26 luglio - ''Credo che la perquisizione che ho subito oggi da parte della Polizia di Stato per ordine della Procura della Repubblica di Matera sia un fatto molto grave. Perché di fatto si traduce in un attentato alla libertà di stampa e al diritto-dovere di informare''. Lo afferma il giornalista del Corriere della Sera Carlo Vulpio, nella cui abitazione la polizia, nel corso di una perquisizione durata poco meno di sette ore, ha oggi sequestrato sette computer.
''Aver sequestrato oggi oltre ai miei due computer professionali che uso per lavoro - aggiunge - anche altri cinque computer in dotazione ai miei figli, fra cui uno minorenne, la dice lunga sull'intento di mettere la sordina alla libera attività di inchiesta giornalistica che un paese libero dovrebbe custodire gelosamente''. ''L'impressione - dice Vulpio - di essere di fronte ad un atto intimidatorio perché da giornalista del primo quotidiano italiano sto seguendo una delle inchieste più delicate del nostro paese, è molto forte. Soprattutto per la incredibile formulazione del capo di imputazione: addirittura mi sarei associato con altri per formare, appunto, un'associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa''. ''Credo - prosegue - che imputazioni e perquisizioni basate su questa accusa non siano mai state formulate in Italia, almeno dal regime fascista in poi. Dico questo anche in considerazione del fatto che il provvedimento del magistrato di Matera è basato sulla querela di parte, anche questo fatto inedito, del sen.Buccico, ex membro del Csm, inquisito dalla Procura della Repubblica di Catanzaro per gravi reati, il quale è stato da me denunciato alcuni mesi fa per aver egli sostenuto pubblicamente davanti a più persone: 'A questo Vulpio costi quel che costi bisogna tappargli la bocca'''. ''E ciò proprio - conclude il cronista - nella fase d'avvio dell'inchiesta di Catanzaro che lo riguardava direttamente''. (ANSA)