Alla vigilia di decisioni cruciali per il Sole 24 Ore, la redazione del Quotidiano invita il suo azionista di riferimento, nella persona della presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, e il management del Gruppo a un’assunzione di responsabilità e a un impegno nel segno dell’investimento sul capitale umano, uscendo da una logica di semplice taglio dei costi.
Azionista e management devono dimostrare innanzitutto di credere davvero nell’innovazione. Finora non sono giunti segnali univoci in questo senso. Pensiamo, per fare un solo esempio, all’attuazione dell’accordo promosso e ottenuto dai giornalisti per l’integrazione tra carta e online, intesa siglata nel 2007 e da allora rimasta senza seguito. Già da molti anni la redazione del Sole 24 Ore è consapevole che il futuro del giornalismo si gioca sulle nuove piattaforme multimediali e spinge l’azienda a muoversi sulla frontiera dell’innovazione. Possiamo anche ricordare che il primo piano per la multimedialità risale al 1999? La verità è che l’azienda si è sempre mostrata restia a fare davvero passi coraggiosi, malgrado le costanti sollecitazioni della redazione, e questo processo di integrazione non ha ancora fatto progressi significativi.
La redazione ha richiamato l’integrazione tra carta e web anche nel Piano di riorganizzazione legato allo stato di crisi aperto con l’accordo siglato a marzo dello scorso anno, facendola inserire tra gli investimenti tecnologici in programma per il biennio 2010-2011. Un altro anno è passato, ma quegli impegni restano ancora lettera morta. Nel frattempo, però, sono cominciati e continuano (ne sono previsti 31) i prepensionamenti dei redattori, per ridurre il costo del lavoro giornalistico, in un piano che deve ancora dispiegare i suoi effetti, ma che, a soli 10 mesi dalla sua firma, già viene giudicato insufficiente. Possiamo dire che, in assenza di iniziative e di investimenti, non poteva essere altrimenti? Non possiamo essere noi, però, a rispondere di questi ritardi e di queste mancanze.
Noi siamo i primi a dire che l’integrazione tecnologica delle redazioni carta e web può creare opportunità preziose, per chi voglia e sappia coglierle. Occorre sfruttare nei canali multimediali il valore aggiunto assicurato dalle sinergie tra il Quotidiano e le altre realtà del Gruppo (a cominciare dall’agenzia di informazione Radiocor e da Radio24), traendo il massimo profitto da tutte le piattaforme digitali. Ne uscirebbe moltiplicata la produttività del lavoro, senza inutili e ingiusti traumi.
L’azienda, al contrario, continua a chiedere sacrifici a senso unico, senza offrire credibili strategie di sviluppo. Il piano triennale approvato dal Cda del 21 gennaio fissa l’obiettivo di riportare il margine operativo lordo a 49 milioni di euro. Le linee d’intervento per centrare l’obiettivo sono una modesta crescita dei ricavi e il taglio dei costi di funzionamento. In realtà tutto si riduce al semplice taglio del costo del lavoro. Alla redazione del Quotidiano (circa il 10% dei dipendenti del Gruppo) si chiede così una riduzione dei costi del lavoro di 7 milioni l’anno, che, spalmati sui circa 210 giornalisti, si traduce in un abbassamento strutturale del costo del lavoro pro capite di 30mila euro l’anno: certamente non il 10% calcolato dall’azienda stessa nelle sue comunicazioni ma una percentuale almeno tre volte superiore.
Presidente Marcegaglia, la triste verità è però che nemmeno azzerando il costo del lavoro dei giornalisti del Quotidiano si potranno risolvere i problemi di un Gruppo che dal 2006 al 2009 ha sostenuto una campagna di acquisizioni costata in tutto 135 milioni di euro. Operazioni che, oltre a mutare profondamente la fisionomia dell’azienda, ne hanno fatto crescere di 720 dipendenti l’organico (cioè il 50% in più), portandolo dai 1.482 di fine 2005 ai circa 2.200 di fine 2009. È aumentato in questo modo il valore aggiunto del gruppo? È aumentata la produttività dei dipendenti? Non ci sembra: le acquisizioni non hanno portato guadagni, bensì svalutazioni per 28 milioni, finora, e una perdita complessiva di 12 milioni.
È per ovviare a questi errori che si chiede oggi un sacrificio ai giornalisti, venendo meno a un semplice principio di responsabilità. Non ci sembra giusto: l’azienda non ha smesso di remunerare il capitale dell’azionista fino al 2008, quando peraltro gli effetti della scarsa spinta innovativa dell’impresa erano ormai evidenti. Anche quello dei giornalisti che hanno già fatto dei sacrifici è una forma di capitale, umano, intellettuale, che sarà un elemento fondamentale del rilancio. Non va ulteriormente penalizzato. Se poi la logica deve essere semplicemente quella del taglio dei costi, siamo convinti che ci siano molti rami secchi da tagliare e che si possa attingere a molte fonti di sprechi. Possiamo ricordare, per fare un solo esempio, che collaborazioni e consulenze, dal 2006 al 2009, hanno pesato per 100 milioni sui costi del gruppo?
Presidente Marcegaglia, se il 2011 deve essere l’anno della svolta per un’azienda che ha ancora liquidità (88 milioni al 30 settembre 2010), la strada non può essere quella dell’inutile sacrificio delle risorse chiave del gruppo. La redazione chiede allora a Confindustria e al management di dimostrarsi all’altezza di una prova cruciale, conservare al Sole 24 Ore la leadership dell’informazione economica, giuridica e finanziaria, senza farsi tentare da scorciatoie di breve periodo.
Il Comitato di redazione