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Fnsi 15 Ott 2004

Superbonus Stampa Democratica: “I giornalisti siano liberi di decidere” Puntoeacapo: "L’Inpgi dovrà presto decidere" Quarto Potere: "Il bonus non sia un malus per i giornalisti più giovani"

SuperbonusStampa Democratica: “I giornalisti siano liberi di decidere”Puntoeacapo: "L’Inpgi dovrà presto decidere"Quarto Potere:"Il bonus non sia un malus per i giornalisti più giovani"

Superbonus
Stampa Democratica:
“I giornalisti siano liberi
di decidere”
Puntoeacapo: "L’Inpgi dovrà presto decidere"
Quarto Potere:
"Il bonus non sia un malus per i giornalisti più giovani"

Stampa Democratica Il ministero del Lavoro ha lasciato all'Inpgi - in quanto ente privatizzato - la libertà di adottare, anche per i giornalisti, le norme del decreto sul "superbonus" previdenziale. Il presidente dell ' Inpgi ha subito diramato una nota che non fa presagire nulla di buono; il Segretario della Fnsi ha corretto un po ' il tiro, lasciando però ampi margini di interpretazione sulla sua posizione. Decisamente troppi. Ma il voto è alle porte. E, mentre si consumano i balletti pre-elettorali, la categoria è entrata in fibrillazione. Non perché il " superbonus " possa riguardare l ' intera categoria, ma perché ancora una volta una legge, un ' opportunità per l ' intera Italia, potrebbe essere preclusa alla privilegiata categoria dei giornalisti. Diciamo subito che l'Inpgi deve dire sì al superbonus. Come avrebbe dovuto dire sì al cumulo pensioni-redditi di lavoro, con contributi versati e tasse pagate, naturalmente. Cosa che l ' Inpgi non ha fatto, evidenziando la differenza tra italiani e giornalisti. Solo negli ultimi tempi, con il nuovo " corso " , è stato compiuto qualche cauto passo in avanti. Continueremo a lavorare perché i passi si facciano più decisi. Il superbonus è un'opportunità che ogni giornalista deve essere libero di cogliere. Ma una riflessione è doverosa per tutti. Dire no al superbonus potrebbe favorire la politica degli editori che intendono risolvere il rapporto di lavoro con molti giornalisti offrendo loro lauti incentivi all'esodo accompagnati da invitanti collaborazioni. Questo sì è un pericolo reale per il nostro Istituto di Previdenza:dovrebbe versare in anticipo pensioni "pesanti" mentre cesserebbe il flusso dei contributi. Riteniamo corretto che l'Inpgi faccia un'indagine precisa su quanti sono i colleghi interessati al "superbonus"; su cosa significa bloccare oggi il calcolo della pensione fino al 31 dicembre 2007; su quanto sarà consistente la massa di minore contribuzione che ne deriva in questo periodo; che effettui calcoli per " fotografare " il rapporto tra "pensione bloccata" e minori introiti contributivi. Ma questo non deve significare la schedatura personale dei colleghi. Un ' indagine fondata si può condurre semplicemente attraverso i tabulati relativi ai versamenti Inpgi. Siamo convinti che questa sarà l'impostazione che l'Istituto di Previdenza si darà. Il percorso deve essere rapido, trasparente. Tutti i giornalisti devono essere coinvolti. Ma ciò che preoccupa molto i colleghi è un'osservazione di carattere generale. E' vero, come sostengono i catastrofisti (leggi i fautori del " no " ), che è sufficiente un pugno di giornalisti con superbonus per mandare in tilt l'Inpgi? E allora la domanda è: qual è il vero stato economico del nostro Istituto di Previdenza? Sappiamo che gli "attuari" hanno lavorato sui bilanci e li stanno aggiornando tenendo conto delle ricadute del superbonus sul conto economico generale. E' giusto conoscere la verità sullo stato di salute del nostro Istituto di Previdenza e dare risposte serie così da evitare "parole in libertà". Il pericolo è nei " no " preventivi, nelle chiusure pregiudiziali e qualche volta ideologiche. Dunque liberi di decidere, con la certezza che i conti tornino. Puntoeacapo Il ministero del Lavoro ha ritenuto di lasciare all’ente piena facoltà di scelta, poiché si tratta di un istituto privatizzato sotto forma di Fondazione, che in base alla legge 416 del 1981 deve assurdamente accollarsi per intero senza alcun contributo dello Stato oneri pesantissimi e del tutto impropri come gli