Il vice coordinatore di Forza Italia di Desio (Milano) si dimette dopo che la stampa locale chiede conto di alcuni familiari coinvolti nelle inchieste sui clan della 'ndrangheta in Brianza e il partito diffida i cronisti e promette querele. «Un copione già visto – denuncia il Gruppo cronisti lombardi – che somiglia moltissimo a quanto già accaduto a Sedriano, primo Comune lombardo sciolto per mafia nel 2013».
Il vice coordinatore di Forza Italia di Desio (Milano) si
dimette dopo che la stampa locale chiede conto di alcuni familiari coinvolti
nelle inchieste sui clan della 'ndrangheta in Brianza e il partito diffida i
cronisti e promette querele. È quanto denuncia in una nota il Gruppo lombardo
dell’Unci, l’Unione nazionale cronisti italiani.
«Un copione che i giornalisti lombardi conoscono bene – spiega il Gruppo
cronisti lombardi – perché somiglia moltissimo a quanto già accaduto a Sedriano,
primo Comune lombardo sciolto per mafia nel 2013, con la vicenda della collega
Ester Castano. Anche in questo caso assistiamo ad una presa di posizione dura
nei confronti di quei giornalisti che si permettono di scrivere di vicende
gravissime che vedono protagonisti esponenti politici coinvolti nelle inchieste
sulla ‘ndrangheta al Nord. Una realtà, quella di Desio, più volte al centro di
inchieste antimafia, a partire dal maxi blitz del 2010 Infinito/Crimine che
portò a oltre 300 arresti tra la Lombardia e la Calabria. Come spesso avviene anche
nelle regioni del Sud Italia, sono proprio le testate locali sempre in prima
linea nel raccontare le difficoltà e il malaffare nei territori a pagare un
tributo in termini di libertà di informazione e serenità nell’azione dei giornalisti
di queste testate».
“Il Cittadino di Monza e Brianza” nei giorni scorsi ha pubblicato articoli nei
quali si dava delle dimissioni del vicecoordinatore di Forza Italia di Desio
dopo che il nome del padre era emerso all’interno delle carte di un’inchiesta
che ha recentemente portato in carcere Ignazio Marrone, considerato dalla
Direzione distrettuale antimafia di Milano un esponente del clan Iamonte-Moscato.
«La persona in oggetto, sebbene non indagata, è stata intercettata mentre
discute con il capoclan di armi, munizioni e di candelotti di dinamite da
acquistare a 300 euro l’uno – spiega Cesare Giuzzi, presidente del Gruppo
cronisti lombardi -. Alla richiesta di chiarimenti da parte dei cronisti, il
figlio ha deciso di dimettersi dall’incarico di vicecoordinatore del partito
assunto nel luglio 2015».
In una missiva rivolta alla cronista Paola Farina e al direttore della testata
Martino Cervo, «i vertici locali di Forza Italia – prosegue Giuzzi - “in nome e
per conto del partito” comunicano “per l'ultima volta che, qualora si verificasse
nuovamente da parte vostra l'associazione delle figure di Forza Italia al
passato ed alle persone allora coinvolte ci vedremo costretti ad adire le
competenti sedi a tutela e nel rispetto di tutte le persone che oggi lo
rappresentano sul territorio locale e ciò senza ulteriore avviso”. Una lettera
che, a giudizio del Gruppo cronisti lombardi, ha un solo ed unico scopo, quello
di fermare l’attività dei quei giornalisti che con coraggio e profondo rispetto
della professione svolgono il loro lavoro in territori difficili e pesantemente
infiltrati dalla ‘ndrangheta».