Giustizia: per magistrati vietati rapporti con giornalisti, Serventi Longhi: “Si vuole impedire il nostro lavoro”. Siddi: “E’ ridicolo e paradossale”
Un'altra ''novità'' contenuta nell'emendamento del relatore Luigi Bobbio (An) sull'ordinamento giudiziario riguarda i rapporti tra magistrati e giornalisti. Il comma 5 bis dell'art.7 vieta esplicitamente che i magistrati ''tengano rapporto con gli organi di informazione''. L'unica eccezione è quella prevista dall'art.5 dello stesso Ddl di delega che stabilisce che i rapporti con i giornali e con gli organi di informazione possano essere tenuti soltanto dal procuratore della Repubblica o da un altro magistrato che da questi abbia avuto una delega ufficiale. Naturalmente, il divieto riguarda le attività di ufficio del magistrato. Come ha spiegato Luigi Bobbio, con l'approvazione del Ddl di delega i rapporti tra magistrati e giornalisti diventeranno assai rischiosi per i primi: sarà infatti sufficiente che un organo di informazione citi fatti o vicende che riguardano le attività di ufficio della magistratura perché possano scattare le indagini per stabilire se qualche magistrato ha trasgredito l'obbligo della riservatezza. (ANSA). Il Segretario Generale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Paolo Serventi Longhi, ha dichiarato: “Si vuole impedire ai giornalisti di fare il proprio mestiere. Il provvedimento che vorrebbe interrompere ogni forma di colloquio tra giornalisti e magistrati è l’ultimo drammatico tassello di una strategia ormai evidente che mira a porre sotto controllo la professione giornalistica e, più in generale, l’intero sistema della comunicazione. Il provvedimento “manette ai giornalisti” non è ancora stato ritirato, si limita l’informazione giudiziaria, si cerca di ridurre l’autonomia e il ruolo della magistratura, mentre il DDL Gasparri cerca di imporre un’unica voce nell’informazione. Bisogna reagire tutti, giornalisti e magistrati, ma soprattutto i cittadini italiani a difesa delle libertà costituzionali”. “Parlando con i giornalisti, a margine del convegno regionale su sicurezza e sviluppo organizzato dalla Prefettura di Cagliari, il presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Franco Siddi ha dichiarato: “E’ ridicolo, ma è un paradosso perché la cosa è diventata troppo seria, che si possa immaginare un diverso rapporto della giustizia con la società introducendo il reato di categoria, ossia imponendo il divieto per i magistrati di parlare con i giornalisti e facendo di ciò un reato penale. Il voto di ieri al Senato è ancora una volta indice di un crescente fastidio per una funzione di trasparenza e garanzia democratica tale quella della libera stampa. Si propongono nuovi divieti per i magistrati per limitare le idee di autonomia e indipendenza di giudici e giornalisti. E’ sintomo di una intossicazione pesante impedire che persone appartenenti a categorie professionali parlino tra loro. L’idea di un portavoce delle Procure non è estranea all’esperienza di altri Paesi occidentali ma quella proposta è cosa diversa da una linea di informazione primaria e completa che deve essere assicurata a tutti. Questo non è il modo giusto di combattere eccessi e scantonamenti, quando e se ci sono. La riservatezza delle indagini è una cosa, che la stampa possa occuparsi liberamente e correttamente delle inchieste senza essere ridotta a replicare veline è condizione essenziale di trasparenza e di garanzia democratica”.