Serventi Longhi
risponde
alle proposte
di Cofferati
Sergio Cofferati è allibito dalle forme di sfruttamento dei giornalisti. Bene. E’ la prima volta che con tanta forza un leader sindacale del suo peso affronta i problemi dell’informazione e della nostra categoria. E’ davvero un fatto nuovo e positivo che il Segretario della Cgil sia preoccupato per noi, per le migliaia di colleghe e di colleghi che vivono nel lavoro nero, in forme di precariato che sono ben lontane da regole minime di comportamento dei nostri editori. Considero le parole di Cofferati un successo delle scelte innovative di questo Sindacato dei Giornalisti, che negli ultimi sei anni ha portato alla ribalta del mondo politico e sindacale i problemi dell’informazione, quelli della qualità, quelli dei diritti e delle libertà. Il giornalismo, certo, è cambiato. Oggi oltre 12.000 colleghi sono iscritti alla gestione previdenziale dell’Inpgi per i freelance, altri 20.000 (circa, i dati non sono ovviamente disponibili) vivono di giornalismo ma non hanno nemmeno i soldi per pagarsi uno straccio di pensione. Lo abbiamo detto nella discussione sulla piattaforma per il rinnovo del contratto dei giornalisti Fieg-Fnsi, quando abbiamo chiesto agli editori della carta stampata, delle televisioni e delle radio di definire regole per i giornalisti che lavorano sui siti e nei portali internet rivendicando un protocollo di regole minime di rispetto e di compenso del lavoro dei giornalisti non dipendenti. Oggi tutto ciò lo abbiamo conquistato con il contratto firmato proprio un anno fa. Lo abbiamo sottolineato nel dibattito sulle piattaforme per i contratti differenziati, non flessibili ma realisti, che superava il tabù storico del contratto unico dei giornalisti proprio per fare emergere il lavoro nero, lo sfruttamento. Per esempio l’accordo nell’emittenza radiotelevisiva locale settore nel quale vigevano soltanto contratti per i tecnici. Lo abbiamo affermato approvando con una maggioranza di oltre l’80% al congresso della Fnsi una riforma dello statuto che nella sostanza supera le rigidità della legge sull’Ordine dei giornalisti e unifica la rappresentanza di tutti coloro, professionisti o pubblicisti, che vivono della professione. Lo abbiamo denunciato nel “Libro bianco sul lavoro nero” (qualcuno ironizzò sull’abbinata di colori) nel quale abbiamo raccontato con decine di storie e vicende personali il dramma di una professione che cambia, forse si proletarizza, ma che rivendica la propria dignità, il proprio ruolo, la propria autonomia. Lo abbiamo solennemente affermato al congresso nazionale della Fnsi di Montesilvano nello scorso mese di novembre quando una maggioranza di oltre il 75% dei rappresentanti della categoria ha posto al centro della strategia del nostro Sindacato il problema della tutela di tutti i giornalismi. Abbiamo litigato al nostro interno, ci siamo messi in discussione e la nostra linea è passata. Una linea coraggiosa, non scontata e che, certamente, deve essere ancora compiutamente realizzata e per sostenere la quale dobbiamo saper rinnovare le strutture del sindacato e impegnarci con grandissima determinazione. Quindi, Cofferati ha ragione. Certo, tra i giornalisti vi sono i rigurgiti corporativi, le resistenze al cambiamento, le difese ad oltranza di un mondo che già non c’è più. Vi sono gli elementi di ambiguità che si trovano nelle aree di confine tra tecnici e poligrafici da una parte e giornalisti dall’altra. Per questa ragione nessuno può chiudersi nelle sue certezze, e dobbiamo poter lavorare insieme - le grandi Confederazioni sindacali, i sindacati di settore della Cgil, della Cisl e della Uil e la Federazione della Stampa – per creare le condizioni di una difesa strenua della qualità e della libertà dell’informazione. Non posso, quindi, che essere d’accordo con la necessità di un rapporto più stretto tra il Sindacato dei Giornalisti e quello Confederale, di un forte coordinamento delle politiche di tutela e di riconoscimento dei diritti, cominciando dalla contrattazione e dalla necessità di trovare strade comuni. Sergio Cofferati riconosce, e non da oggi, che è la Fnsi titolare dei contratti dei giornalisti, e questo è un fatto di grande rilevanza anche per le prossime scadenze della categoria, a cominciare dagli uffici stampa nel settore pubblico. Su questa base, ma anche nel convincimento comune che il lavoro dei giornalisti, la qualità dell’informazione e la pluralità della proprietà dei media, sono elementi che determinano il grado di democrazia di un Paese, possiamo e dobbiamo riaprire finalmente un serio e approfondito confronto per ripensare il patto che lega la Fnsi alle Confederazioni e che prevede la presenza di diritto dei rappresentanti dei sindacati dei lavoratori nel Consiglio Nazionale della Federazione della Stampa. Facciamo presto, incontriamoci nelle prossime ore, anche con Cisl e Uil, e definiamo un protocollo comune. Il Sindacato dei Giornalisti è e resta geloso della propria autonomia ed indipendenza sia sul fronte politico sia rispetto alle Confederazioni. Siamo un Sindacato unico e teniamo molto alla nostra anomalia, sia in Italia sia nel mondo. Troveremo però le strade, anche organizzative, discuteremo le proposte della Cgil, della Cisl e della Uil, così come chiederemo alle Confederazioni di discutere le nostre proposte. Individueremo il percorso più giusto. Paolo Serventi Longhi