"Si grida alla gogna mediatica e si fa di ogni erba un fascio sul caso della Caffarella, mentre continua l’accanimento giudiziario nei confronti dei due rumeni con accuse sempre più deboli e meno convincenti. E per di più, non si batte ciglio di fronte alla solita grancassa e alla spettacolarizzazione delle inchieste giudiziarie da parte degli investigatori anche quando l’esito è ancora incerto o basato soltanto su indizi". E' quanto scrivono in una nota l'Unione nazionale cronisti italiani e il Sindacato cronisti romani
"E’ troppo facile e comodo dare addosso ai giornalisti e ai cronisti. Non può sfuggire che tale pregiudizio porta acqua al mulino di quanti sollecitano un giro di vite sull’informazione e leggi liberticide e censorie come il ddl Alfano sulle intercettazioni, guarda caso proprio in questi giorni alla stretta del voto della Camera. I giornalisti quando sbagliano e commettono reati a mezzo stampa, rispondono davanti alla legge. Gli investigatori quando prendono abbagli e li raccontano per buoni davanti all’opinione pubblica, sono riparati da una sorta di immunità. Nell’era della comunicazione elettronica, con i sofisticati strumenti a disposizione, il sistema dei poteri e le fonti di informazione pubbliche hanno conquistato un ruolo da protagonisti, ma non hanno né responsabilità né un codice di comportamento mediatico. Da tempo l’UNCI e il SCR invocano la costituzione di un Osservatorio/Authority sulle fonti di informazione per garantire il rispetto delle condizioni essenziali di neutralità, imparzialità, affidabilità e correttezza al fine di frenare forme di eccesso nel ricorso a veline, comunicati e conferenze-spot a rimorchio delle ragioni di omologazione del sistema".