«Non si può partecipare al campionato di serie A, con il mandato di vincerlo, se si viene privati della possibilità di competere alla pari con le altre squadre. Il complesso delle norme approvate in questi ultimi anni sulla Rai costringe il servizio pubblico alla partita impossibile. Utilizzare i soldi dei cittadini in maniera oculata e attenta è un dovere. Così come intervenire su compensi spropositati. Ogni eccesso deve essere contrastato. Ma il populismo è un'altra cosa. Ed è una degenerazione che porterà rapidamente il servizio pubblico ad essere la squadra povera del campionato». È quanto affermano in una nota congiunta il segretario e il presidente Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti e il segretario Usigrai, Vittorio di Trapani.
«Prima il taglio del 5% dei ricavi – proseguono – poi l'inserimento nella lista Istat che costringe a procedure da ministeri, poi i ricavi da canone riportati indietro a 7 anni fa, ora il tetto per i contratti artistici. Tutto da dimostrare che questa norma ridurrà i costi. Ma di sicuro si trasformerà in una cortesia fatta alle aziende private e alle società di produzione e agli agenti che saranno ancora di più i veri padroni del mercato».
Secondo il sindacato dei giornalisti, invece, «è il momento di fermare con urgenza le macchine: il governo convochi immediatamente le parti sociali. La decisione da prendere è quale ruolo si vuole che la Rai servizio pubblico svolga nel Paese. E con quali risorse. Il rischio è che si finisca rapidamente dal primo posto in classifica alla retrocessione. Con immediati danni per i cittadini. E per i posti di lavoro di migliaia di persone tra dipendenti Rai e indotto».