di Giuseppe Giulietti*
Tra qualche giorno, il 24 settembre, Sergio Lepri compirà cento anni di vita. Oggi lo ricorda la sua città, Firenze, con una cerimonia nelle sale di Palazzo Vecchio, fortemente voluta dal sindaco Nardella e dai suoi amici dell'Ansa, in testa il presidente Giulio Anselmi e il direttore Luigi Contu.
La Federazione nazionale della Stampa italiana mi ha fatto l'onore, nel senso pieno del termine, di rappresentare le giornaliste e i giornalisti italiani. Non casualmente ho scelto questo verbo, perché Sergio Lepri è stato davvero un cittadino, ancor prima che un giornalista, che ha 'onorato' la Costituzione, nella lettera e nello spirito.
Prima lo ha fatto come partigiano assetato di giustizia e libertà. Poi, insieme a Ettore Bernabei, partecipando alla ricostruzione della libertà di informazione in Italia. Quindi dirigendo con un equilibrio proverbiale l'agenzia Ansa; un equilibrio, tuttavia, che non è mai scivolato nell'omissione, nella censura, nel servilismo, perché, a differenza di tanti altri, Sergio Lepri ha sempre tenuto la Costituzione nel cuore e nella mente, anche nei tempi più difficili e bui.
I suoi libri hanno segnato generazioni di giornalisti. Ha insegnato rigore, senso etico, rispetto del lettore e, soprattutto, un sacrale rispetto della parola che non può mai diventare pietra, invettiva, proiettile per cancellare pensiero critico, diversità e differenze.
La Carta di Assisi deve molto alla sua lezione. Il linguaggio della violenza, la diffamazione sistematica, l'uso dei social per colpire la democrazia rappresentativa e i corpi intermedi, l'aggettivo che sostituisce il sostantivo, la percezione che soppianta la realtà sono quanto di più lontano si possa concepire dallo stile di vita di Sergio Lepri.
Se fossimo nel gruppo dirigente della Rai andremmo a rileggere i rapporti sulla qualità predisposti anche da Sergio Lepri e che potrebbero essere riproposti senza modifica alcuna.
Nelle sue parole, come in quelle di Jader Jacobelli, di Albino Longhi, di Angela Buttiglione, di Enzo Biagi, si ritroverà la fondamentale distinzione tra la radicalità di chi tenta di cercare una verità e il radicalismo di chi tenta di nascondere il proprio analfabetismo dietro invettive e bestemmie di ogni sorta, civili, religiose e persino grammaticali.
A Sergio Lepri, infine, dobbiamo anche un grazie perché, alle origini della associazione Articolo 21, ci sono anche i suoi suggerimenti, le sue critiche, lo sprone a non mollare mai e a non considerare la Costituzione e i suoi valori come un'acquisizione perenne. Senza di lui, Federico Orlando, Enzo Biagi, forse non saremmo riusciti a costruire questa casa comune dove differenze e diversità convivono e si arricchiscono reciprocamente.
*Presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana