L'accorpamento delle redazioni provinciali di Ascoli e Pesaro nell'unica sede di Ancona, prepensionamenti, trasferimenti in altre sedi fuori regione, il calo dei redditi e l’assenza di tutele mettono a rischio anche il lavoro dei 30 collaboratori del ‘Messaggero Marche’. Il sindacato giornalisti marchigiani denuncia una situazione che sta diventando insostenibile e lancia l’appello ad aprire una riflessione profonda sullo stato dei media regionali.
Il Sindacato giornalisti marchigiani esprime “forte
preoccupazione per presente e futuro dei 30 collaboratori attualmente in
servizio al Messaggero Marche, giornalisti che in alcuni casi vantano oltre 20
anni di professione e si possono considerare vere e proprie sentinelle del
territorio”.
È quanto si legge in una nota con la quale il Sigim denuncia come
“l'accorpamento delle redazioni provinciali di Ascoli e Pesaro nell'unica sede
di Ancona, unito a prepensionamenti e trasferimenti in altre sedi
extraregionali del Gruppo, renda pesante non solo la quotidianità dei redattori
rimasti, come più volte denunciato dalla rappresentanza sindacale interna, ma
complichi considerevolmente anche il lavoro dei collaboratori”.
Per il direttivo del Sigim, “prima è stata negata qualsiasi forma di tutela a
tutti i collaboratori ultradecennali delle sedi periferiche chiuse senza
prendere in considerazione nessuna forma, anche minima, di stabilizzazione. Poi
è stata colpita la prospettiva reddituale: ingombri pubblicitari fittizi
tappa-pagine, rigaggi ridotti o, peggio, adeguati graficamente alla soglia di
compenso minimo. Risultato: introiti dei collaboratori di nuovo in forte calo
dopo il precedente taglio avvenuto con il progetto Sinergia Marche per la 'libera' condivisione dei servizi
esterni tra Corriere Adriatico e Messaggero”.
“Nonostante l'impegno dei redattori del Messaggero a mantenere viva una realtà
che la Caltagirone Editore sembra aver lasciato in uno scomodo limbo, per i
collaboratori esterni i problemi sono davvero pesantissimi. A volte anche la
stessa segnalazione di notizie diventa difficoltosa a causa delle carenze di
organico: mancano, fisicamente, i redattori che possano ascoltare”, incalza il sindacato
marchigiano.
“Questa lunga ritirata del Messaggero Marche sta scivolando via nel silenzio o
quasi delle istituzioni e della politica alle quali evidentemente sfugge
l'importanza di una professione giornalistica in grado di analizzare,
raccontare e rilanciare anche a livello nazionale quanto accade nel nostro
territorio. Se fosse in ballo la sopravvivenza di un'azienda di un altro
settore, con 30 famiglie a rischio, ci sarebbe stata la stessa piatta
reazione?”, è la domanda che pone il Sigim. Domanda alla quale urge dare
risposte concrete, tenendo ben presente “quanto l'accorpamento anconetano di
tutte le redazioni del Messaggero abbia già inciso negativamente in questi mesi
su diffusione, redazione e collaboratori, quei collaboratori sui quali già oggi
grava il rischio più alto, visto che la contrazione del mercato del lavoro non
offre sbocchi alternativi”.
Il Sigim suggerisce quindi “a istituzioni tutte, partiti, associazioni
imprenditoriali e di categoria di aprire una riflessione profonda sullo stato
dei media regionali e sulle pericolose ricadute per il pluralismo informativo
nel caso la crisi della stampa regionale, che ha nel Messaggero il suo esempio
più evidente, proseguisse a questi ritmi anche nel 2016. È ora di aprire un
ragionamento di sistema e di varare piani B concreti destinati specialmente a
chi vedesse prosciugate le sue fonti di reddito. Per esempio disponendo in sede
Anci linee guida stringenti per la realizzazione di uffici stampa consortili ai
sensi della legge 150/2000, purtroppo largamente inapplicata ad eccezioni dei
maggiori Comuni”.
“Sarebbe una utile forma di riconversione, anche part time, per professionalità
che da oltre 20 anni sono al servizio dei territori", conclude il
sindacato dei giornalisti marchigiani.