ammortizzatori sociali (cassintegrazione, disoccupazione, prepensionamenti e tfr in caso di fallimento) e persino i contributi previdenziali per i colleghi parlamentari, con il rischio del commissariamento se non venissero garantite 5 annualità di riserva tecnica al fine del puntuale pagamento delle pensioni. Ma, mentre gli uffici e gli attuari sono ancora impegnati a effettuare calcoli e proiezioni, una comunicazione del Presidente dell’Inpgi sembra lasciare pochi margini alla speranza che anche questa volta (come già è avvenuto in passato con il cumulo pensioni-reddito di lavoro), la categoria dei giornalisti non verrà discriminata rispetto al resto degli italiani. Siamo fiduciosi che l’indagine in corso da parte dell’Istituto saprà fornire tutti gli elementi per una valutazione serena che non penalizzi i colleghi che hanno diritto al superbonus. Ma è utile precisare fin d’ora che: 1) Non è affatto sicuro che i calcoli siano destinati a dare ragione a chi pensa di negare un’opportunità che, norma alla mano, spetterebbe anche ai giornalisti. 2) Un "no" al superbonus potrebbe anche danneggiare le casse dell’Inpgi. Nella maggior parte delle aziende, infatti, vengono offerti ricchi incentivi per convincere i giornalisti ad andare in pensione. In tutti questi casi, non potendo scegliere il superbonus, molti colleghi potrebbero accettare questa soluzione. E l’Inpgi si troverebbe a pagare ricche pensioni senza incassare i loro contributi. 3) Non è affatto detto che, per ogni giornalista che va in pensione, le aziende assumeranno un collega più giovane a tempo pieno. L’esperienza insegna che, nella maggior parte dei casi, gli editori ne approfittano per ridurre gli organici tappando ogni tanto i buchi più vistosi con qualche contratto a termine. 4) C’è infine un aspetto da tenere nella massima considerazione: l’Inpgi deve certo far tornare i conti e assicurare la solidità dei bilanci a garanzia dell’intera categoria, ma preclusioni aprioristiche o di sapore ideologico per dire "no" al superbonus sarebbero inaccettabili. I giornalisti devono essere liberi di scegliere. Quarto Potere Il bonus previdenziale per i giornalisti va inserito all’interno di una riforma complessiva delle pensioni Inpgi che preveda sia un aumento consistente dei contributi a carico degli editori (che oggi pagano circa il 4% in meno rispetto all’Inps), sia un’ampia possibilità di cumulo tra redditi da lavoro e da pensione. Questa la proposta che il movimento Quarto Potere presenterà al Consiglio generale dell’Inpgi: “Solo con una riforma complessiva si potrà dare il bonus ai colleghi più anziani evitando di preparare un malus per i giornalisti più giovani”, dicono Carlo E. Gariboldi ed Edmondo Rho, consiglieri Inpgi di Quarto Potere. Sulle pensioni, va sgombrato il campo dagli equivoci e dagli interventi di consiglieri che parlano senza conoscenza dei problemi. Sarà l’Inpgi a decidere se anche i giornalisti potranno ottenere il bonus (o superbonus) previsto dall’Inps per chi accetta di restare al lavoro dopo aver conseguito il diritto alla pensione. Ma bisogna fare attenzione: applicare il bonus ai circa 1.000 colleghi che oggi ne avrebbero diritto senza una riforma complessiva delle pensioni Inpgi, rischia di far pagare un conto salatissimo ai giovani giornalisti, che hanno già stipendi più bassi. C’è poi un altro elemento preoccupante, specie per i colleghi più giovani. Se non si interverrà subito, nel 2017 le uscite per il pagamento delle pensioni dei giornalisti saranno superiori alle entrate: il dato risulta dai calcoli attuariali alla base del bilancio tecnico, che verrà discusso domani al Consiglio generale dell'Inpgi. Il problema va affrontato seriamente, secondo Quarto Potere, prevedendo un congruo aumento dei contributi, ma anche senza sterili allarmismi: il terrorismo mediatico sulle pensioni fa confusione, è controproducente per la categoria e rischia di essere solo strumentale alla campagna elettorale, alla vigilia del voto per il sindacato dei giornalisti. “Su temi così delicati come le pensioni occorrono chiarezza e proposte concrete, non demagogia”, concludono Gariboldi e Rho.

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