ridotte le fonti di informazioni dei giornalisti. E’ l’effetto sciagurato dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo n.106 del 20 febbraio scorso, che ha stabilito che tutti i rapporti con la stampa saranno tenuti personalmente dal Procuratore della Repubblica e i sostituti non potranno più rilasciare dichiarazioni o fornire notizie ai giornalisti fino a quando la sentenza non sarà definitiva. L’Associazione Stampa Romana protesta energicamente contro queste norme liberticide, che violano l’art.21 della Costituzione, e sollecita il nuovo Governo a modificarle con urgenza, certa di avere dietro di sé l’intera categoria, che è attesa a un’immediata mobilitazione.