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Vertenze 19 Gen 2016

Stipendi non pagati: sciopero al “Corriere Padano” di Piacenza

Stipendi arretrati, ferie non godute e, ora, un irricevibile piano di riduzione dell’orario di lavoro: precipita la situazione al settimanale di Piacenza “Corriere Padano”. Tanto che i dipendenti, quelli rimasti, sostenuti da Aser e Fisascat-Cisl, hanno deciso di incrociare le braccia fino a quando non saranno saldati i pregressi. «Viviamo una situazione di sofferenza lavorativa ormai insopportabile», spiegano redattori, collaboratori, personale dell’amministrazione e del commerciale.

Stipendi arretrati, ferie non godute e, ora, un irricevibile piano di riduzione dell’orario di lavoro: precipita la situazione al settimanale di Piacenza “Corriere Padano”. Tanto che i dipendenti, quelli rimasti, sostenuti da Aser e Fisascat-Cisl, hanno deciso di incrociare le braccia fino a quando non saranno saldati i pregressi. «Viviamo una situazione di sofferenza lavorativa ormai insopportabile», spiegano redattori, collaboratori, personale dell’amministrazione e del commerciale.

Mancato pagamento di stipendi arretrati, ferie non godute, un piano di riduzione oraria giudicato irricevibile e troppe incognite sul futuro della testata. Questi i motivi alla base dello sciopero al settimanale “Corriere Padano” indetto da Aser e Fisascat-Cisl. Lo sciopero, che riguarda le società Corpad Editore, titolare della testata, e Sumarte Srl, concessionaria di pubblicità, è iniziato ieri, lunedì 18 gennaio, e proseguirà ad oltranza finché non saranno saldati i pregressi.
Di «acuta preoccupazione per la sorte di “Corriere Padano”» parla l’Associazione della Stampa dell’Emilia Romagna, che sottolinea come «la redazione abbia affrontato, negli ultimi tempi, una drastica riduzione dell’organico costringendo i redattori superstiti a un maggior carico di lavoro e a notevoli e prolungati sacrifici non più sostenibili». A fronte della richiesta di ulteriori sacrifici, ovvero di una nuova riduzione dell’orario di lavoro, il sindacato non può non sottolineare l’abnegazione, lo spirito di servizio e, appunto, il sacrificio cui i giornalisti sono già stati sottoposti.
«L’importanza di una pluralità di voci, tanto più nel settore nevralgico dell’informazione, rappresenta un fondamentale valore civile, oltreché istituzionale. Per questo – prosegue l’Aser – confidiamo nella sensibilità di tutti e in particolare richiamiamo l’attenzione, sollecitandone il senso di responsabilità, dei partner istituzionali e commerciali della testata, affinché non si spenga la voce di un giornale che da oltre trent’anni accompagna e arricchisce la vita della città e della provincia».
Da parte loro i dipendenti si dicono consapevoli del ruolo che la testata ha interpretato nella storia di Piacenza. «Il settimanale, uscito come mensile nel 1983 e divenuto settimanale l’anno successivo, ha rappresentato un punto di svolta nel panorama dell’informazione locale, capace – scrivono – con la sua freschezza e perfino con le sue disinvoltura e spregiudicatezza (in senso largamente positivo) di imprimere un’accelerazione a una città rallentata, a livello di informazione, da consolidate rendite di posizione. Col tempo la spinta propulsiva di questa iniziativa editoriale si è attenuata determinando in noi superstiti dipendenti una situazione di sofferenza lavorativa ormai insopportabile».
Per questi motivi redazione, collaboratori, personale dell’amministrazione e del commerciale si sono visti costretti a dichiarare «uno stato di agitazione determinato a giungere allo sciopero a oltranza qualora la proprietà non riconosca, oltre all’oggettiva abnegazione, e financo fedeltà all’azienda, dimostrate negli ultimi mesi da tutti i lavoratori, la necessità di corrispondere quanto dovuto».

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