Nasce a Bologna la prima tv no global tre progetti per un’unica rete
Da "La Stampa" di lunedì 20 maggio 2002 articolo di Jacobo Iacoboni Accenderanno la tv spegnendo Rai-Mediaset e La7: e non è un controsenso. Attivisti per mestiere, e perché hanno attivato trasmettitori e fili che vorrebbero collegare la comunità no global ai teledipendenti dalla «tv di regime», Carrambe e Iene varie. Esploderanno entro un mese, ma potrebbero anche scoppiare: se qualcuno li oscurerà. Dopo prolungate ancorché utopiche disquisizioni sui «Telesogni», il sogno almeno per qualcuno s'avvera: i giovani del movimento «antagonista» emiliano stanno per far nascere a Bologna la prima tv no global. «Libera veramente», «alternativa» come si conviene, tecnicamente attrezzata con quel bagaglio di «capacità» formate da chi è già su internet da un pezzo e adesso deve solo espandere, direbbe il nemico, «il bacino d'utenza». Anzi, le televisioni saranno tre: il progetto originario mirava a sintonizzare i militanti su una stessa rete. Però il programma non metteva d'accordo tutti e qualcuno, com'è in fondo naturale nell'epoca dello zapping, ha cambiato canale. Una sarà allora «Telesavena», dal borgo da cui trasmetteranno gli attivisti del tipo bolognese e di Indymedia, un network di conoscenze maturato tantissimo nell'anno drammatico che comincia simbolicamente a Genova 2001. Un'altra si chiamerà «Tv urbana», la accenderanno i «recombinanti», autori del sito omonimo Rekombinant.it, e lavorerà sul cavo. Dietro la terza, «Street tv», c'è Stefano Bonaga, ex assessore, ex sessantottino, ex di Alba Parietti, professore di filosofia (in carica), e il «vecchio» Franco «Bifo» Berardi, anche lui ex di mille battaglie mai oscurato del tutto, almeno a Bologna. Tolti i due «vecchi», l'anima sono ragazzi che lavorano da tempo «dentro la notizia» anche se non sono mai riusciti a entrare dentro un giornale. Trentenni, a volte meno. Impegnati nelle ong e nel volontariato, in qualche caso anche nella politica comunale Il loro «ambiente» di riferimento, i siti Indymedia o Rekombinant, adesso è un riferimento anche per moltissimi altri cittadini (non solo anti-global) che non leggono più non hanno mai letto i media tradizionali. E l'altra sera cercavano di spiegare in tv da Santoro come intendono trasformare in realtà il desiderio di «informazione libera per tutti». Li hanno tagliati e montati malissimo, dicono, e si capisce: «Da una parte c'era Santoro, quello che aveva "telesognato". Dall'altra una tv comunitaria, dal basso e, soprattutto, reale». Stile Amsterdam anni Settanta, calcio totale e la prima tv totale, nel senso che ogni cittadino poteva parteciparci. Come mai persino questa tv ha ceduto alla tentazione del telecomando e s'è divisa? Semplice: dice il tam tam che il gruppo bonaghiano era disponibile a sondare anche una fetta dell'imprenditoria locale. Dice che voleva ottenere finanziamenti per la nuova tv. Dice che questo «non andava bene»: «Noi non possiamo invitare i militanti al volontariato nella nuova tv e poi, venderla a un imprenditore che ci fa degli utili». Eterna coazione a dividersi della sinistra anche movimentista, ma tant'è: gli attivisti emiliani hanno preparato i trasmettitori sapendo che «anche solo possederli, in Italia, è reato», figurarsi usarli. Li utilizzeranno a giugno, a dispetto della legge «e del sistema che lo vieta» (il ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri spiega che «le frequenze sono un bene regolato, e le regole vanno rispettate»: Faranno perno, tecnicamente su delle frequenze cuscinetto, lo spazio «libero» tra due frequenze assegnate regolarmente. Potrebbe non bastare neanche questo, per dormire sonni tranquilli e garantire lunga vita alla neonata tv.